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La gioia

Da Alessandra @aluzzingher
Continuando il discorso dell'altro post, vero è che alcuni Ebrei che subivano l'Olocausto, avevano perso la loro fede in Dio, o almeno, erano giunti a dubitare della sua presenza. Nel film sopracitato, “Il pianista”, alcuni Ebrei vedendo la grande sofferenza che subivano, comLa gioiamentavano di dubitare della presenza di Dio... E come biasimarli? Ciò che noi vediamo nelle fotografie raccapriccianti, loro lo avevano visto realmente. Noi voltiamo lo sguardo inorriditi, oppure cerchiamo di evitare di pensare, loro erano costretti a sotterrare i corpi di familiari e amici con l'obbligo di non lasciar intravedere alcuna emozione sia positiva che negativa, pena la vita. Sto parlando dell'Olocausto, ma tali riflessioni sono applicabili a qualsiasi altro genocidio o guerre che passano sotto silenzio visto che non implicano il commercio del petrolio. Basti pensare alla tragedia consumatasi nei Balcani nel '90; alle guerriglie nel continente africano tra tribù differenti che di certo non andavano per il sottile usando machete e asce per farsi “giustizia”e sterminare così intere famiglie; alla tragedia degli Armeni più volte braccati dai Turchi; alle persecuzioni dei cristiani ad Algeri dove fu massacrata un'intera comunità di cistercensi. A tale proposito vi consiglio la visione del film “Uomini di Dio” che racconta semplicemente la loro storia, umana e spirituale, fatta di paura, redenzione, olocausto, croce e resurrezione.Insomma, è l'odio umano che prende corpo in violenze camuffate da idee politiche, religiose, tribali, ma che, in verità, non ha alcuna giustificazione. Eppure in un luogo lugubre come un campo di concentramento nazista, dove si impazziva per la sofferenza o sempre più spesso si sceglieva la morte volontaria, si poteva assistere ad atti eroici d'amore. Viktor Frankl ha raccontato questi episodi nel suo libro “Uno psicologo nei lager”: egli aveva osservato che in luoghi come quelli o s'impazziva, si diventava assolutamente egoisti, capaci solo di perseguire la propria incolumità, oppure si era capaci di atti di amore eroico. Egli studiò l'atteggiamento degli internati e aveva osservato che coloro che sublimavano la propria esperienza di sofferenza nell'offerta a Dio, sapeva vivere felicemente anche in un lager e morire serenamente perdonando persino i suoi aguzzini. Com'è possibile? Eppure sono storie vere. Viktor Frankl ha raccontato queste vicende e le ha viste con i propri occhi. Ha dimostrato che anche in una condizione terribile, sia fisica che psicologica, si può essere felici e altruisti! Nel mondo cristiano tanti sono riusciti a morire martiri in un campo di concentramento, basti pensare a Edith Stein, a Massimiliano Kolbe. Hanno affrontato il loro martirio con dignità, a testa alta, facendo tremare la mano dei loro stessi boia, come d'altronde hanno fatto i primi cristiani. Allora il segreto della felicità non sta in quello che ci accade, nelle contingenze della vita, ma in una intensa vita cristiana, nella visione di una vita eterna...

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