di Ferdinando BOERO
Vale la pena di giocare ancora un poco sul termine ecologia, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, come parola. Fu Ernst Haeckel a proporla, come variazione sul tema di “economia”. Economia significa le “regole della casa”, ecologia significa “lo studio della casa”. A Haeckel piaceva costruire parole nuove (come Protisti, per indicare tutti gli unicellulari con nucleo), spesso per affinare idee di suoi predecessori. Il concetto di ecologia è ben presente in Darwin e nell’Origine delle Specie il fondatore delle teorie ecologiche ed evoluzioniste parla di “economia della natura”.
C’era davvero bisogno di una nuova parola? Separare l’ecologia dall’economia, col senno di poi, non è stata una buona idea. Darwin fu influenzato moltissimo dal pensiero di Thomas Malthus, un economista e demografo inglese, nato nel 1766. Malthus relazionò il numero di individui con la quantità di risorse disponibili ed ebbe una pensata che ancora stenta a entrare nella zucca di molti economisti: le risorse sono “finite” (nel senso che la loro quantità non è illimitata) e quindi è impossibile che qualcosa che dipende da loro possa crescere all’infinito.
Il mito della crescita infinita è, appunto, un mito. Darwin applicò questo principio all’economia della natura. Marx all’economia, con le crisi ricorrenti del sistema capitalistico, una conseguenza, appunto, dell’impossibilità di una crescita infinita. Darwin sviluppò sull’intuizione malthusiana la teoria della selezione naturale, che altro non è che la teoria dell’ecologia.
Perché è stato dannoso parlare di ecologia e non di economia della natura? Perché questa distinzione di termini ha permesso di considerare le due discipline come separate concettualmente. E infatti, per moltissimo tempo, gli ecologi hanno lavorato considerando la presenza umana come un “disturbo” alle cose di natura, e gli economisti hanno semplicemente “esternalizzato” i costi di erosione del capitale naturale nelle loro analisi costi-benefici. Una bella parolina, esternalizzato, per dire che non li hanno considerati. Li paga qualcun altro. Nell’era industriale questo si è rivelato letale per i sistemi naturali che ci sostengono. Solo recentemente le autorità che gestiscono il nostro vivere (tipo l’Unione Europea) hanno imposto l’approccio ecosistemico che, gran bella scoperta, impone di considerare le nostre attività come parte di sistemi più grandi: gli ecosistemi. E cerca quindi di rimetterci dove siamo sempre stati fisicamente ma da cui ci eravamo estratti concettualmente: nella natura.
Vale la pena, ancora, ricordare una parola che usiamo noi italiani: ecologisti. Il termine è spesso adoperato per definire chi pratica l’ecologia ma, grammaticalmente, questi si chiamano ecologi. Come sono biologi i praticanti della biologia. Cardiologi i praticanti della cardiologia, etc. Perché allora “ecologisti”? Perché c’è gente che scrive in italiano e non sa l’inglese. Ecologo, in inglese, si dice ecologist, biologo - biologist, e così via. E quindi qualcuno ha tradotto ecologist con ecologista. Ce n’era bisogno! Perché ora abbiamo due parole che permettono una distinzione necessaria. Gli ecologi sono i ricercatori che studiano l’ecologia. Gli ecologisti sono cittadini che non necessariamente hanno una preparazione formale in ecologia ma ai quali sta molto a cuore lo stato del pianeta. Il movimento ecologista li rappresenta.
Il fatto che abbiano a cuore lo stato del pianeta è encomiabile e sono un movimento di importanza enorme: è grazie a loro (e non agli ecologi) che si è iniziato a parlare di ambiente anche nel nostro paese. Quando il Club di Roma pubblicò il famoso libro sui Limiti dello Sviluppo (dove si spiega con pazienza che la crescita infinita non è possibile, in un sistema finito) nessuno lo prese sul serio. Gli ecologi furono chiamati Cassandre. Gli ecologisti capirono e si convertirono. È bene che gli ecologisti restino ecologisti. Per diventare ecologi bisogna studiare, non basta il sentimento. Altrimenti tutti i casanova diventano ginecologi… e c’è una bella differenza tra avere un grande trasporto verso qualcosa ed esserne uno studioso competente. L’ecologia è la più antica forma di cultura. Gli umani erano cacciatori e raccoglitori e dovevano conoscere molto bene la natura e le sue regole, per sopravvivere e trarre risorse da essa. Poi abbiamo elaborato concetti più “sofisticati” e ce ne siamo allontanati.
La parola “ecologia” compare più di trenta volte in Laudato Sì, l’Enciclica di Francesco che, nel suo scritto, invoca la conversione ecologica. Il concetto è semplicissimo: siamo parte della natura. Non ci possiamo “pensare” al di fuori di lei. Tutto quello che facciamo si riconduce al nostro posticino nei sistemi naturali, gli ecosistemi. La sostenibilità si riferisce a questo.
Nessuno, che io sappia, ha ancora fatto caso che sono 250 anni che è nato Malthus (1766-2016). I concetti dell’ecologia nascono proprio da lui. Haeckel ha coniato la parola cento anni fa, e va bene. Ma i fondamenti che danno significato a quella parola derivano da Malthus. Festeggiamo anche lui. Tra parentesi, Darwin è nato il 12 febbraio 1809, Malthus il 13 febbraio 1766. Chissà cosa potrebbero escogitare gli astrologi su queste coincidenze astrali. Ricordando che astrologi non è sinonimo di astronomi… Ferdinando Boero © RIPRODUZIONE RISERVATA
Martedì 2 Febbraio 2016, 06:55 - Ultimo aggiornamento: 06:55
Fonte: http://www.quotidianodipuglia.it/pensieri_e_parole/la_grande_differenza_ecologi_ed_ecologisti-1522049.html