La forza che nello stelo spinge il fiore,
spinge la mia giovane età; la stessa che dilania le radici degli alberi
è la mia distruttrice.
E sono muto a dire alla rosa avvizzita
che la mia giovinezza è piegata dall’identica febbre invernale.
La forza che guida l’acqua tra le rocce
governa il mio sangue; quella che aspira le correnti alle foci
trasforma le mie in cera.
E sono muto a gridare alle mie vene
che alla fonte montana succhia la stessa bocca.
La mano che agita l’acqua nella pozza
Smuove sabbie mobili; quella che imbriglia i burrascosi venti
pure il mio sudario, regge.
E sono muto a dire all’impiccato
quanto del mio essere vi è nel boia che lo impicca.
Le labbra del tempo leccano il punto in cui la fonte sgorga;
l’amore goccia e coagula, ma il sangue che crolla
calmerà le ferite di lei.
E sono muto a dire al vento dell’inverno
come il tempo abbia scandito un cielo intorno agli astri.
E sono muto a dire alla tomba dell’innamorato
come verso il mio lenzuolo strisci lo stesso raggrinzito verme.
Dylan Marlais Thomas