Ciò che impaurisce, allarma e indigna nella strage di Parigi non è il numero dei morti, ma l’impossibilità di spiegarla. Sono i penosi contorcimenti dei leader e dei media occidentali nel prendere atto della mattanza tentando di contenerla nella minuscola cassetta degli attrezzi del discorso pubblico e della più elementare propaganda di potere fin qui esercitata. Lasciando intatta la menzogna che occupa lo spazio della comprensione.
Ma solo sgombrando il campo dalle mistificazioni di cui siamo vittime quotidiane si può comprendere il perché della strage e il perché di Parigi. Certo non può farlo Hollande che ieri è comparso in Tv con la faccia impaurita del ragioniere che ha in casa la finanza, né gran parte del milieu politico francese connivente e men che meno Obama e Cameron, complici e soci nell’affaire siriano. Avrebbe dovuto farlo quell’intellighentia che in Francia è tornata in grande stile alla corte di Versailles e l’informazione mainstream se non fosse stata comprata in blocco dal potere che conta. Il presidente francese avrebbe dovuto spiegare – al di là dei finanziamenti dall’Arabia Saudita e dal Qatar – perché la Francia è diventata la calamita del terrorismo e fare mea culpa assieme a Sarkozy e a un ceto politico insignificante che ha pensato di superare la crisi di consenso innescata dalla crisi economica e dal ruolo subordinato della Francia, mettendo in piedi un anacronistico e sgangherato progetto neo colonialista.
Un clima così distorto e denso di nequizie che ha indotto l’ex presidente Valéry Giscard d’Estaing, ascoltato consigliori in occidente, a proporre il 27 settembre scorso che l’Onu concedesse una sorta di mandato amministrativo sulla Siria con la Francia in posizione guida al fine di rovesciare Assad. E questo quando la Russia era già intervenuta militarmente. Ma facciamo un passo indietro tornando al 2010 quando su impulso della segretaria di stato Hilary Clinton ( è questo già illustra che tempi ci attendono) Francia e Inghilterra firmano una sorta di intesa, detta di Lancaster House, in cui viene stabilito che le forze dei due Paesi attacchino Libia e Siria il 21 marzo 2011. E la Francia, con Sarkozy che scende nei sondaggi, freme a tal punto da anticipare di due giorni l’attacco a Tripoli, mentre per la Siria salta tutto a causa di un ripensamento americano.
Ma questo non vuol dire che Parigi non agisca egualmente: nell’estate dello stesso anno reparti della Legione straniera trasferiti in tutta fretta dalla Corsica e agli ordini del generale Benoit Puga, capo di stato maggiore presso la presidenza della Repubblica, fondano e inquadrano l’Esercito siriano libero, con 3000 “estremisti moderati” raccolti un po’ dovunque, in Europa e soprattutto nella Libia conquistata. Ancor prima di essere portati ad Homs per farne la capitale della liberazione, l’Esercito – poi in gran parte confluito nell’Isis – si distingue per le esecuzioni degli omosessuali e per la pratica di mangiare il cuore e il fegato dei soldati siriani catturati. D’altronde il primo atto di liberazione fatto ad Homs è stato lo sgozzamento di 150 persone a dimostrazione di essere veramente dei moderati, mica come quel boia di Assad. Tutto sotto l’occhio benevolente, anzi plaudente della Francia che per bocca del ministro degli Esteri Laurent Fabius, fa sapere che Assad “non merita di stare sulla terra” e la quale non si fa problemi a combattere Al Quaeda in Mali e nel Sael con un numero di vittime civili sconosciuto, ma certamente con tre o quattro zeri, mica per far la guerra al terrorismo, ma per prendersi le risorse minerarie di quei Paesi. E’ la stessa Francia che oggi grida alla barbarie. Ma chi semina vento raccoglie tempesta.
Tutto questo ha creato un enorme problema quando il mostro creato per concretizzare le ubbie neo coloniali di Parigi e le mire geopolitiche degli Usa, finanziato, armato e foraggiato, è divenuto incontrollabile, anche a causa del fatto che il regime di Assad ha resistito oltre ogni aspettativa dei dementi servizi occidentali, vittime della propria stessa propaganda. C’è il problema dei “moderati” trasferiti in Siria dai Paesi europei e poi tornati a valanga quando i russi hanno cominciato a far sul serio la guerra all’Isis. C’è il problema dell’impossibilità di controllarli visto che ormai i sistemi di intelligence non sono più in grado di infiltrare gruppi e gruppuscoli e si limitano a guerreggiare con la privacy dei cittadini e con le loro libertà, attraverso i sistemi di scanner delle comunicazioni. Ma soprattutto è intervenuto un cambiamento radicale che correva già sottopelle ed è stato catalizzato dalla vicenda ucraina, vale a dire il ritorno sulla scena mondiale della Russia. Con l’intervento in Siria l’idea di abbattere Assad e papparsi tutto il Paese e le sue risorse, è andato in acido. La stessa Francia che per due mesi ha tentato di frapporsi all’inevitabile accordo sottobanco fra Washington e Mosca sul futuro siriano, oggi non può che cominciare a fare davvero la guerra all’Isis. Dunque è vista come una traditrice dal quel misto di fanatismo, nazionalismo arabo, integralismo che essa ha utilizzato ed è divenuta territorio ideale oltre che simbolico di strage.
Naturalmente questo fa il gioco di chi ha creato le condizioni per la strage e che adesso può trovare il pretesto per un ribaltamento di fronte senza perdere la faccia: i cittadini impauriti da un’inaudita violenza che non è più lontana e mediatica, che nemmeno sceglie più le vittime, ma spara nel mucchio, cercano rifugio sotto le gonne del potere non comprendendo che proprio opponendosi alle sue malefatte saranno in grado di strappare maggiore sicurezza e sfuggire al ruolo di carne da cannone. Solo quando sarà chiaro che non si tratta di una guerra di civiltà come sussurra l’istinto più idiota, ma di una guerra di inciviltà, si potrà uscirne fuori. Solo quando i cittadini saranno in grado di decidere e non essere strumenti sacrificali di interessi oscuri che si nutrono della loro paura, potranno evitare le stragi.