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La genetica dell’ippocampo: dall’invecchiamento all’Alzheimer

Creato il 30 aprile 2012 da Roberto1972

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La genetica dell’ippocampo: dall’invecchiamento all’Alzheimer

Può capitare nello scenario della ricerca scientifica, che gruppi indipendenti di ricercatori perseguano gli stessi obbiettivi e che, con approcci più o meno simili, arrivino ai medesimi risultati: tutto questo solitamente non rappresenta uno smacco, almeno in termini di conoscenze scientifiche, anzi serve per avvalorare le nuove scoperte e per dare precise indicazioni sulla strada da seguire per le successive ricerche.
Questo è quanto sta accadendo nella comprensione della genetica che regola le dimensioni, e in ultimo l’attività, del nostro cervello. Contemporaneamente alla pubblicazione dei risultati del Progetto ENIGMA con i quali sono state individuate delle varianti genetiche che si associano a differenze anatomiche nei centri dell’apprendimento e della memoria [ http://goo.gl/FToU1 ], un altro progetto ha studiato i fattori genetici alla base dell’invecchiamento del cervello; in particolare, i ricercatori si sono concentrati sull’atrofia dell’ippocampo, una regione che svolge un ruolo importante nella memoria a lungo termine, e le cui alterazioni strutturali sono tipiche dell’Alzheimer [ http://goo.gl/NbsBX ].
Attraverso la valutazione della genetica e della risonanza magnetica in oltre 9.000 individui di età compresa fra i 56 e gli 84 anni, anche in questo caso sono state individuate precise regioni genomiche che si associano ad una riduzione del volume dell’ippocampo. Diversi potrebbero essere i geni responsabili delle alterazioni strutturali a cui può andare incontro l’ippocampo, sia nel corso del fisiologico invecchiamento sia in caso di patologie neurologiche quali l’Alzheimer; questi studi di genomica su larga scala, evidenziano in particolare il ruolo esercitato da geni coinvolti nella morte cellulare, nello sviluppo e nella migrazione delle cellule neuronali e nello stress ossidativo. Il chiarire questi target genetici è il primo passo, da una parte per capire i meccanismi molecolari alla base della senescenza del nostro cervello, dall’altra per individuare precocemente, attraverso l’analisi del DNA, i soggetti più a rischio di sviluppare delle malattie neurologiche invalidanti.

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