Un bambino o una bambina di Neanderthal
Un team di ricercatori della Harvard University (Stati Uniti) e del Max Planck Institute in Germania ha scoperto che i bambini di Neanderthal maturavano più in fretta di quelli di oggi perché costretti a confrontarsi con situazioni estremamente rischiose per la loro incolumità, mentre i loro parenti più stretti crescevano più lentamente ma avevano una vita più lunga. I risultati di questo studio lasciano supporre che la gradualità del nostro sviluppo e la durata dell’infanzia siano caratteristiche relativamente nuove e proprie della nostra specie.
Per arrivare a questa scoperta gli studiosi hanno utilizzato un supermicroscopio e tecnologie a raggi X per esaminare la dentatura di 11 campioni di uomini di Neanderthal e fossili umani (tra cui il primo fossile di ominidi), rinvenuti in Belgio nel biennio 1829-30. L’individuo a cui appartenevano alcuni dei resti aveva appena 3 anni al momento della morte e non 4 o 5 come ritenuto finora.
L’analisi della dentatura consente di comprendere lo sviluppo nel suo complesso, come dice Tanya Smith del Dipartimento di Biologia umana evolutiva: «I denti sono dei veri e propri registri del tempo che passa. Colpisce che i nostri primi molari contengono un minuscolo “certificato di nascita” che consente di calcolare con esattezza l’età di un bambino al momento della morte». Dall’analisi risulta anche che i bambini di Neanderthal avevano accumulato molto stress. I loro denti crescevano molto più rapidamente rispetto a quanto accade nella nostra specie e in alcuni gruppi di esseri umani moderni che lasciarono l’Africa circa 100mila anni fa.
«Questi nuovi metodi offrono l’opportunità unica di studiare le origini di una peculiarità della nostra specie, ovvero il passaggio da una strategia primitiva del “vivere intensamente ma per breve tempo” alla strategia del “vivere lentamente ma a lungo” che ha consentito agli esseri umani di diventare gli organismi più resistenti del pianeta». In questo modo l’Homo Sapiens è riuscito ad acquisire capacità cognitive più complesse e maggiori capacità di apprendimento che gli hanno consentito di avere un ampio vantaggio sull’uomo di Neanderthal, scomparso 28mila anni fa.
Lo studio dimostra inoltre che altri primati si sviluppano con ritmi più elevati, hanno tempi di gestazione ridotti, si riproducono in giovane età e hanno un’aspettativa di vita a inferiore a quella dell’uomo moderno.
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