Furono tre le grandi carestie che colpirono l’isola, falcidiando il raccolto del prodotto principale delle terre, la patata: quella più grave cominciò proprio nel 1845, e si protrasse con forza fino al 1849. Mezzi di coltivazione inadatti, la peronospora, l’errata politica agricola condotta dai dominatori britannici produsse esiti disastrosi: conseguenza della povertà e degli stenti fu la massiccia immigrazione verso nuove terre.
Un evento che ha lasciato echi indelebili nella memoria degli irlandesi, che naturalmente ha trovato echi letterari:
Patrick Kavanagh, con la sua poesia LA GRANDE FAME:
La grande fame
Terra è il verbo e terra è la carne
dove i raccoglitori di patate come spaventapasseri meccanici si muovono
lungo i fianchi della collina – Maguire e i suoi uomini.
Se li guardiamo per un’ora possiamo dimostrare qualcosa
della vita, distrutta dalla fatica sul Libro
della Morte? Qui i corvi schiamazzano sui vermi e sulle rane
e i gabbiani sono soffiati via dalle siepi come giornali vecchi,
per fortuna.
Segue…
ed ecco qualche romanzo:
Joseph O’Connor
Stella del mare, Guanda
Addio alla vecchia Irlanda
“Consideri in che angustie mi trovo. Nelle mie proprietà, da quattro anni, non c’è un uomo che mi paghi l’affitto. La morte di mio padre mi lascia possessore della metà di tutti gli acquitrini del Connemara del Sud, di una grande estensione di sassi e vile torba, e di un mucchio ancora più grande di conti protestati e salari non versati. Per tacere delle ragguardevoli imposte dovute al Governo”. Prese un pezzo di pane, bevve un sorso di vino. “Morire è molto costoso” e sorrise cupamente al Capitano. “A differenza di questo chiaretto, che è roba da quattro soldi”.
Joseph O’ Connor, quarantenne di Dublino, già noto da noi per titoli di successo come Cowboys & Indians e Il rappresentante, con il suo nuovo bellissimo romanzo Stella del mare porta alla ribalta un periodo storico di grande sofferenza per il suo paese, quando, a metà ‘800, una devastante malattia delle patate portò alla fame milioni di contadini, costringendoli all’emigrazione di massa. Il teatro d’azione del romanzo è la nave “Stella del mare”, diretta a New York, che ammassa nella terza classe centinaia di disperati, mentre in prima classe un gruppo di privilegiati trascorre il tempo in lauti pasti e furiosi litigi. Tra questi, un proprietario terriero ormai in rovina ma scelto come capro espiatorio per le colpe della classe aristocratica egoista e crudele, che è braccato da un malvivente imbarcato tra gli emigranti con il preciso compito di assassinarlo. Le storie personali dei due antagonisti, inconsapevolmente uniti dall’amore per la stessa donna, anch’essa sulla nave come governante dei figli del Lord, sono ricostruite attraverso flash back inseriti da un narratore occulto, che è poi uno dei personaggi, un giornalista americano, reduce da un’inchiesta sulla tragica carestia irlandese, che raccoglie materiale sugli eventi di cui è testimone a bordo, e attraverso il diario del Capitano e soprattutto testimonianze dirette, scrive il grande romanzo cui ha sempre aspirato.
Per questa storia assai complessa, circostanziata nella ricostruzione storica e appassionante nella trama che unisce la suspence del giallo e l’intensità dei grandi sentimenti, O’ Connor si è messo sulle tracce di un grande maestro, Charles Dickens (che appare nel libro in un divertente cammeo, intento a frugare i bassifondi cercando materiale per i suoi romanzi) utilizzando quindi un linguaggio che ricrea l’atmosfera vittoriana e rinnova la potenza della scrittura romanzesca nella sua stagione d’oro. Trad. Bocchiola M.
Peter Behrens, La legge dei sogni, Einaudi
Fergus ha quindici anni quando vede i suoi genitori e le sue sorelle morire di fame. Non possiede niente. Solo la rabbia e il desiderio di sopravvivere. Nel suo viaggio verso la salvezza Fergus farà la conoscenza di una banda di banditi bambini guidati da una misteriosa ragazzina, scoprirà i piaceri e le insidie della carne in una casa di piacere a Liverpool, rischierà la vita nei cantieri ferroviari del Galles in un estenuante corpo a corpo con la vita per guadagnarsi il diritto a esistere.
Siamo soliti immaginare la fine del mondo come un evento futuro, un qualcosa che deve ancora avvenire. Dimenticandoci che il mondo è finito molte volte, in molti modi. La Grande Carestia che travolse l’Irlanda a metà Ottocento fu questo: una catastrofe immane che significò la morte per milioni di persone e l’emigrazione in America come unica speranza per altrettanti disperati, in tempi in cui la traversata dell’Oceano era terribile e spesso fatale. Da lì a qualche anno la popolazione dell’isola si dimezzerà.
Raramente la Grande Carestia è stata descritta in una maniera altrettanto vivida e sincera, con una scrittura scabra, affilata, ma allo stesso tempo evocativa e dolente, degna di Cormac McCarthy.
Se la storia è un incubo da cui tentiamo di svegliarci, l’unica scelta per Fergus è sottomettersi alla legge dei sogni. Trad di Maurizia Balmelli
Nial Williams, La nostra vita nelle stelle, Mondadori
rlanda, 1845. Il raccolto delle patate è andato distrutto e ciò basta a scatenare una spaventosa carestia che provocherà in pochi anni un milione di morti, dando il via a un’emigrazione obbligata. Quella di Francis Foley, il patriarca, e dei suoi 4 figli, Tomas, i gemelli Finan e Finbar e Teige è una saga familiare che li porta alla celebre conquista di un appezzamento nelle vergini terre del West, a cui partecipa Tomas, all’isola “segreta” dove il vecchio si rifugia con Teige, al viaggio dei gemelli con una carovana di zingari, alla fuga d’amore di Teige con la moglie di un’altro. Sulle loro vicende dominano i simboli della mitologia celtica e la natura, le costellazioni e le leggende millenarie della loro terra. A. L. Zazo (Traduttore)
Colum McCann, Transatlantic, Rizzoli
Terranova, 1919: gli aviatori Alcock e Brown fanno rotta sull’Irlanda nel primo tentativo di trasvolata atlantica senza scalo, affidandosi, per esorcizzarne gli orrori, a un bombardiere modificato della Grande Guerra. Dublino, 1845: in tournée oltreoceano per promuovere la sua sovversiva autobiografia, Frederick Douglass trova negli irlandesi un popolo aperto alla rivoluzionaria causa dell’abolizionismo, nonostante la devastante carestia che impone ai poveri sofferenze terribili persino agli occhi di uno schiavo americano. New York, 1998: lasciata a casa la giovane moglie e un figlio appena nato, il senatore George Mitchell parte per Belfast con il compito di condurre a termine le trattative di pace nella martoriata Irlanda del Nord. Questi tre emblematici viaggi sono legati tra loro da una misteriosa lettera che attenderà un secolo prima di essere aperta, e dai destini di quattro donne determinate a curare le ferite della vita con la dolce ostinazione della femminilità.
e un bel volume per conoscere meglio la storia dell’isola:
Eugenio Biagini, Storia d’Irlanda dal 1845 a oggi, Il Mulino
Nel corso di centocinquant’anni l’Irlanda ha conosciuto la più devastante carestia dei tempi moderni, è divenuta l’economia industriale d’Europa in più rapida crescita, è passata dalla sussistenza alla globalizzazione avanzata. Insulare ma cosmopolita, monarchica e repubblicana, culla del moderno terrorismo eppure modello di democrazia parlamentare, con la sua cultura popolare, la sua musica e la sua antica lingua, l’Irlanda per gli italiani è ancora poco conosciuta. Questo libro offre un’introduzione aggiornata e critica ai temi e problemi che hanno segnato lo sviluppo di questa nazione nell’epoca contemporanea
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