La gerarchia dei mestieri
(Cicerone, De officiis, 1,150)
Infine intorno alle professioni e ai mezzi di guadagno, ad un dipresso sappiamo questo circa quelli che sono da considerare liberali, e quelli invece degradanti. Si criticano in primo luogo quei guadagni che suscitano l'odiosità fra gli uomini, come quelli degli esattori o degli usurai. [...]
Il commercio poi, se esercitato alla spicciola, è da considerarsi indecoroso; se poi lo è in grande, importando le merci da ogni dove e distribuendole a molti senza ricorrere a frode, non è affatto da biasimare [...] Ma di tutte le occupazioni rivolte al guadagno nessuna è meglio dell'agricoltura, nessuna più redditizia e piacevole, nessuna più degna di un uomo e di un
(trad. L. Ferrero-N. Zorzetti)
Iam de artificiis et quaestibus, qui liberales habendi, qui sordidi sint, haec fere accepimus. Primum improbantur ii quaestus qui in odia hominum incurrunt, ut potitorum, ut feneratorum. [...] Mercatura autem, si tenuis est, sordida putanda est; sin magna et copiosa, multa undique apportans multisque sine vanitate impertiens, non est admodum vituperanda [...] Omnium autem rerum, ex quibus aliquid adquiritur, nihil est agri cultura melius, nihil uberius, nihil dulcius, nihil homine, nihil