La fossa delle Marianne, uno dei luoghi più inaccessibili del pianeta, pullula di vita e di microrganismi. E' quanto ha scoperto un gruppo di ricerca internazionale coordinato dal danese Ronnie Glud, della Southern Danish University, e pubblicato sulla rivista Nature Geoscience.
Nonostante l'ambiente nel punto di massima profondità, a 11 chilometri sotto il livello del mare, sia sottoposto a una pressione estrema, quasi 1.100 volte superiore rispetto al livello del mare, ospita nei suoi sedimenti 10 volte più batteri rispetto alle aree circostanti, profonde 5-6 chilometri.
All'apparenza ostili alla vita, le fosse oceaniche, sono in realtà punti fondamentali per l'attività microbica perché ricevono un flusso elevato di materia organica, fatta di animali morti, alghe e altri microrganismi, provenienti dall'ambiente circostante meno profondo.
Per studiare la Fossa delle Marianne i ricercatori hanno utilizzato un robot sottomarino che ha studiato l'ambiente direttamente sul posto.
Il robot ha utilizzato sensori che misurano la distribuzione di ossigeno sul fondale marino e che permettono di vedere se questo gas è correlato all'attività dei microrganismi presenti nei sedimenti.
Lo studio di queste fosse oceaniche - sottolineano gli scienziati - consentiranno di capire molto meglio le conseguenze che queste hanno sul ciclo globale del carbonio e sul clima.