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La gnocca e i mutui

Creato il 08 ottobre 2011 da Faustodesiderio

Da una parte ci sono la buvette, la gnocca e le barzellette, dall’altra i mutui, le tasse e i licenziamenti. Nel mezzo c’è il presidente del Consiglio che dice: “Arriva un altro, ma poi che fa?”. Pausa. “Mi fanno ridere”. Scusate, ma è questo il quadro del Paese. Silvio Berlusconi, che un tempo aveva dalla sua il senso della realtà, ora non solo l’ha perduto, ma non ha vergogna a mostrarsi nudo. Tanto per iniziare, un altro al suo posto, caro presidente, eviterebbe di condurre la politica economica alla buvette, lascerebbe da parte le barzellette e anche battute del tipo: “Sto pensando di cambiare nome al Pdl: il nuovo nome sarà Forza Gnocca” (a proposito, qualcuno gli dovrebbe anche dire che chi ne parla molto non la vede mai). Già solo un cambiamento così sarebbe salutare per il Paese e la sua economia. Perché è chiaro a tutti che il fattore crescita è legato a doppio filo al fattore credibilità. La credibilità è come la fede: una volta persa, non te la puoi ridare da solo.

Il dissidio con Giulio Tremonti è anche su questo terreno. L’uscita del ministro dell’Economia sulla Spagna che va meglio perché si sa che li ci saranno a breve le elezioni significa proprio che lì hanno puntato sul recupero della credibilità. In Italia, invece, si punta a bloccare le intercettazioni. Lo diciamo con semplicità come nostro solito: possiamo anche essere d’accordo sull’uso barbaro delle intercettazioni telefoniche, ma non crediamo che ora  – ora -  sia questa la priorità italiana. Il governo e la maggioranza si impegnano e si ingegnano sul provvedimento per le intercettazioni come se da quella legge dipendesse il destino delle famiglie italiane, il valore dei titoli di Stato, la crescita economica che era e resta il problema che tutti abbiamo davanti.

Se l’economia è ferma  – la peggiore in Europa -  il governo non se ne può lavare le mani come se non avesse voce in capitolo e come se non avesse responsabilità. Solo all’inizio di quest’anno, il ministro Tremonti era ancora considerato un ministro autorevole e le sue apparizione in televisione in trasmissioni di prima serata erano seguitissime. Tutti pendevamo dalle labbra del professor Tremonti che “tiene i conti a posto”. Ci siamo tutti rassicurati su questa politica da ragioneria perché si raccontava la storia che noi abbiamo tutti i fondamentali in ordine e quindi la crisi non ci può toccare. Anzi, durante la primavera si era già fatto un passo in avanti e il governo diceva che ormai il peggio era passato, ancora un po’ e sarebbe arrivata la ripresa. Ancora un po’, invece, e ci siamo ritrovati nella bufera in piena estate, mentre il ministro dell’Economia più autorevole degli ultimi tempi diventava per tutti un problema.

Il capo del governo e il responsabile delle Finanze non si parlano a Palazzo Chigi né alle spalle della statua di Quintino Sella. No, preferiscono farsi vedere in pubblico, fare due passi in Transatlantico e bere qualcosa alla buvette per poi dire: “Va tutto bene, se c’è un periodo in cui con Tremonti stiamo lavorando in assoluta concordia, ebbene, è questo”. Peccato che altri esponenti del governo ne abbiano chiesto le dimissioni, lo abbiano insultato, mentre Giuliano Ferrara  – uno che non parla a vanvera -  gli abbia detto in diretta televisiva di piantarla. Come se non bastasse, lo stesso Tremonti ha precisato dopo le rassicurazioni del premier: “Abbiamo idee diverse sui soldi”. I soldi ce li mettiamo noi, è chiaro.

La situazione è questa e anche se Vittorio Feltri sostiene che a questo governo non ci sono alternative, è evidente a tutti che dobbiamo avere alternative altrimenti siamo spacciati sotto le barzellette di Berlusconi che ormai fanno ridere solo lui e quelli che sono pagati per ridere. L’alternativa è semplice: se non vuole passare la mano ad un altro del suo partito, può dire che si andrà a votare a breve. Lo faccia e vedrà che i mercati  – come si usa dire oggi, ma la realtà è questa -  reagiranno positivamente. Bossi già lo ha fatto e  – guarda caso -  lo ha fatto poco dopo che il capo del governo se la rideva al pensiero di doversi fare da parte.  In questa situazione grottesca dovrebbe venir fuori uno straccio di provvedimento sullo sviluppo che è annunciato da tempo, ma ogni volta si sposta in avanti l’asticella: c’è sempre una prossima settimana. Berlusconi prende tempo. Prende tempo per provare a incerottare la sua leadership, ma più prende tempo e più perde tempo e più la sua leadership è come le rovine di Pompei gestite dal ministero dei Beni culturali (perché di per sé le rovine non sono male). Non c’è giorno che un deputato non dica che “Berlusconi non si ricandiderà più”. Lui stesso ha pensato  – lo sanno tutti, anche la figlia Marina -  di andare in televisione e annunciare il suo ritiro. E mentre pensa a come uscire di scena in maniera decente, il governo è fermo su tutto, fermo sull’economia, fermo sulle riforme mai fatte, fermo su Bankitalia. Il governo è la causa della nostra immobilità: è come una macchina il cui motore gira a folle. A pensarci bene, potrebbe andare peggio: se innescano la marcia finisce che andiamo definitivamente fuori strada. Eppure, questi ridono. Il governo se la ride, ma ride da solo. Riso amaro e cinico sulla pelle degli italiani.

tratto da Liberal del 7 ottobre 2011



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