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La gaya scienza di Scalfarenzotto

Creato il 11 maggio 2015 da Albertocapece

IFuneraliDiBelusconiNei giorni scorsi abbiamo assistito a un nuovo e forse ultimo capitolo della lunga abiura della sinistra: una storia lunga un quarto di secolo che prende le mosse dalla crisi dell’Urss per non fermarsi più, lungo una china inarrestabile. Dalle abiure di Ferrara, prototipo del giornalista e ideologo a padrone, fino a quella di Serra che ormai non sa più come gridare la sua fede in Renzi o quella clamorosa di Scalfarotto impegnato nella difesa ad oltranza e senza vergogna dei candidati omofobi della Campania. Per finire con l’ultima presa in giro della Spinelli che ha lasciato l’Altra Europa con Tsipras nella quale era stata eletta anche grazie  alla promessa non mantenuta di lasciare ad altri il seggio. Non mi pronuncio sullo spessore del personaggio perché con la mia vista non mi occupo di misure millimetriche, ma mi domando come sia potuto accadere che questa figlia di illustre genitore liberale e ontologica amica di banchieri, editorialista di Repubblica, ma soprattutto  della Stampa  possa essere stata considerata una persona a sinistra se non per via salottesca.

Si è trattato, come dice Daniele Luttazzi, di una specie di golpe al rallentatore? Oppure è solo la rivelazione e la messa in opera della mutazione che si è svolta in tempi così lunghi da evitare la crisi di rigetto delle vecchie generazioni e ingannare quelle nuove deideologizzate? Non saprei, di certo le premesse c’erano tutte già nel Pci post berlingueriano e si sono via via squadernate attraverso Pds, Ds , governo D’Alema, Pd  e Renzi, come in un angoscioso morphing. Sta di fatto che dopo le elezioni amministrative del ’93 Occhetto, intervistato da Alberto Stadera, rivela che lui non sa cosa farsene di Marx e anche di Keynes, che crede nel mercato e così pure fa Trentin, mentre il rifondatore Cossutta esprime grande fiducia nelle privatizzazioni.

Era già tutto lì, non solo visibile, ma persino scandaloso. Tanto che Amartya Sen, intervistato da l’Espresso, sempre nel ’93,  dice: “è fatale  che un Paese scosso dagli scandali politici venga colto dalla tentazione di ritenere che il liberismo di per sé risolva alla radice ogni problema di corruzione o di frode”. Concetto, alibi, istinto che egli considera una sciocchezza, ma che sotto un diverso intreccio, è tutt’ora massicciamente presente in una larga fetta di piccola borghesia italiana convinta che senza ruberie, corruzione e spese della politica tutto andrebbe a meraviglia.

Però quello che mi interessa capire è come mai questa mutazione della sinistra già così in agguato ancor prima dell’avvento del Cavaliere, abbia potuto rimanere mimetizzata per tanti anni e procedere praticamente senza ostacoli passo dopo passo. Certo l’anti berlusconismo ha fornito un facile schermo per la mutazione, ma questa è stata possibile solo grazie al progressivo distacco dalla base popolare e al restringersi dell’ambiente a un corto circuito tra politica e media, alla formazione di clan per cooptazione a circoli di amici, dei celeberrimi salotti e  insomma di un ambiente chiuso e spesso privilegiato dove alla fine ci si può dividere e scannare, ma senza mai contestare davvero le figure di riferimento e metterle di fronte alle loro responsabilità che sono poi quelle di tutti. Così tipi come Veltroni, Vendola, Scalfarotto e quant’altri,  la lista sarebbe troppo lunga, rimangono paradossalmente sempre e comunque dei punti fermi, qualunque cosa dicano e facciano. Di qualunque cosa ridano. Con loro si discute fingendo che siano di sinistra e perpetuando questa sorta di ipocrisia. Del resto essendo diventato scandaloso e impresentabile far riferimento all’ideologia la definizione di sinistra si applica ormai a singoli moduli e schemi fissi, spesso appartenenti a un’altra era, in totale assenza di una visione complessiva che saldi questi “pezzi”  tra loro e non li lasci ad arrugginire come rottami. O peggio ancora li custodisca gelosamente per farli utilizzare come armi letali dalla reazione come avviene con la moneta unica e la cara Europa di banche e banchieri. Così adesso c’è gente che senza vergogna può dire, in virtù di etichette bugiarde e contraffate nelle botti del liberismo, che Renzi è di sinistra.

Purtroppo tutto questa analisi serve a ben poco. C’è invece da chiedersi se questo ambiente di riferimento sia in grado di produrre un progetto prima sociale e poi politico alternativo al pensiero unico e ai suoi fattorini, invece di limitarsi ad arginare e criticare i singoli progetti reazionari che sono in campo. Insomma se ha la forza di giocare come protagonista e non solo di rimessa.


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