E così ci sto provando seriamente: a vivere di scrittura.
Con l’incoscienza e la consapevolezza di avere una sola vita. E non una seconda possibilità.
Siamo in un’era molto particolare.
La connessione globale ci ha resi alieni, ha finito col permetterci di comunicare con tutti, facendoci scoprire in realtà di non voler davvero comunicare con qualcuno, non più del solito, almeno, piuttosto di voler essere delle celebrità, di godere in rete di quelle attenzioni finora mai avute in vita.
E se lo volete sapere, a me piace.
Certo, c’è chi ne abusa.
Ma questo vale in tutti i campi.
Parlando si scrittura: la connessione globale e le piattaforme di blogging e ancor di più gli store hanno permesso a moltissimi aspiranti di diventare autori, giornalisti, blogger, scrittori, registi.
Con tutto ciò che ne consegue.
Ci sono i fenomeni, ci sono i cazzoni. Ci sono i truffatori.
Ché non è che appartenere a una comunità di aspiranti ti rende automaticamente bravo e bello. E chi ti dice il contrario è un fesso che venderebbe la propria madre per un contatto, un commento, una recensione o un link in più.
Ma questa è un’altra storia.
Siamo alla stregua dei coloni di nuovi territori.
Questa canzone ve la ricordate, vero? Era in uno spot di jeans.
C’erano gli amish, il vecchio west, il cowboy al fiume e le ragazze che lo spiavano…
Ecco, la scrittura non è diversa.
Noi siamo i cowboy al fiume.
E arriverei a dire che siamo pure spiati.
E non è che abbiamo molti più soldi di quel tizio che sta a lavarsi.
Siamo all’arrembaggio del mercato globale, circondati da nemici di varia natura, stiamo strappando fazzoletti di terra ai signori e padroni dell’editoria.
È abbastanza naturale farsi dei nemici.
E la saggia considerazione che c’è posto per tutti e che nessuno ruba niente a nessuno è inapplicabile, perché apparteniamo alla specie umana.
E l’essere umano, in qualunque campo voglia cimentarsi, non ammette concorrenza.
Quindi, ok, ci sta la rivalità, ci sta il boicottaggio, ci sta pure la diffamazione.
No, ok, alt.
Queste cose se le possono infilare nello stesso buco da cui le hanno partorite.
Quello che dicevo è che, nel corso degli anni:
– ci hanno detto che gli autopubblicati erano sgrammaticati. Cosa smentita dai fatti.
– ci hanno detto che gli autopubblicati non avevano editing né copertine professionali. Cosa smentita dai fatti.
– ci hanno detto che siamo ladri e truffatori, perché vendiamo novelette, anziché romanzi. Una gigantesca puttanata smentita dalla logica, prima ancora che dai fatti.
Comunque la realtà non cambia: ci danno addosso, a noi autopubblicati.
Perché stiamo sui coglioni a un sacco di gente.
E più pubblichiamo, più stiamo sui coglioni.
E io sono arrivato al punto tale da farne un vanto. Ci godo proprio. Quindi più ci attaccano, più godo.
Essere nemico di tutti questi tipi che hanno come unica concezione di esistenza il fare corpo e alleanza con qualcuno pur di esistere.
Io, invece, esisto da solo.
Insieme a tanti altri come me.
È diverso, percepite la differenza?
A proposito di pulp: dieci centesimi.
E la strada è davvero, davvero difficile.
Ma forse il viaggio è più bello proprio per questo.
La mia colpa e quella dei miei colleghi?
Scrivere.
È ciò che facciamo: scrivere.
Nell’anno del signore 2014 scrivere, farlo liberamente senza gioghi, senza calarsi le braghe pur di avere una segnalazione, senza parlare bene di tizio e caio perché poi tizio e caio parleranno bene di me sul loro bellissimo blog è, in una sola parola, INACCETTABILE.
E quindi, siccome mi piace star sul culo a molta gente: io continuo a scrivere.
Perché stiamo riempiendo un vuoto colpevolmente dimenticato: la narrativa d’intrattenimento.
Perché vedete, dovete diffidare di chi si dà arie da padreterno della scrittura.
Non si scrive per fare arte.
Non si scrive per essere un autore, o un tizio da 3000 like su facebook.
Si scrive per raccontare storie.
E si fatica, per fare questo.
Con un po’ di allenamento, io sono arrivato a scrivere circa 2.700 parole al giorno, e sono ancora al livello più basso di molti miei predecessori. C’è chi questa cifra la raddoppia, persino.
L’aria da pioniere non l’ho scoperta solo io.
L’abbiamo annusata un po’ tutti.
Il paragone tra Penny Dreadful/Dime Novel e le nostre storiacce, il ritorno del pulp e di formati di narrativa sconosciuti al mondo dominato dalle trilogie letterarie, che poi divengono quadrilogie cinematografiche da trilioni di dollari, sono realtà.
Perché la maggior parte della gente vuole, data la mancanza di tempo, leggere, e farlo velocemente. non vuole aspettare cinque anni per conoscere la fine di una storia.
Quindi noi produciamo narrativa d’assalto, che si legge anche in tram.
Che a pensarci, se ha funzionato per un digestivo, può funzionare anche per noi.
Perché, come sopra, non ci diamo arie da signori intellettuali destocazzo.
Pensateci, è un tipo di scrittura che non può avere padroni o controllori, perché è mutevole e adattabile alle circostanze; è un po’ come se la stampassimo illegalmente nelle cantine delle nostre case, e andassimo a vendere i nostri foglietti al mercato, al prezzo di un penny.
Noi facciamo ebook.
Il nostro mercato è globale.
E quindi abbiamo una possibilità che i nostri predecessori non hanno mai avuto.
Dobbiamo goderne, incuranti degli sputi che riceviamo, soprattutto perché possiamo, a nostra volta, rispondere agli sputi.
Mica è necessario porgere l’altra guancia, in quest’inferno.
Solo che bisogna scrivere tanto: livelli di scrittura mai raggiunti prima.
È come se, con la sola quantità di materiale scrittorio prodotto, si potessero zittire tutte le voci contrarie.
E poi, non dimentichiamo, che pubblichiamo belle storie.
Sì, lo facciamo.
Per cui a quelli come me, che siate blogger o scrittori o vlogger, dico: continuate. Mandate affanculo chi vuole pagarvi in visibilità e sommergeteli di parole, i mezzi ve lo consentono, internet ve lo consente. Affogateli.
Soundtrack: Disturbed – Voices