Cheese Store, 276 Bleecker Street, Manhattan. (Febbraio, 1937)
“La fotografia non potrà mai crescere se imita qualche altro mezzo. Deve camminare da sola e deve essere se stessa“.
Berenice Abbott ha dedicato la sua lunga vita e carriera alla fotografia e alla ricerca scientifica, esplorando nozioni di fotografia documentaristica e di realismo fotografico.
Americana, nativa di Springfield (Ohio) nel 1898. La sua storia inizia negli Anni ‘20 quando Berenice Abbott abbandona gli studi di giornalismo presso l’Università americana dell’Ohio, e si trasferisce a New York. È attratta in un primo tempo dalla scultura, e ben presto fa parte della vita bohemien del Greenwich Village – dove condivise una vita comunitaria in una grande casa (venne ospitata dall’anarchico Hippolyte Havel). Qui incontra poeti e intellettuali come Djuna Barnes, Marcel Duchamp, Sadakichi Hartmann e Man Ray per il quale posa come modella.
In quel periodo l’Europa (1920/1925) sembra un Eldorado promettente, e molti membri “dell’intellighenzia” artistica scelgono Parigi come meta per tentare la loro fortuna, formando un gruppo di espatriati. La Abbott si unisce a loro nel 1921 insieme a Man Ray di cui diventa l’assistente e proprio a Parigi aprirà il suo primo studio fotografico.
L’interesse della Abbott per la fotografia nacque due anni dopo (1923), quando Man Ray, che era alla ricerca di qualcuno che non sapesse assolutamente niente di fotografia e facesse quindi solo quello che gli veniva detto, la assunse come assistente alla camera oscura nel suo studio di Montparnasse. In seguito la Abbott scrisse: “Mi avvicinai alla fotografia come un’anatra si avvicina all’acqua. Non ho mai voluto fare niente altro“. Ray fu impressionato dai suoi lavori e le permise di usare il suo studio.
Nel 1926 la Abbott tenne la sua prima mostra personale (nella galleria “Au Sacre du Printemps”) ed avviò il suo primo studio in Rue du Bac. Sempre nella metà degli Anni ’20 venne introdotta da Man Ray alla fotografia di Eugène Atget. Divenne così una grande ammiratrice delle opere di Atget, più di quanto lo fossero Ray e la sua cerchia, e nel 1927 riuscì a convincerlo a posare per un ritratto. Atget morì poco tempo dopo. Il governo aveva acquisito gran parte dei suoi archivi — Atget aveva venduto 2.621 negativi nel 1920, e il suo amico ed esecutore testamentario André Calmettes ne aveva venduti altri 2.000 subito dopo la sua morte. La Abbott fu in grado di acquistare i negativi rimanenti nel giugno 1928, e iniziò rapidamente a lavorare alla loro promozione.
Un primo e tangibile risultato fu nel 1930 il libro “Atget, photographe de Paris”. Il lavoro della Abbott a vantaggio di Atget sarebbe continuato fino alla vendita del suo archivio nel 1968. Oltre al suo libro The World of Atget (1964), fornì le fotografie per A Vision of Paris (1963), pubblicò un portfolio, Twenty Photographs, e scrisse dei saggi. Grazie ai suoi sforzi continui aiutò Atget ad ottenere un riconoscimento internazionale.
Dopo un breve periodo passato a studiare fotografia a Berlino, fece ritorno a Parigi nel 1927 e aprì un secondo studio, in Rue Servandoni. I lavori della Abbott vennero messi in mostra a Parigi assieme a quelli di Man Ray, Kertész e altri, nel “Salon de l’Escalier” — o più formalmente il “Premier Salon Indépendant de la Photographie”, sulla scalinata del Théâtre des Champs-Élysées. Rapidamente raggiunge il successo con una serie di ritratti di scrittori, drammaturghi e artisti, tra questi: James Joyce, Eugène Atget, Marcel Duchamp, Man Ray, Jean Cocteau, Sylvia Beach, André Gide, Tsuguharu Foujita, Max Ernst, e Marie Laurencin.
Essere fotografati da Man Ray o Berenice Abbott all’epoca significava che “eri qualcuno”. Lo stile diretto dei suoi scatti l’aiutò a dare un importante contributo alla fotografia scientifica. La Abbott fece parte del movimento della “straight photography”, che sottolineava l’importanza di avere fotografie non manipolate né per quanto riguarda il soggetto, né per quanto riguarda il processo di sviluppo. Era inoltre contro i “pittorialisti” come Alfred Stieglitz, che avevano guadagnato molta popolarità durante un notevole periodo della sua carriera, e che quindi lasciarono il suo lavoro senza supporto da parte di questa particolare scuola di fotografi.
Nel corso di tutta la sua carriera, la fotografia della Abbott consistette molto nel mettere in mostra la tecnologia nella società. Tutto ciò fu guidato dalla sua convinzione che un’invenzione moderna come la macchina fotografica meritasse di documentare il XX secolo.
Aspetti importanti del suo lavoro sono le sue foto di spazi urbani. Il crollo di Wall Street che colpì l’America agli inizi degli anni Trenta, affascinò notevolmente la Abbott in quanto la città di New York iniziò a cambiare rapidamente.
Non solo la Abbott era una fotografa, ma nel 1947 diede anche vita alla “House of Photography”, per promuovere e vendere alcune delle sue invenzioni. Tra queste un cavalletto per distorsioni, che creava effetti insoliti nelle immagini sviluppate in camera oscura, e la lampada telescopica, oggi nota da molti fotografi di studio come “Autopole”, alla quale le luci possono essere attaccate a qualsiasi altezza. A causa del marketing carente, la House of Photography perse rapidamente soldi, e con la morte dei due designer, la società andò a picco.
Un capitolo a parte della vita artistica di Berencie Abbott va dedicato a Changing New York. Berenice Abbott iniziò a documentare New York nel 1929, in piena crisi finanziaria. Changing New York (1935-1939) è tra i progetti più importanti della sua carriera, ed è stato promosso dall’amministrazione americana. Concepito come una documentazione su New York e come interpretazione artistica, Abbott mostra le variazioni interessanti di una metropoli in crescita, catturando il contrasto fra il passato, il presente e l’adattamento alla modernità.
La Abbott ed Elizabeth McCausland (sua compagna per tutta la vita) collaborarono a un lavoro sostenuto dal “Federal Art Project” e dal “Works Progress Administration (WPA)”, pubblicando – nel 1939 – un libro che divenne famosissimo dal titolo di “Changing New York”. Usando una macchina fotografica a grande formato, la Abbott fotografò New York City con la stessa attenzione ai dettagli e la diligenza che aveva appreso dalla carriera di Eugène Atget. La sua opera ha fornito una cronaca storica di molti edifici e isolati oggi demoliti di Manhattan.
Due decenni dopo la Abbott e la McCausland viaggiarono lungo la “US – 1” dalla Florida al Maine, dove Berencie fotografò le piccole cittadine e la crescente architettura legata all’automobile. Il progetto produsse oltre 2.500 negativi. Poco dopo la Abbott subì un intervento ai polmoni. Le venne detto che a causa dell’inquinamento dell’aria sarebbe stato nel suo interesse allontanarsi da New York. Comprò una casa diroccata nel Maine per soli mille dollari e vi rimase fino alla sua morte nel 1991.
Il lavoro di Berenice Abbott nel Maine continuò anche dopo la fine di quel progetto e il suo trasferimento in tale stato, e produsse il suo ultimo libro A Portrait of Maine (1968).
Galleria d’Arte Paola Meliga ([email protected])