così è arrivato dio. è arrivato che dormivo e mi si è seduto accanto. la notte, chiaramente, non aveva rondini, non frullavano gli storni, forse solo bisbigliava qualche insetto, ma c’era nuvolaglia e mi doleva lo stomaco. girandomi ho battuto nello spigolo e il cassettone ha tossicchiato.
”sono tre giorni che non mangio”
dio taceva.
”oh, dio, vorrei tanto un giorno di sole”
”e sporcare le calze di terra”
”e vedere le persone fare la spesa e accompagnare i figli a scuola. non carezzo da tanto i pitosfori lungo i giardini. e non riesco più a giocare”.
mosso da misericordia, dio ha preso una goccia d’oro. l’ha stretta e l’ha sciolta nella specola dell’unghia e la goccia si è fusa e si è fusa come un pianetino o una lacrima di mercurio. orbita su orbita si è fatta consistente. e vicina. rifugiata nel fondo del bicchiere.
e finalmente l’ho buttata giù.