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La forza della verita'

Da Mammapiky @mammapiky

LA FORZA DELLA VERITA'
Mio padre è morto di mesotelioma pleurico, un parolone per indicare quello che è, più comunemente conosciuto, come il tumore dell'amianto. Mio padre era un operaio di fabbrica e l'amianto l'ha toccato, montato, smontato, lavorato e per certi aspetti, l'ha pure bonificato, ma la cosa più "importante" e grave ,è che l'ha respirato e di questo è morto. Trent'anni di lavoro, ai bordi di una ferrovia scalcinata, a occuparsi di quello che nessuno avrebbe voluto, in compagnia di amici di sventura e a braccetto con la Signora della Falce, che alla fine l'ha condotto dritto dritto, dove voleva lei. Mio padre non c'è più, è morto lavorando, quando era ancora troppo giovane per andarsene, senza aver visto le sue figlie sposarsi e senza aver conosciuto nemmeno un nipote, senza sapere cosa vuol dire abbandonare quei capannoni e quelle rimesse sporche e grigie, senza poter andare in pensione, per raccoglierne i frutti, riposandosi. Mio padre ci ha lasciato qui, con la certezza che di sicuro non si può morire di lavoro ma in preda al dubbio su cosa si poteva fare per evitarlo.
Il tribunale è ospitato in un vecchio palazzo del centro. Vengo qua da dieci anni, le facce son sempre le stesse e conosco a menadito tutti i corridoi e le scorciatoie. So che è meglio non prendere l'ascensore del retro che rimane quasi sempre bloccato, tra il primo e il secondo piano, so che la segreteria dell'immobiliare è sempre un casino, e che, se ti serve un fascicolo, meglio cercarlo da sola. So perfino qual è il bagno più pulito, dove non ci sono schizzi d'acqua sul pavimento e qual è la macchinetta del caffè che magicamente non da resto. Il tribunale è un labirinto che conosco da dieci anni, ma ogni volta che vi entro, e per tutto il tempo che li rimango, il senso di smarrimento e la consapevolezza di essere nel posto sbagliato, non mi abbandonano.
Oggi più che mai, perche non sono qui per lavoro.
Siamo all'ultimo piano. La porta davanti a cui attendo è una vecchia porta marrone, di quelle che non si chiudono mai completamente e devi forzare un po' solo per accostarle. Non ci sono luci accese ma filtra qualche raggio di sole dalle alte finestre, in compenso il riscaldamento è al massimo e la fatica a respirare non dipende esclusivamente dall’ansia.
Lo stretto corridoio è gremito di abiti tutti uguali, porta documenti indistinguibili gli uni dagli altri, appoggiati su un vecchio tavolo vicino alle scale. Chiacchiericcio di sottofondo fastidioso, quanto inutile ed io, con le spalle appoggiate al muro, aspetto.
Questa è solo l'ennesima tappa di una via crucis senza fine, di una ragnatela intricata, perché così l'abbiamo voluta noi, di un questionario che a ogni puntata allunga la lista di domande a cui nessuno risponderà. L’attesa è pressoché inutile, lo sappiamo.
Guardo mia sorella, sorride, è un sorriso amaro, di quelli che sai, nascondono il pianto e la voglia di urlare.
La porta si apre... tocca a noi... vieni papà, ti tengo per mano e non preoccuparti non usciremo da qui fin quando l'utopia di sapere la verità non sarà diventata la nostra certezza. Questo te lo prometto

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