Slitta a gran velocità alle prime posizioni della mia personalissima classifica dei preferiti, questo irresistibile albo di Bénédicte Guettier, autrice ed illustratrice francese, pubblicato in Italia da Edizioni Clichy.
Come forse i miei lettori più affezionati sapranno, amo particolarmente le storie un pizzico irriverenti, nelle quali si cede al gusto, molto liberatorio, di qualche piccola rivincita, non certo intesa come vendetta ma bensì come sana affermazione di un senso di giustizia che, esulando dal comune benpensare, rivela la sovversiva, ma condivisibilissima, moralità dell’infanzia.
Se si osservano con attenzione i loro giochi, ci si accorgerà che la linea di demarcazione tra azioni giuste ed azioni sbagliate è, per i bambini, piuttosto ferrea. Diretta, istintiva ma con nessuna inclinazione a cedere ai compromessi e buonismi tipici degli adulti.
Punire i colpevoli, quindi, nelle loro finzioni, è un dovere molto salvifico, ben venuto ed accettato pacificamente anche là dove è manifestata una punta di “cattiveria”. Cattiveria che, appunto, non è mai crudeltà, ma piuttosto il pepato condimento di un atto che sancisce, mette ordine e ripristina la giustizia.
Quando poi in una storia la giusta rivendicazione (“giusta” ovviamente secondo il codice morale del racconto) spiazza e sorprende, questa riesce a suscitare, allo stesso tempo, un’ esclamazione di istintiva approvazione e una piena e gustosa risata.
L’albo di Bénédicte Guettier è chiaramente costruito intorno ad un atto di spiazzamento, il quale, verificandosi alla fine della storia, permette al lettore di chiudere con estrema soddisfazione il libro, regalandogli un senso di appagamento molto pieno.
Il colpo di scena finale risulta però così divertente perché si poggia su una storia sapientemente costruita, non soltanto sui ritmi ma, soprattutto, sulla preparazione emotiva del lettore.
L’aspetto interessante da notare è che qui l’effetto sorpresa non ha la funzionalità di rovesciare, bensì di confermare quello che potremmo definire il contenuto pedagogico dell’albo (intendendo il messaggio sul quale l’autrice vuole suscitare riflessione e rielaborazione emotiva da parte del bambino).
La conclusione suggella ciò che in tutte la pagine precedenti è stato raccontato. E lo fa categoricamente, con una forza dirompente che, mentre fa ridere, pone un sonoro punto non soltanto alla storia, ma anche ai significati ai quali, dietro le righe e i colori, la Gueterrier fa allegramente l’occhiolino.
Con un tono narrativo accogliente e pacato l’autrice ci narra le vicende di una signora gallina, serena e appagata della sua tranquilla vita in campagna con i suoi cinque piccolini.
I figlioli della gallina vengono chiamati “bambini”, termine ovviamente non tecnicamente corretto ma perfetto in primo luogo perché immediatamente comprensibile dai piccoli lettori (tutti i bambini chiamano i cuccioli “bambini”, perché li percepiscono loro simili per esigenze, dipendenza dai genitori, perché individui in crescita, perché vogliosi di gioco, di esplorazioni…). In secondo luogo perché viene subito aperto il canale dell’immedesimazione, sul quale il bimbo è invitato a muoversi.
La gallina ha un gran daffare: i suoi cinque bambini sono ancora molto piccoli. Tre sono addirittura uova non ancora schiuse, il quarto pulcino si porta ancora appresso il guscio e l’ultimo è…un coccodrillo!
Un piccolo alligatore capitato nella covata per caso ma, nonostante la ben visibile dissimiglianza, accolto con amore dalla mamma pennuta che, nel dispensare cure, non fa differenze tra piume gialle e verdi squame.
L’unico cruccio della buona signora gallina è un fastidioso mal di denti che non può curare. Più che altro è una questione di tempo: non riesce a ritagliare qualche ora per andare dal dentista.
Qui scatta sicuramente la partecipata comprensione da parte dei genitori lettori che ben sanno come è dura ricavare spazi per i propri bisogni quando i figli sono piccini.
Anche i bambini ascoltano qualcosa di familiare, dato che mamma e papà non faranno, nella quotidianità, nascondimento della gran quantità di tempo da loro assorbita.
Ma la nota d’amore è chiara, la rassicurazione per tutti immediata: la gallina, come i genitori, è felice di accudire i suoi piccoli e la sua vita è dichiaratamente “così bella”.
Il mal di denti, si sa, è piuttosto invasivo. Alla nostra pennuta, per quanto paziente, non resta che caricare tutti i suoi cuccioli su un autobus e recarsi i città per la necessaria visita medica.
L’eccitazione è palese: nessuno tra pulcini e coccodrillo ha mai preso un bus. C’è da stare composti ma qualche zampetta freme e, una volta a bordo, non si può non esultare un po’.
Da notare la corrispondenza delle emozioni dei piccoli della gallina con quelle che probabilmente tutti i bimbi lettori proverebbero in simili circostanze.
La Guettier le esprime con semplicità e chiarezza, in un connubio perfetto ed efficace tra parole e immagini. Anche la protagonista pennuta si comporta in maniera inequivocabilmente materna dispensando gesti e attenzioni come molte madri “umane”.
Il risultato è, ancora, una facile e spontanea immedesimazione, che agevola la partecipazione e amplifica i contenuti.
Il dottore visita tutti, diligentemente uno alla volta, ma per i mamma, uova e pulcini l’intervento è inutile perché…beh, nella frenesia degli impegni figlieschi, la cara gallina si era dimenticata di non avere i denti!
E questo parrebbe un colpo di scena ma, di fatto, non lo è. E’ un dato dichiarato piuttosto en passant.
Chi legge sorride, incamera l’informazione ma non ha tempo di soffermarsi più di tanto, né porsi domande, perché l’attenzione è ora rivolta al piccolo alligatore.
Tocca al coccodrillo infatti di sedersi sulla poltrona del dentista e lui sì che di zanne ne possiede una bella fila.
Va infatti curato e ci scappa pure una ramanzina sulle sue abitudini alimentari che prediligono dolciumi e caramelle (alcune, ironicamente, perfino a forma di coccodrillo) anziché una salutare – e naturale – porzione di carne.
Non svelo il finale che, come ho anticipato in apertura, è pienamente gustoso e adorabilmente cattivello. Strappa al lettore una sentita esclamazione di stupore e soddisfazione, centra in pieno il candido ma severo senso di giustizia dell’infanzia e corona il messaggio più lampante dell’albo. Cioè quello che concerne la possibilità concreta di amore pur nella diversità.
Si ciarla infatti tanto di presunta naturalità della famiglia, che secondo alcuni deve necessariamente essere quella formata da un individuo di sesso maschile, uno di sesso femminile, con i propri legittimi figli.
Con una chiusa spiazzante e divertentissima l’albo mostra tutta l’assurdità di tale visione: naturale non è altro che l’amore, qui quello di un piccolo coccodrillo per la sua tenera e simpatica mamma gallina e i suoi fratellini e sorelline.
Che si voglia raccontare di adozione o, come più probabile, di tutte la varietà di famiglie, amori e legami, della bellezza di scegliere e di scegliersi, dell’integrazione che è possibile, delle definizioni e le imposizioni che sono ridicole e spesso inadeguate, poco importa. Come per tutti i libri belli l’importante risiede nell’eco che il racconto richiama; l’interpretazione, se fosse necessaria, è lasciata alla sensibilità delle varie rielaborazioni personali.
Il bambino piccolo non ha necessità di individuare una tematica ma sicuramente fa sua la sostanza: il coccodrillo è più che legittimamente figlio della gallina e come tale si è comportato. E al dentista, ben gli sta. La risata non è solo un piacere ma anche un sollievo più che legittimo.
Sorridenti, gaie e colorate, ma anche tenere e buffe, le illustrazioni sono nella loro semplicità efficacemente espressive e molto divertenti. Grandi bordi neri che le lasciano ben risaltare sugli sfondi, una scelta stilistica lineare e pulita ma una grande chiarezza nel rappresentare il legame affettivo, la vivacità dei piccoli, le emozioni narrate.
Un albo da non far mancare sullo scaffale dei bambini e da tenere bene a mente qualora si vogliano programmare letture ad alta voce per gruppi. Successo garantito.
(età consigliata: dai 3 anni)
Se il libro ti piace, compralo qui: La gallina che aveva il mal di denti