C’è un semplice detto in economia: gli investimenti di oggi sono la crescita di domani. Oggi più di ieri ci stiamo accorgendo, soprattutto noi italiani, che la mancanza di investimenti mirati ed oculati negli anni passati, si sta rivelando un handicap per la nostra economia. Investimenti mancati nelle infrastrutture, nei trasporti, nell’istruzione per non parlare d’impianti produttivi e macchinari, Sulcis e Ilva sono solo gli esempi più lampanti. Tra i tanti motivi per cui l’austerità e i vincoli di bilancio imposti dall’UE, non solo all’Italia ma anche a tutti i Paesi europei colpiti dalla crisi, sono da considerarsi sbagliati e pericolosi, l’impossibilità per gli Stati e i privati di invertire questa mancanza d’investimenti è forse il più colossale, perché sposta l’obbiettivo della crescita sempre più lontano.
Ma, se credete che questa mancanza di “visione”, di prospettiva futura, sia solo la punizione inflitta ai Paesi che “non hanno fatto i compiti a casa”, vi sbagliate. Se credete che il dogma dell’austerità valga solo per noi, mentre la Germania sta investendo il suo vantaggio per costruirsi un futuro di maggiore crescita. Vi sbagliate, di grosso.
“La Germania sta consumando le proprie riserve. I ponti sono fatiscenti, le fabbriche e le università sono in deterioramento, e non si spende nemmeno abbastanza per mantenere le reti telefoniche. Tutto ciò si ripercuote in un massiccio impoverimento del paese”. Questa è solo una delle conclusioni a cui è arrivato non un fanatico antitedesco, ma bensì il Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung (DIW), l’Istituto tedesco per la ricerca economica di Berlino, in uno studio di recente pubblicazione. Lo studio, ripreso da un articolo del Der Spiegel, sottolinea come a dispetto dei proclami politici in vista delle imminenti elezioni, le politiche di risparmio di bilancio e la mancanza d’investimenti, hanno portato i ricercatori del DIW a sostenere che: “A dispetto di tutti i successi degli anni passati, la Germania non ha creato alcuna base di investimenti per assicurarsi una crescita robusta.”.
Il punto di partenza dello studio è che:“Sebbene la Germania abbia sopportato la crisi economica e finanziaria meglio di tutti gli altri grandi paesi industrializzati ed abbia creato più di un milione di nuovi posti di lavoro, ciò è avvenuto più che altro grazie ad anni di repressione salariale permessa dai sindacati nazionali.” Questa è probabilmente una della critiche che viene riproposta più spesso contro la riforma del lavoro Hartz 4, che molti osservatori italiani insistono ad augurarsi per il sistema sindacale anche del nostro Paese. Ma il sindacalismo non è l’unico pilastro economico teutonico messo in discussione dallo studio del DIW, anche la famosa produttività tedesca viene ridimensionata. Secondo i ricercatori, la produttività, aspetto decisivo per la crescita e la prosperità a lungo termine, in questi nuovi posti di lavoro è stata poco rilevante, tanto quanto la domanda dei consumi interni che non ha agito da traino per la crescita. L’istituto di Berlino punta il dito sulla carenza cronica di investimenti come la causa principale di questa scarsa produttività. Sia lo Stato che il settore privato spendono troppo poco in infrastrutture, istruzione, impianti produttivi e macchinari.
Le cifre parlano molto chiaro: “La quota degli investimenti, ossia la proporzione del prodotto nazionale impiegato per fare investimenti, è in declino da anni. Nel 1999 era ancora al 20%, ma oggi è scesa ad appena il 17%. Anno dopo anno, sono mancate decine di miliardi di euro fortemente necessari per la manutenzione di autostrade, ferrovie e macchinari. A partire dal 1999 i rinnovamenti non fatti si sono sommati fino ad ammontare ad un colossale arretrato di mille miliardi di euro.” Se i governi tedeschi avessero effettuato investimenti in media ai restanti Paesi dell’Eurozona, secondo i calcoli dei ricercatori del DIW, “la crescita pro-capite sarebbe stata maggiore di un punto percentuale ogni anno – e oggi i tedeschi sarebbero molto più ricchi.”
Ora, non stiamo dicendo che i tedeschi sono poveri, per carità, ma a fronte di un alto tasso di risparmio, i cittadini tedeschi non solo hanno portato molti dei loro soldi all’estero, ma molti dei loro investimenti si sono rivelati infruttuosi o sbagliati: “Dal 1999, gli investitori tedeschi hanno perso qualcosa come 400 miliardi di euro per via di cattivi investimenti all’estero.”
Gli economisti del DIW traggono una conclusione ben chiara dalla loro analisi: il governo di Berlino deve spendere più soldi in centri di assistenza e linee ferroviarie e intanto creare incentivi per maggiori investimenti privati in settori come quelli dell’energia e delle telecomunicazioni. Secondo Marcel Fratzscher, capo del DIW, un investimento di 75 miliardi di dollari all’anno non solo aiuterebbe ad alimentare la crescita interna, ma sarebbe anche:“di aiuto per l’economia spagnola e quella italiana.” Quest’investimento non è conseguenza diretta di un accumulo di maggior debito, ma ad una riallocazione delle risorse dove producono maggiori benefici economici.
La conclusione che si trae dallo studio del DIW secondo l’articolo del Der Spiegel è lapidaria:“I tedeschi risparmiano di più rispetto alla maggior parte di coloro che vivono nel mondo industrializzato, ma investono molto poco nel proprio futuro, il che li rende economicamente molto più deboli di quanto i leader politici si rendano conto. Secondo lo studio, la Germania “si sta ammazzando di risparmio”.