
Sonia Caporossi, “3 Gennaio 2013, Tramonto”, 2013
Di SONIA CAPOROSSI
La funzione postmoderna dell’arte
Poesia è conforto di un istante
Mentre tutto intorno giace rattrappito
Esalando promesse al futuro nevercome
Le estranianti sinottrie di un impegno da seguire
Ecco l’uomo nudo, lapidato
Pietre segniche che schizzano dal suo cranio scoperchiato
Gli ricadono sfinite noncuranti tutte addosso
Lapilli masnadieri dal vulcano informe della sua coscienza
Poeta, un transgender della sua follia
Giordano Bruno ridotto al lumicino
Senza più alchimie da sovvertire
Né formule elitarie da occultare
Nella tasca segreta delle sue mutande
Poesia è il vomito di un istante
L’alleggerirsi scabro di succhi gastroenterici
Un dito immerso nell’egolatria
Della Musa di turno,
nei suoi affreschi vaginali.
(10/02/2002)
Io scrivo
… E l’impegno di portarmi sempre
questo calvario addosso
questa fellatio esausta delle mie pagine bianche
alla punta fallocentrica polipale
- venature d’inchiostro erette a filo d’aria -
del mio cosmico, sfottuto, bastardissimo EGO.
(10/02/2002)
Io scrivo II
I miei versi a colori
Deep blur emozionale a schizzi viola
Trasgressioni cromatiche tinte di vita
Innocenti espressioni di una cruda varietà
Forme vuote nel segno di Dio
Infisse come stelle cieche nell’orbe del mio cielo
Racimolate sulle sei facce del dado
S’avvicendano mentali, una pigra ipocrisia
Guardando dal di sotto la realtà meno che umana
Come ancelle di una mano priva di divinazione
Che il futuro qui non trova, bensì crea e non distrugge.
(11/02/2002)
Io scrivo III
Noi poeti
Villeggianti di opinioni
Fatichiamo a riconoscerci per strada
Ruttiamo versi stanchi sulla tavola imbandita
Della nostra vilipesa umanità
Mentre
Feroci crocicchi di pensieri avversari
Si scontrano e si incontrano nelle pagine interiori
Col taccuino scoperchiato sulla tazza del cesso
Come adesso mentre penso, parlo, respiro e scrivo.
(11/02/2002)
Io scrivo IV
Invenzione
È un respiro ritrovato
Nel coraggio dell’ignavia
Tra pensieri palombari
Incagliati nell’apnea.
(11/02/2002)
In Bus
Ripetimelo tu che cos’è un uomo
La cruda essenza dell’essere invoca l’apparire
Un vacuo femminino mi assiste incuriosito
Mentre getto sul foglio le mie perplessità
Che cosa è la poesia, necrosi di un istante
Una scabra pellicola di sangue ormai rappreso
Si stacca come una membrana rilassata e inflaccidita
Rimane solo il caldo che di umano non ha nulla
Nella chiusura asfittica di un antro d’ospedale.
(Autunno 2005)
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