Stralcio della ventiquattresima puntata tratto dal della rubrica del blog "Vibrisse", a cura di Matteo Bussola, dedicata alla formazione di fumettisti e fumettiste.
– La formazione di Roberta Ingranata (in arte Robyn, ma solo per mio nonno).
Per oggi, e solo per oggi, questa rubrica cambierà il nome da “La formazione del fumettista” in “L’ansia del fumettista”.La cosa più tragica, oltre ad avermi scritto Matteo Bussola privatamente, che già di per sé fa salire un senso di angoscia tipica del “cos’ho fatto ‘stavolta?”, è stata la richiesta di una mia foto da mettere in allegato alla biografia.Panico.Avrei la capacità di fare due tavole in un giorno, colorarne altre otto, abbozzare un’illustrazione e scrivere tre pagine di word, mantenendo stabili le mie funzioni vitali, ma l’idea di farmi una foto mi terrorizza più di dover scalare una montagna cibandomi di bacche ed erba. C’è chi ama mettere se stesso su internet, e chi no, e io faccio parte della fascia “assolutamente no”. Questo, insieme ad altro, credo mi abbia fatta arrivare in ritardo un po’ su tutto, perché l’idea di mettere sul piatto anche se stessi, oltre al proprio lavoro, è la prova più difficile che si possa chiedere a una persona, fumettista o non fumettista. L’idea di venire fermata in una fiera, l’idea che il proprio lavoro sia riconoscibile, ha da sempre terrorizzato la mia parte camaleontica che ama mischiarsi all’ambiente, notando senza farsi notare. E fare fumetti non ti dà questa possibilità, perché non è solo un lavoro che “fai da casa”: sei tu, la tua pagina bianca, e tutto quello che viene dopo è l’unione delle due cose. Non esiste l’una senza l’altra. “Fai da casa” quello che un giorno sarà di dominio pubblico, e quando lo capisci l’ansia fa partire il gioco del trono nel tuo cervello.
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