“Sono Elliott Erwitt e lo sono stato per un certo numero di anni”: ecco uno degli aforismi più celebri di questo grande fotografo a cui Torino dedica una retrospettiva.
Organizzata dalla Magnum Photos, l’unica agenzia ad avere tutti i diritti di pubblicazione, organizzazione e vendita della vastissima quantità di materiale di Erwitt, sarà aperta al pubblico di Palazzo Madama fino al 1 settembre. Nella corte medievale del palazzo torinese, sono esposte 136 fotografie, rigorosamente in bianco e nero, molte delle quali risultano familiari perché ormai appartenenti all’immaginario collettivo.
Elliott Erwitt, al secolo Elio Romano Erwitz, nasce a Parigi 26 luglio 1928 da genitori russi di origine ebraica. Trascorre i primi anni dell’infanzia a Milano.
Quando la sua famiglia decide di trasferirsi negli Stati Uniti, a causa del fascismo, Elio decide di cambiare in nome in Elliott (suona meglio, dirà!). Si specializza in fotografia pubblicitaria e documentaristica, e diventa conosciuto in tutto il mondo per i suoi scatti in bianco e nero che ritraggono situazioni ironiche ed assurde di tutti i giorni.
Seguace dello stile di Henri Cartier-Bresson, maestro nel cogliere l’attimo decisivo, all’inizio degli Anni ’50 servì l’Esercito americano in Francia e in Germania come assistente fotografo. Erwitt fu influenzato dall’incontro con fotografi famosi come Edward Steichen, Robert Capa e Roy Stryker. Quest’ultimo, allora direttore del dipartimento di fotografia della Farm Security Administration, assunse Erwitt per lavorare su un progetto fotografico per la Standard Oil.
Dopo questo periodo iniziò la sua carriera di fotografo freelance, lavorando per riviste quali Collier’s, Look, Life e Holiday o aziende come Air France e KLM. Entrò alla Magnum Photos nel 1953 invitato a farne parte niente meno che da Robert Capa e divenne una delle figure di maggior spicco dell’intero mondo della fotografia grazie al suo stile delicato, ironico e un forte senso delle geometrie.
I protagonisti delle sue immagini sono vari: vecchi, bambini, amanti, cani, elementi architettonici. Erwitt, che è stato ai funerali di Kennedy, che ha documentato l’Italia poverissima del dopoguerra e i set di pellicole come Gli spostati con Marylin Monroe, è riuscito a emergere con originalità dal panorama novecentesco grazie al piglio ironico con il quale ha raccontato il genere umano.
I suoi scatti rubati per strada testimoniano con delicatezza e arguzia “l’insolito” della vita e le piccole contraddizioni del reale: ne è un esempio la “foto della settimana” scattata in Provenza nel 1955.
Tra i temi ricorrenti nelle fotografie di Erwitt ci sono sono i cani, che sono stati oggetto di quattro dei suoi libri: Son of Bitch (1974), Dog Dogs (1998), Woof (2005) e Elliott Erwitt’s Dogs (2008).
Galleria d’Arte Paola Meliga ([email protected])