Se vuoi raggiungere la nuda verità,
non preoccuparti di giusto o sbagliato.
Il conflitto tra giusto e sbagliato
è la malattia della mente”.
Seng-Ts’an
La scelta di inserire una nota a carattere scientifico non è stata facile; la distanza che separa la nostra materia d’indagine dalla fisica è a dir poco abissale. Tuttavia, volendo procedere con gradualità lungo il percorso logico del nostro viaggio, soprattutto per coloro che sono molto legati al pragmatismo e all’ oggettività scientifica, ho pensato fosse opportuno ed utile addentrarci per un po’in quest’ambiente per mostrare talune delle teorie, delle lacune ed in molti casi dei paradossi che la scienza ufficiale ci propone. Credo che costituiranno utile materiale di riflessione al fine di comprendere come le “cose” non sono così come sembrano, o quanto meno i risultati raggiunti dalla scienza, seppur notevoli, non sono da soli sufficienti per spiegare la reale natura di fenomeni che pur si manifestano. In quel che seguirà a breve non troveremo di certo le risposte che stiamo cercando si potranno intravedere indicazioni ed indizi sulla direzione da seguire.
La Fisica Quantistica rappresenta oggi la “punta di diamante” delle conoscenze scientifiche riguardanti il microcosmo. Quando si parla di scienza e di fisica in particolare tendiamo a pensare a qualcosa di estremamente preciso, sperimentato e ben definito. E’ stato così fino a quando la fisica classica all’inizio del Novecento, in seguito all’esplorazione del mondo atomico e subatomico, ha rivelato un limite decisamente inaspettato delle concezioni fino ad allora esistenti ed ha reso necessaria una pressoché totale revisione dei suoi concetti fondamentali. Tale riesame ha portato gli stessi scienziati a considerare il mondo in un modo molto simile a quello degli Indù, dei Buddisti, dei Taoisti, a riscontrare assonanze con i “frammenti” di Eraclito o con gli insegnamenti di Don Juan lo stregone yaqui, ritornando quasi alle origini: a duemilacinquecento anni fa. Le corrispondenze tra la fisica moderna ed il misticismo orientale si fanno sorprendenti nella descrizione dei fenomeni, delle proprietà e delle interazioni delle particelle di cui è costituita tutta la materia.
All’inizio del ventesimo secolo, i fisici ritenevano che tutti i processi dell’universo fossero perfettamente calcolabili. Questa filosofia deterministica aveva preso le mosse due secoli prima con Newton e con la sua legge di gravitazione universale secondo la quale l’universo ticchettava come un gigantesco orologio perfettamente regolato.
Seppur fortemente avversata sin dal suo apparire, tanto che Einstein per manifestare la sua contrarietà arrivò a coniare la frase “Dio non gioca a dadi”, la Meccanica Quantistica, oggi, fra alterne vicende può dirsi universalmente accettata nella sua efficacia pratica, mentre ci sono ancora ampie schiere di studiosi ancora perplessi nelle conseguenze estendibili alla natura della realtà.
Essa, oltre spiegare processi a livello microscopico come la stabilità dell’atomo o processi macroscopici come la superconduttività, ha ottenuto eclatanti conferme sperimentali.
Malgrado ciò il grado di diffidenza nei confronti di questa materia, sempre in bilico tra Fisica e Metafisica, è rimasto alto. Possiamo considerarla a pieno titolo come la più grande rivoluzione scientifica di tutti i tempi anche se per più di mezzo secolo è passata per lo più inosservata agli occhi del grosso pubblico. E questo non perché le sue implicazioni abbiano scarso interesse, ma perché esse sono talmente sconvolgenti da risultare quasi incredibili persino per gli stessi scienziati che le concepirono.
Questa teoria è in primo luogo una branca della fisica con applicazioni pratiche come ad esempio il laser, il microscopio elettronico, il transistor, i superconduttori e l’energia nucleare. Essa in un sol colpo spiega la struttura dell’atomo, i legami chimici, la conduzione dell’elettricità, le proprietà meccaniche e tecniche dei solidi, i meccanismi del collassamento stellare. Nelle sue applicazioni ordinarie sia di fisica che di ingegneria, viene considerata a pieno titolo normale materia comprovata, colmando profondamente anche altri campi di ricerca scientifica in genere.
I pacchetti discreti
All’inizio del secolo si riteneva che l’atomo fosse sostanzialmente un sistema planetario su scala infinitesimale e che i corpuscoli che lo costituiscono orbitassero con la meccanica esattezza dei pianeti intorno al Sole. Si scoprì più avanti, verso gli anni venti, che tale visione era completamente sbagliata, e che al contrario, il mondo dell’atomo, sembrava caratterizzato dalla confusione e dal caos. In base alla matematica, l’universo quantistico è un puro potenziale reso reale soltanto quando viene interrotto da una entità che si intromette.
In quel minuscolo regno, gli eventi non fluiscono armonicamente e gradualmente con il tempo, ma si modificavano in modo brusco e discontinuo. Gli atomi riescono ad assorbire o liberare energia solo in forma di pacchetti discreti chiamati Quanti; da qui il termine Meccanica Quantistica. In sostanza, a quel livello la natura non funziona più come una macchina, ma come un gioco di probabilità.
Le particelle atomiche si comportano in modo molto meno prevedibile che non gli oggetti ordinari. Il primo effetto raffrontabile di chi si avvicina alla lettura di un testo anche divulgativo è rappresentato dalla terminologia: le parole “sempre” e “mai”, di cui si faceva largo uso per i processi del mondo macroscopico, sono state rimpiazzate dai termini “spesso” e “raramente”. Non si può dare più nulla per scontato. Elementi come le orbite percorse dagli elettroni attorno al nucleo, non possono più essere definite con precisione. Anche il “quid” che ad un certo punto induce l’atomo radioattivo alla disintegrazione deve sottostare alle leggi della probabilità.
L’assunzione fondamentale della Teoria Quantistica, infatti è che ogni “campo di forze” si manifesta sotto forma di particelle, le quali altro non sono che manifestazioni di uno scambio di quantità di energia.
Questa fu la scoperta di Max Planck nel 1900. Ad ogni particella si può associare un’onda ed ogni onda è una manifestazione di una particella. Fra le quantità di energia e massa e quelle di frequenza e lunghezza d’onda esiste un collegamento diretto. Werner Heisenberg e Erwin Schrodinger trovarono le formule che esprimono questa relazione, anche se fu Max Born a precisarne la natura. L’onda associata ad una particella è un’onda di “probabilità”, nel senso che “prescrive” quali futuri sono possibili per quella particella.
Lo stato di una particella è dato dalla sovrapposizione di tutti i suoi possibili futuri, ciascuno calcolato con una probabilità. Quando osserviamo il sistema, possiamo leggere un valore specifico per la quantità che vogliamo osservare, ma prima della misurazione non c’e` alcun modo di prevedere il risultato dell’esperimento. E` l’atto di misurazione che “forza” il sistema ad assumere un valore specifico fra quelli possibili: la realtà è tale solo se è presente l’uomo con le sue “osservazioni”.
Per essere più chiari, la realtà emerge da quella sorta di “zuppa primordiale” dopo il coinvolgimento della consapevolezza vivente, ossia il mondo fisico esiste nel suo stato concreto solo quando noi siamo coinvolti in esso.
E qui ci si imbatte in una tre le più straordinarie novità introdotta dalla Fisica Quantistica; ovvero la dipendenza della realtà obiettiva del mondo atomico che, non dimentichiamolo, è alla base di ogni cosa nell’universo, rispetto alle “scelte” effettuate da colui che si trova davanti all’apparecchiatura di misura. Se lo sperimentatore decide di rilevare la posizione di una particella questa cesserà letteralmente di “esistere” nella dimensione “velocità”, se invece decide di misurarne la velocità cesserà di esistere come particella e si tramuterà in un onda.
Per gli scienziati abituati a concepire l’universo oggettivo della materia indipendentemente dall’uomo, oppure avvezzi a calcolare contemporaneamente e con precisione millimetrica velocità e posizioni dei più disparati oggetti, queste nuove idee rappresentarono una vera e propria rivoluzione. Oltre alla posizione e alla velocità delle particelle si pongono limiti anche alla misura simultanea di parametri come l’energia e il tempo. Questo comporta che per periodi brevissimi la legge di conservazione dell’energia subisce una sospensione. Nel mondo di tutti i giorni, materia ed energia non si creano e non si distruggono cambiano solo di stato. La benzina non si materializza nei nostri serbatoi, e quando si brucia un litro di carburante si finisce per ottenere una quantità di “energia” e di scorie che equivalgono esattamente a un litro di benzina. Ma su scala atomica, le cose non vanno così. Il piccolissimo grado di indeterminazione esistente tra i vari livelli di energia e tempo, provoca, anche se solo per intervalli brevissimi, fluttuazioni nell’energia del sistema. Per tempi brevissimi un elettrone ed il suo compagno di antimateria e cioè il positrone, possono emergere improvvisamente dal nulla, congiungersi e quindi svanire.
Questa è più di una semplice ipotesi; gli effetti di questi comportamenti spontanei di creazione e annullamento sono stati misurati in laboratorio. E non si creda che la fugace vita di queste particelle non abbia senso o conduca a nulla. Durante la loro breve esistenza questi “buontemponi” possono compiere una bella dose di lavoro; si pensi anche soltanto all’attrazione, alla repulsione elettrica ed ai processi legati alle le varie forme di magnetismo.
Il vuoto non esiste
Per capire meglio possiamo paragonare il “vuoto” alla superficie dell’oceano che osserviamo da un aereo. Da quel punto di osservazione la superficie sembra perfettamente uniforme e piatta. Ma sappiamo che se fossimo a bordo di una barca, vedremmo enormi onde tutt’attorno. Così si comporta il vuoto. Su grandi distanze lo spazio ci appare completamente vuoto, ma se potessimo analizzarlo da molto vicino vedremmo tutte le particelle quantistiche entrare e uscire dal nulla!
E’ possibile che la natura sia capricciosa e casuale e in quanto tale fa si che elettroni e altre particelle compaiano a caso dal nulla?
Una agguerrita schiera di fisici, la cui punta di diamante è rappresentata dall’inglese Hawking, è riuscita a trovare una spiegazione razionale, rovesciando la situazione e volgendo a suo favore proprio quelle “conseguenze” della Meccanica Quantistica che maggiormente rendevano perplessi i fisici atomici. Partendo proprio dagli assunti quantistici più “rivoluzionari”, Hawking ha creato una vera e propria disciplina scientifica: la Cosmologia Quantistica, attraverso la quale trova coerente giustificazione anche la nascita della materia dal nulla. La Fisica del Quanti, in effetti, prevede che in determinate condizioni la materia possa scaturire dal nulla.
I fisici chiamano queste particelle “fluttuazioni nel vuoto”. Il concetto sembra sfidare il buonsenso ma è perfettamente valido nell’ambito della Meccanica Quantistica. Lo spazio vuoto non è affatto vuoto; in realtà è la regione dove avvengono i fenomeni più violenti. Hawking e la sua pattuglia in sostanza sono riusciti a dimostrare qualcosa che in passato molti altri avevano anche solo ipotizzato pur senza esser riusciti a dimostrare in maniera convincente.
Il Fluidum e “colui che provvede”
Il primo scienziato ad affermare che in fisica non può esistere nessun luogo dove non ci sia materia e di conseguenza il vuoto non esiste fu Gottfried Wilhelm von Leibniz (1646-1716), ma ancor prima Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim , meglio conosciuto come Paracelso (1493-1541) sosteneva che l’organismo umano fosse influenzato, oltre che dalle stelle e da altri corpi celesti, da una specie di emanazione sottile, o fluido, che pervadeva tutto l’universo. L’austriaco Franz Anton Mesmer, nel 1778, dichiarava di guarire attraverso l’utilizzo illuminato di una energia universale, da lui definita “fluidum”: un fluido fisico, di consistenza sottile, che riempiva l’universo e che connetteva tutti gli esseri viventi, la terra e i corpi celesti. Il fisico e ingegnere di origine croata Nikola Tesla, (1856-1943), dichiarava di aver scoperto una fonte di energia sconosciuta e inesauribile presente ovunque nel cosmo e che poteva essere utilizzata. Il biologo esperto di fisica Georges Lakhovsky, vissuto all’inizio del secolo, affermava l’esistenza di un campo energetico che riempirebbe tutto l’universo presente negli spazi intermolecolari e intra-atomici dei componenti elementari della materia. Il fisico americano Henry Moray, attorno al 1929 riuscì a convertire quella che lui definiva “energia radiante” in utilizzo elettrico. Il medico austriaco Wilhelm Reich nel 1938 descrisse come la materia organica non venisse necessariamente generata dalla materia organica,ma prodotta anche dall’aggregazione di minuscole particelle energetiche.
Tornando ai “Quanti” è interessante notare che l’etimologia della parola deriva dall’abbinamento di “ka-vant”,ove “Ka” in lingua sanscrita significa “qui”, ed in latino vuol dire “colui che”, mentre “vant” significa “provvede”. Scendendo giù, dentro l'atomo, nel profondo del mondo subatomico si incontra “Colui che provvede”!
Che senso ha dire che lo stato di un elettrone è un insieme di possibili stati, e che niente esiste indipendentemente dalla nostra percezione di esso? E’ normale che ci si domandi: ma l’elettrone è qui oppure è lì?
L’osservatore
In fisica classica non ci sarebbero dubbi: è qui, proprio nel punto dove lo misurerà anche il microscopio. Ma in fisica quantistica l’elettrone è sia qui che lì, semplicemente con diverse probabilità di essere qui e lì.
A differenza delle precedenti rivoluzioni scientifiche, le quali avevano confinato l’umanità ai margini dell’universo, la Teoria Quantistica riporta l’uomo ossia “l’osservatore” al centro della scena.
A far collassare la funzione d’onda è l’interferenza di un altro sistema. Se cerco di misurare una data quantità di un sistema, faccio collassare la funzione d’onda del sistema stesso e pertanto leggo un valore per quella quantità che prima era semplicemente una delle tante possibilità. E` il mio atto di “osservatore” a causare la “scelta” di quel particolare valore fra tutti quelli possibili.
Ma quando e dove si verifica quel collasso?
Esiste sequenza di eventi che collega la particella al mio cervello: la particella viene a contatto con qualche strumento, che è a contatto con il microscopio, il quale è a contatto con il mio occhio, che è in contatto con la mia coscienza... dove avviene di preciso il collasso?
A che punto la particella smette di essere una funzione d’onda e diventa un oggetto; per dirla in parole povere: in che momento questo “qualcosa” spunta dal nulla?
Possiamo anche, volendo, formulare la domanda in quest’altra maniera: che cosa causa il collasso di una funzione d’onda?
Basta la semplice presenza di un’altra particella nei dintorni del sistema, oppure deve essere un oggetto di grandi dimensioni? C’è bisogno per forza un di soggetto in grado di osservare? Deve essere per forza una mente umana? Sappiamo per certo che un uomo è in grado di far collassare una funzione d’onda poiché lo hanno fatto gli scienziati. Ma un altro mammifero? Una lucertola-scienziato sarebbe in grado di compiere le stesse osservazioni e sarebbe in grado di far collassare una funzione d’onda? E un virus? Una pietra? Un Fiore? In sintesi quale deve essere l’attributo di un “collassatore”?
Come fa la natura a sapere quale dei due sistemi è quello che misura e quale è quello da misurare, in maniera tale che possa far collassare quello da misurare e non quello che misura? Perché, quando misuro un elettrone, collassa l’elettrone e non collasso io?
Il fatto certo è che nulla ancora nella fisica quantistica spiega cosa realmente accada quando un sistema quantistico “collassa”. Non si sa ancora di preciso se il collasso corrisponde a un cambiamento nello stato del sistema, oppure semplicemente ad un cambiamento nella conoscenza che si ha di quel sistema.
L’uomo una macchina che produce realtà
E’ stato inevitabile per gli scienziati domandarsi fino a che punto l’ordine nell’universo sia collegato alle azioni ed alle intenzioni degli esseri umani. L’uomo e la sua consapevolezza sono una macchina che produce continuamente la realtà ed i suoi effetti, ma che la percepisce solo dopo che viene riflessa dallo specchio della memoria; ciò fa pensare all’esistenza nell’essere umano di una capacità molto più grande. Fa riflettere su quanto lontano si estendano i nostri corpi: finiscono con ciò che noi abbiamo sempre considerato la nostra persona isolata o si estendono all’esterno rendendo meno definita la linea di demarcazione fra noi ed il nostro mondo?
La consapevolezza possiede qualche forma di proprietà di tipo quantistico che le permettere di estendere la sua influenza all’esterno del corpo e se è così cosa è possibile fare in più della semplice osservazione?
La concezione ordinaria del mondo, secondo cui gli oggetti della cosiddetta realtà esterna esistono a prescindere dalla nostra osservazione, crolla completamente di fronte al fattore quantico. Questo dualismo onda-particella ricorda curiosamente l’altro dualismo, quello per eccellenza, di cui si è fatta animata argomentazione filosofica da sempre: il dualismo mente-corpo. Ciò può significare che un’entità del macrocosmo, del nostro mondo, determina il microcosmo di cui esso stesso è composto?
In termini rigorosi l’applicazione della teoria dei quanti a tutto l’universo, non prevede l’esistenza di nulla al di fuori dell’universo che lo renda reale osservandolo, ad eccezione di Dio. Come logica conseguenza di tali osservazioni l’universo dovrebbe trovarsi nello stato di limbo quantico, non potendo far altro che vagare in un’incerta condizione di irrealtà, in assenza di una mente che lo completi. Perché allora noi percepiamo un’unica, solida realtà?
La non-località
Il termine “località” in fisica sta ad indicare quando due oggetti, separati da grande distanza, esistono indipendentemente l’uno dall’altro, nel senso che l’azione compiuta su uno di essi non modifica in modo sensibile le proprietà oggettive dell’altro; a meno che il campo d’influenza non sia generato nelle immediate vicinanze. Ora, la fisica classica, così come la relatività einsteiniana, non contempla violazioni di tale “località”; la meccanica quantistica invece, prevede ampie “deroghe” alla possibilità di influenze a distanza.
La teoria della “diseguaglianza di Bell” fu formulata nel 1965 ma non poté essere verificata sperimentalmente prima del 1982, dal prof. Aspect al CERN di Ginevra. Ciò che emerse è che due particelle stabiliscono una sorta di intesa a cooperare quando su di esse vengono svolte misurazioni, anche quando queste sono svolte simultaneamente. Al riguardo, mezzo secolo fa, Niels Bohr si espresse affermando che tra due particelle correlate che si allontanano l’una dall’altra nello spazio, esiste una forma di azione-comunicazione permanente. Anche se due fotoni si trovassero su due diverse galassie continuerebbero pur sempre a rimanere un unico ente.
Questa “azione-comunicazione” permanente tra le due microparticelle faceva infuriare Einstein in quanto uno degli assunti fondamentali delle sue teorie, oltre alla “località”, prevedeva l’impossibilità di viaggiare o comunicare a velocità superiore quella della luce. Nel caso della coppia di particelle emesse da un’unica sorgente dell’esperimento di Aspect, la comunicazione risultava addirittura istantanea. Per le sue dirompenti conseguenze, la diseguaglianza di Bell, a giudizio unanime di fisici ed epistemologi, rappresenta una delle tappe più inquietanti nell’intera storia del pensiero scientifico. Stando così le cose infatti, risulta semplicemente impossibile separare fisicamente le due particelle e considerarle come “entità reali indipendenti” a dispetto della distanza e delle forze agenti direttamente tra loro. In tale schema il destino di una particella è inscindibilmente legato al destino dell’intero cosmo, poiché la sua stessa realtà si intreccia con quella del resto dell’universo!
Il Campo del Punto Zero
La fondatezza dell’esistenza di detta rete darebbe vita a quello che è stato denominato il Campo del Punto Zero, ossia un oceano di vibrazioni microscopiche che, in tutto l’universo, riempiono lo spazio esistente tra tutto ciò che è costituito di materia e che prima era ritenuto vuoto. Esso costituirebbe la vera base del nostro universo, un mare di energia pulsante in cui ogni elemento e quindi anche l’uomo, sarebbe connesso con qualsiasi altro attraverso una fitta ragnatela invisibile. Tale visione fornirebbe risposte a fenomeni quali ad esempio le percezioni extrasensoriali e le guarigioni spirituali, la trasmissioni del pensiero, attestando che l’essere umano non è solo il prodotto di una reazione chimica, ma che esiste una forza centrale, nell’universo, che organizza e governa i nostri corpi e tutta l’Esistenza. L’uomo, perciò, non è altro che un punto di energia in un campo infinitamente più vasto, con cui è in totale connessione, che è il motore centrale del nostro essere e della nostra consapevolezza. In termini più rigorosi essa è l’energia che rimane in un sistema quando ogni altro tipo di energia è stato rimosso da esso. Ad esempio, se si continuasse ad abbassare la temperatura dell’elio liquido, verso lo zero assoluto, esso dovrebbe congelarsi in uno stato solido. Invece il gas rimane liquido, a causa di un irremovibile movimento energetico di punto-zero dei suoi atomi.
L’uso del condizionale in alcuni passaggi è ancora d’obbligo a causa di alcune obiezioni poste a tale teoria, che di per se rimane comunque strutturalmente in piedi, e che se confermata anche nelle sue parti nebulose amalgamerebbe pensiero scientifico e metafisico. Tali obiezioni riguardano la densità dell’ energia del punto zero che dipende dalla frequenza alla quale tale fluttuazione cessa. Dato che lo stesso spazio si dissolve in una specie di schiuma quantica, ad una distanza estremamente piccola, le fluttuazioni del punto zero dovrebbero cessare ad una data frequenza, che risulta però abnorme rispetto, per esempio, a valori come quelli dei raggi cosmici che sono i più elevati tra i fenomeni naturali. Ciò comporterebbe la conseguenza che la densità dell’energia del punto zero sarebbe grande più di cento volte rispetto all’energia radiante presente al centro del sole. Com’è possibile che un’energia così esorbitante non sia evidente? In base a calcoli matematici molto complessi che non stiamo qui a proporre, la vita di un fotone del Campo di Punto Zero sarebbe comunque inferiore ad una sola lunghezza d’onda da lui viaggiata, di conseguenza il fotone non percorrerebbe abbastanza spazio per potersi rivelare, prima di scomparire nel mare delle probabilità quantistiche! Le ricerche a tal proposito stanno continuando e confidiamo che prima o poi possano approdare a qualche nuovo sviluppo condivisibile che liberi il campo da dubbi e pregiudizi.
Il costruirsi della realtà
Nel frattempo noi procediamo parlando di alcuni eminenti scienziati i quali si sono spinti ad ipotizzare che la Teoria dei Quanti abbia risolto l’enigma del rapporto tra Mente e Materia, asserendo che l’introduzione nei processi di misura quantistica dell’osservazione umana è un passo fondamentale per il costruirsi della realtà.
L’ “Io”, secondo John Eccles, premio Nobel per le sue ricerche di neurofisiologia nel 1963, non è il prodotto dell’attività celebrale, bensì il vero motore della complessa catena di reazioni chimico-elettriche che costituiscono il supporto materiale della coscienza.
Gli studiosi di microfisica che ogni giorno hanno a che fare con i suoi assunti filosofici e con il suo formalismo matematico, continuano a subire gli affronti degli elettroni che, come abbiamo osservato non seguono traiettorie certe e definibili ed appaiono ora qui e ora là. A volte lo stesso elettrone spunta in due punti simultaneamente; e non solo gli elettroni ma tutte le particelle subatomiche che conosciamo. Anche l’atomo stesso si muove senza regola e in modo indeterminabile. L’atomo se si potesse vedere ad occhio nudo, avrebbe l’aspetto di una nuvola tondeggiante, con il nucleo al centro e gli elettroni orbitanti attorno. Lo osserveremmo girare così velocemente da renderne impossibile una visione concreta, percepiremmo solo la nuvola elettronica ossia le tracce del suo vorticoso movimento. La materia che ogni giorno maneggiamo, osservata da molto vicino si dissolve in un turbine di immagini fuggevoli e prive di sostanza!
La teoria dei quanti prende atto di questa indeterminazione e fa i conti con l’imprevedibilità come sua conseguenza diretta.
La domanda è capziosa: tutti gli eventi hanno una causa?
Verrebbe istintivo rispondere di si, ricorrendo spesso al rapporto di causa-effetto per dimostrare, ad esempio l’esistenza di Dio, che è la Causa Prima. Il fattore quantico però, rompe la catena delle cause e fa sì che si verifichino effetti apparentemente privi di causa!
Gli universi paralleli
La teoria degli universi paralleli fu audacemente avanzata per la prima volta nel 1957 dal professor Hugh Everett affermando che tutti i mondi quantici alternativi e possibili sono reali e coesistono in modo parallelo l’uno sull’altro.
La conferma matematica era giunta successivamente da Oxford, grazie alle ricerche del dottor Deutch, che avvaloravano l’esistenza di una struttura simile ad un cespuglio dagli innumerevoli rami, presente nell’universo e capace di scindersi in molteplici versioni parallele di se stessa. Malgrado i diffusi scetticismi ed i vari attacchi sembrerebbero chiariti anche gli ultimi punti oscuri e tanto da poter affermare che l’universo è in costante ed eterna divisione e che di conseguenza non avviene nessun collasso d’onda o di realtà, bensì ogni possibile risultato a seguito di una misurazione sperimentale o di scelta individuale accade in un diverso universo parallelo. Ogni volta che c'è un evento a livello quantistico si suppone che l'universo si divida in tanti universi o mondi differenti. In altre parole ogni volta che facciamo una scelta, come ad esempio voltare a destra o a sinistra ad un bivio, l’universo si scinde in due universi: in uno abbiamo voltato a destra, nell’altro a sinistra. Entrambi gli universi sono però reali, e in entrambi vi sono osservatori umani, che tuttavia percepiscono solo l’universo in cui si trovano. Certo, può essere che il buonsenso si ribelli all’idea che l’universo si divida in due a seconda del capriccio di un unico elettrone: la teoria però ha retto di fronte alle analisi più approfondite fino ad oggi compiute. Quando l’universo si scinde, lo fa anche la nostra mente in due menti distinte, ognuna delle quali va ad abitare in un suo universo! Ciascuna delle due menti, naturalmente, è convinta di essere unica e indivisa. Non percepisce questo atto di biforcazione almeno quanto non avverte la rivoluzione della Terra attorno al Sole.
Ovviamente tutto ciò fa sorgere parecchi interrogativi.
Ma come saranno questi universi e come è possibile raggiungerli?
Non sembra possibile seguendo le indicazioni della teoria. I mondi paralleli, una volta separati, risultano fisicamente isolati e dunque irraggiungibili ed inaccessibili. Per riunirci ad essi bisognerebbe invertire il processo della misurazione, il che richiederebbe un’inversione temporale: è come voler ricostruire un bicchiere che si è rotto, un atomo dopo l’altro. Ne consegue che tutti noi abbiamo al nostro fianco milioni di nostri duplicati. Si tratta in ogni caso di una vicinanza non misurabile con lo spazio della nostra percezione. Molti affermano che la teoria dei quanti, che attribuisce alla mente un ruolo così importante, può costituire la chiave per capire più a fondo la questione del libero arbitrio. Il fattore quantico, in questo modo, ha spazzato definitivamente via la vecchia concezione deterministica dell’Universo, secondo cui tutto ciò che facciamo è stato prestabilito dai meccanismi universali prima della nostra nascita.
Ma quanti universi paralleli esistono?
Non tutti gli universi che si possono immaginare esistono. Quando si costruisce un esperimento quantistico c’è una probabilità non-zero che ci sia un insieme di risultati. Quello che sappiamo è che ci sarà una separazione in un numero di mondi pari al numero di possibili esiti che vengono associati all’esperimento. Se la nostra possibilità di scelta è, come nell’esempio di prima, andare a destra o a sinistra, due sono i possibili esiti e due gli universi che si costituiranno in cui ci sarà un “io” che percorre la via di sinistra con tutte le conseguenze che seguiranno e tutte le future scelte, e poi l’altro”io”, quello che ha voltato a destra che avrà le stesse possibilità.
Dove sono tutti questi universi?
Il formalismo matematico degli universi paralleli è riassunto nella fisica descritta dall’equazione di Schrödinger e dovrebbe mettere in connessione l’interpretazione matematica con la nostra esperienza, ma ovviamente non è così. Come abbiamo visto in precedenza ciò che la matematica dimostra come reale è spesso qualcosa di totalmente diverso se analizzato con gli strumenti della nostra percezione e quindi non esiste un linguaggio abbastanza efficace che non sia quello matematico. Si può tentare tuttavia attraverso l’aggiunta di alcune spiegazioni ammettendone a priori un discreto grado di approssimazione.
Un Universo è costituito dalla totalità degli oggetti macroscopici in uno stato definito; ciò non implica comunque che tale universo possa essere descritto come “tutto ciò che esiste”, in quanto “tutto ciò che esiste” è l’Universo fisico tridimensionale.
L’ontologia, ossia la modalità fondamentale di questo Universo in quanto tale, al di là delle sue determinazioni particolari o fenomeniche in termini di meccanica quantistica è uno stato quantistico. All’interno dell’universo fisico tridimensionale che è quindi uno stato quantistico vi sono funzioni d’onda quantistiche e queste costituiscono lo spazio delle varie configurazioni, ossia degli universi paralleli. Tale spazio è la moltiplicazione dello spazio abituale per molte variabili. Il nostro spazio normale tridimensionale, quello che osserviamo con i telescopi o con i satelliti, ha sempre un significato, ciò che cerchiamo sta “accadendo” in una area particolare, in uno specifico spazio. Tuttavia siccome le particelle che ci sono in questa zona possono essere ugualmente intrecciate con particelle di un’altra zona, non ci potrà essere una descrizione di una particolare area in termini di stato puro quantistico.
A livello di universo fisico la “località” è molto importante: se accade qualcosa in un posto, niente potrà cambiare in un altro. Ma questi universi di fatto sono una particolare decomposizione della funzione d’onda dell’Universo fisico tridimensionale, non sono locali perché sono presenti dappertutto e si collocano tutti nel nostro spazio tridimensionale vivendo in parallelo. Ogni parte della funzione costituisce una realtà come i vari piani di un grattacielo, con i suoi negozi, gli uffici e gli appartamenti, tutti all’interno della stessa struttura ma non su livelli diversi: tutti al pian terreno.
Nel linguaggio comune l’uomo è definito in maniera molto precisa: egli è un “oggetto” macroscopico, collocato in un particolare momento di tempo, attraverso una descrizione completa e classica del suo stato fisico e del suo cervello. Ma nell’interpretazione dei molti universi quello che egli è prima di operare una scelta, si dividerà poi in due “lui”, che avranno in comune solo il ricordo di quel momento e del prima, non del futuro.
Ora che senso ha dire che ci sarà un altro “lui” o chiedersi quale dei due “lui” gli apparterrà di più?
Già in questo momento ci sono molti “lui” in molti mondi diversi e neppure la loro somma rappresenta il concetto di “lui” benché ci sia corrispondenza tra tutti. Ogni universo parallelo corrisponde ad una storia; se inseriamo più storie diverse nella funzione d’onda più generale abbiamo, allora, più universi diversi. Tutti gli oggetti possono trovarsi in posti differenti e se sono nello stesso posto appartengono anche alla stessa storia. E’ chiaro che qui ci troviamo di fronte ad un diverso concetto di realtà dove essa è reale in funzione della percezione dell’uomo, ed ogni mondo che osserva è reale al pari di un altro. Tale ottica impone l’evidenza di dover abbracciare la critica al comune concetto di identità personale poiché siffatta teoria, anche con il più ortodosso approccio del formalismo matematico si spinge in regioni in cui il limite tra scienza e filosofia è molto labile e dove la ricerca scientifica si bagna i piedi nel mare della metafisica.
Ritorneremo su questo tipo di considerazioni più avanti quando parleremo di destino e libero arbitrio, dal punto di vista dell’esoterismo.
Bibliografia :
Fritjof Capra – Il tao della Fisica – Gli Adelphi
L’io e il cervello – Popper Karl & Eccles John – Editore Armando - 2001
Tiziano Cantalupi, Nel Mondo dei Quanti, Rivista scientifica "Newton", Rizzoli,
Paul Davies – Il cosmo intelligente – Oscar Saggi Mondadori
Alfred Kastler, Questa strana Materia - Mondadori
Paul Davies - Dio e la nuova fisica - Oscar Saggi Mondadori
Il campo del punto zero – Lynne Mctaggart – Macroedizioni
Terapie vibrazionali - Roberto Tresoldi - Tecniche Nuove
Julian Barbour - La fine del tempo, la rivoluzione fisica prossima ventura - Einaudi
Scienza e Conoscenza num. 18 – nov. 2006 -
Nuove Scienze e antica saggezza per svelare i misteri della vita -
Macro Edizioni