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La fisica dell’acqua

Creato il 01 dicembre 2010 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

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La fisica dell’acqua (2009), co-sceneggiato e diretto da Felice Farina, è un film che vuole scavare nella profondità dell’inconscio del protagonista, Alessandro, interpretato da un sorprendente Lorenzo Vavassori, un bambino di sette anni con particolari problemi derivanti da un conflitto interiore, che causa in lui non poche ossessioni e fobie.

Ale è un bambino fuori dall’ordinario, ha perso il padre quando aveva uno o due anni, e, da quel momento, tutto nella sua vita e nei suoi pensieri è mutato. La madre Giulia (Paola Cortellesi) sembra non accorgersi di niente, ma la verità viene comunque a galla.

Un giorno, mentre era in corso un forte temporale, appare un uomo, il suo nome è Claudio (Claudio Amendola) ed è lo zio di Alessandro, fratello del padre scomparso. Nasce all’istante nel bambino un rancore difficilmente comprensibile, che sfocia in una violenza inaudita. Una sera, preso dalla follia, Alessandro arriva a manomettere i freni della moto di Claudio, il quale fa un incidente e precipita nel lago. Il bambino, noncurante delle conseguenze, non capisce il motivo delle sue azioni, ma sa di aver fatto la cosa giusta. Terribile confessione di una piccola mente criminale, questa è la prima certezza che sembra confessarci il film. Però c’è dell’altro.

Alessandro è consapevole che qualcosa in Claudio non lo convince, perché, da quando è arrivato nella loro casa sul lago, ha rotto l’equilibrio familiare e ha fatto aumentare in lui la fobia per l’acqua. Infatti, Ale, dopo la morte del padre, si è rifiutato di imparare a nuotare, nonostante viva con la madre in una casa sul lago Maggiore.

L’elemento liquido nasconde inevitabilmente un conflitto interno: l’acqua, che riaffiora nella mente del protagonista sotto forma di temporali, di allucinazioni, è psicologicamente la raffigurazione dello spirito divenuto conscio. Una verità, tenuta per troppo tempo nascosta, emerge con tutta la forza e le intensità possibili. È decisiva, in questo senso, anche la scelta del regista di ambientare il suo thriller psicologico proprio sulle rive di un lago che è da considerarsi archetipo dell’inconscio di Alessandro: il lago è profondo, ma non abbastanza da nascondere definitivamente una verità che, seppur in movimento,  fatica ad affiorare. Il movimento del lago, tra l’altro, costituisce il ritmo del film, lento ma sinuoso: va avanti e indietro, (attraverso la tecnica del flash back), proprio come l’andamento di un’onda, ma è un falso movimento, non aperto al mutamento.

Dopo l’arrivo di Claudio, Alessandro vede riemergere la verità, che si presenta sotto forma di violenza (le manomissioni dei freni) e di ossessione (le allucinazioni liquide). “Gli animali fanno qualsiasi cosa per sopravvivere, non sanno cos’è il bene e cos’è il male”. Proprio come Alessandro.

Claudio, lo zio, è un uomo ambiguo, sfuggente, che come l’acqua s’insinua nella vita di Alessandro, seduce Giulia e la convince a vendere la casa in cui vivono .

Ale tenterà ancora di manomettere i freni, questa volta dell’auto di Claudio, ma anche Giulia salirà in quella macchina. Saranno entrambi vittime di un brutto incidente. Da quel momento in poi, Alessandro si ritrova catapultato in una stazione di polizia surreale, fantastica, con un commissario (Stefano Dionisi), proiezione immaginaria del padre, (non a caso lo vediamo la prima volta in un riflesso del bicchiere d’acqua del figlio) che gli fa ripercorrere a ritroso tutti i momenti fondamentali della storia, dall’arrivo di Claudio al giorno dell’incidente, per scoprire definitivamente la verità sulla morte del padre.

Il film di Farina convince, e non solo per la sua analisi psicoanalitica, ma anche per la sceneggiatura ben sviluppata, le tecniche narrative frammentarie e per l’abilità registica. Il mondo nel film è visto attraverso gli occhi del bambino, e lo sguardo in soggettiva di Alessandro ci fa trovare continuamente in una sospensione tra realtà e inconscio. Inoltre, determinante è stato l’uso del digitale, la scelta di angolazioni di ripresa insolite per il cinema italiano, e il ricorso ad effetti speciali che creano una forte empatia con il profondo disagio vissuto dal protagonista. Da non dimenticare: il lavoro di montaggio di Esmeralda Calabria che, magistralmente, confonde presente e passato, non facendo mai distogliere l’attenzione; una fotografia fantastica di Pietro Sciortino, le cui luci danno forma alle emozioni, descrivono la paura e l’angoscia, ma anche la sensazione di libertà; le musiche di Franco Piersanti si amalgamano alle immagini “liquide” e contribuiscono a dare intensità al film.

L’unico dubbio che resta in sospeso dopo la visione riguarda la verosimiglianza del racconto: ci si chiede se un bambino così piccolo, come lo era Alessandro quando è morto il padre, possa realmente ricordare tutte quelle circostanze. Secondo Farina sì, e il ritmo narrativo del film, nonostante tutto, funziona.

La fisica dell’acqua ha rischiato di non essere prodotto, né distribuito, perché per sette anni è stato bloccato a causa  dell fallimento della casa di produzione. Oggi è stato possibile vederlo grazie all’impegno del Film Studio, storico cineclub romano che, nato 1967, ha sempre promosso un cinema di qualità.

Valentina Calabrese


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