Anna Lombroso per il Simplicissimus
Ieri per la seconda volta, la Camera ha fermato la legge contro l’omofobia. L’aula ha accolto le pregiudiziali di costituzionalità sul ddl contro l’omofobia, affossando così la proposta. La pregiudiziale presentata da Udc, Pdl e Lega è passata con 293 sì, 250 no e 21 astenuti. L’approvazione ‘affossa’ il disegno di legge che mirava a introdurre l’aggravante di omofobia nei reati penali, sostenuto con forza da Anna Paola Concia (Pd). Con Pdl, Lega ed ex Responsabili ha votato l’Udc, che aveva presentato una delle pregiudiziali. Mentre hanno votato contro gli altri partiti di opposizione (Pd, Idv, Fli e Api).
Il voto è avvenuto a poco meno di due anni dalla prima bocciatura della legge anti-omofobia, quando, nell’ottobre del 2009, Montecitorio approvò le pregiudiziali di costituzionalità presentate dall’Udc. A maggio scorso, poi, la commissione giustizia bocciò due diversi tentativi di mediazione cui ostinatamente aveva lavorato la deputata del Pd. La pregiudiziale di costituzionalità della Lega, afferma che il disegno di legge offre una protezione privilegiata alla persona offesa in ragione del proprio orientamento sessuale e in particolare discrimina fra chi subisce forme di violenza, perché vi è una tutela rafforzata sulla base dell’orientamento sessuale Rispetto invece a chi subisce altre forme di violenza.Secondo l’ineffabile Fabrizio Cicchitto, la posizione del Pdl conferma la proverbiale vocazione a battersi contro i pregiudizi: “ consideriamo i gay come dei cittadini uguali agli altri e proprio per questo contestiamo ogni trattamento giuridico specifico e differenziato che come tale ammetterebbe e accentuerebbe una diversità, sostanzialmente incostituzionale”. Se non fosse orrendo, il copione recitato mille volte da questi antagonisti dei diritti, sarebbe ridicolo. E comunque manifestamente segnato da una patologia schizoide: vogliono stravolgere la carta costituzionale che ai loro occhi costituisce una fastidiosa impalcatura di ostacoli al libero dispiegarsi di un dinamismo che disprezza regole e leggi, ma, al bisogno, vi si richiamano con puntiglioso scrupolo interpretativo. Anche l’Europa per loro è un’ irritante intreccio di lacci e laccioli dai quali è lecito districarsi, salvo quando serve per tirare principi come i lembi di una coperta necessaria per coprire vergogne. E le “minoranze” sono condannate a restare tali senza dignità e riconoscimento del diritto all’uguaglianza nella diversità, salvo quando sono “ugualmente” vittime di sopraffazione e offesa. È inquietante come la condizione di vittima, infatti, che con lo sviluppo sociale e economico, si era via via ridotto interessando segmenti di popolazione più esigui, oggi sia un fenomeno esteso. È che a essere colpita è una nuova “minoranza”, sia pure numericamente maggioritaria, la cittadinanza, il pensare comune, l’opinione pubblica, l’interesse generale. È così quando ad essere colpiti sono beni apparentemente intangibili ma preziosi, immateriali ma fondamentali e concreti: le nostre esistenze, le nostre attitudini, la nostre inclinazioni, le nostre scelte di vita e di morte, le nostre convinzioni, il nostro credo confessionale o laico. E con essi la democrazia che se ne alimenta e nutre, perché solo cittadini che possono dispiegare le loro esistenze con responsabilità e indipendenza, con rispetto e autonomia, possono esprimere pienamente l’amore per gli altri, per il posto in cui vivono, per le sue istituzioni, per le sue leggi, per la bellezza e ma conoscenza, per il futuro e per quelli che verranno dopo di noi. Quello che non dobbiamo sopportare è la rappresentazione mistificante che questa “maggioranza” tracotante di vuole imporre, di una società libera, in quanto invece copre i libertini, tollerante, in quanto invece tollera l’illegalità, indulgente, in quanto invece è complice festosa di trasgressioni turpi. E non possiamo nemmeno sopportare che un governo e i nostri rappresentanti eletti applichino una arbitraria autorità sulle nostre vite, alternando disinteresse e paternalismo, trascuratezza e invadenza. E se rivendicare e riconoscere il diritto fondamentale all’autodeterminazione implica che i poteri pubblici non possono pretendere di sostituire la propria volontà a quela delle persone, questo non significa pure che possano disinteressarsi delle condizioni materiali necessarie perché quel diritto possa essere liberamente esercitato. Non facciamo finta di essere in un Paese normale. Non si tratta di tutelare le quote rose dell’inclinazione sessuale, come qualcuno vorrebbe sostenere, non si tratta di incrementare differenza per garantirne la tutela. Si tratta invece di confermare che la giustizia è uguale per tutti e che i reati contro la persona vanno puniti per la loro qualità oltre che per la loro efferatezza. Perché stabilire dei principi di carattere simbolico, ha l’effetto di cambiare cultura e percezione. Perché non si può accogliere il Trattato di Lisbona, che è contro la discriminazione sessuale e poi, a livello nazionale, non considerare una punizione o un’aggravante per i reati di odio commessi nei confronti di gay, lesbiche e trans. Perché bisogna ricordare a tutti che non è vero che i “diversi” sono uguali a noi, se le leggi e le regole per loro non valgono allo stesso modo, se non vengono riconosciuti i loro diritti a convivere, a sposarsi, a darsi reciproca assistenza e amore, a allevare dei figli molto probabilmente felici perché molto desiderati, a stare vicini alla persona che si è scelta come compagna di vita quando è malata. E che la discriminazione incivile, inumana e irrazionale la applicano proprio quelli che pretendono di farci credere che la si incrementerebbe esigendo il riconoscimento delle giuste e legittime prerogative. Non accettiamo lezioni di giustizia da chi la sfregia e la irride, non accettiamo predicazioni d’amore da chi esercita odio e intolleranza, non accettiamo la loro libertà condizionata dall’ubbidienza alle loro convenzioni. La loro virtù assomiglia troppo a un torto.