La grande famiglia dei Primati

Da Emmecola

Sulla rivista PLoS Genetics è appena stata pubblicata una nuova e più accurata versione della storia evolutiva dei Primati. Il team internazionale coordinato da Jill Pecon-Slattery l’ha ricostruita analizzando il DNA di 191 specie, e in particolare lo ha fatto sequenziando 54 geni: confrontando le differenze osservate per i vari animali, è stato possibile risalire ai vari gradi di parentela e disegnare l’albero filogenetico della grande famiglia dei Primati.

PARENTI ALLA LONTANA
Cominciamo col dire quali sono i parenti più prossimi dei Primati: sono i Dermotteri, un ordine di mammiferi che oggi è rappresentato dai colughi (o lemuri volanti). A dispetto del nome, non sono veri lemuri: i colughi vivono nel Sud-Est asiatico e sono caratterizzati da un’ampia membrana che consente loro di planare da un albero all’altro.

PICCOLO DOLCE LORI
L’ordine dei primati comparve 92 milioni di anni fa, separandosi presto in due sottordini: gli Strepsirrhini e gli Haplorrhini. Dai primi si staccò, circa 69 milioni di anni fa, il gruppo dei Lorisiformi, che oggi comprende il lori lento, il potto e l’agilissimo galagone. Sono tutti animali piuttosto bizzarri, ma il più strano di tutti è sicuramente il lori: guardate com’è tenero in questo video! Non fatevi però ingannare dai movimenti lenti di questa bestiolina. I lori sono infatti gli unici Primati dal morso velenoso: merito delle ghiandole nell’interno dei gomiti, basta una leccatina ed ecco che il vostro cucciolo diventa un terribile assassino. Dal punto di vista genetico i Lorisidi sono molto diversificati, probabilmente perché sono un gruppo molto antico e hanno avuto molto tempo per differenziarsi.

RE JULIEN E I SUOI AMICI
Sempre agli Strepsirrhini appartengono i primati endemici del Madagascar: arrivarono qui circa 60 milioni di anni fa, dividendosi poi in Chiromyiformi e Lemuriformi. Dei primi rimane oggi una sola, curiosissima, specie: l’aye aye. E’ un animale notturno che si nutre di larve: l’aye aye le estrae dai tronchi dopo averne individuato la posizione picchiettando con il suo sottilissimo dito medio, e ascoltando come riecheggia il suono con le sue enormi orecchie.

I primati del Madagascar più noti sono però i Lemuriformi, costituiti da quattro famiglie di lemuri: i Lemuridi (tra cui il celebre catta, o lemure dalla coda ad anelli), gli Indridi (con il lemure più grande – l’indri – i maki lanosi e i “ballerini” sifaka), i Lepilemuridi (con il lepilemure di Milne-Edwards) e i piccoli Cheirogaleidi (che annoverano tra gli altri il microcebo murino).

IL FOLLETTO DELL’INDONESIA
Cosa è successo invece all’altro ramo dei primati, quello degli Haplorrhini? Circa 81 milioni di anni fa hanno iniziato a differenziarsi i Tarsidi, una famiglia di piccoli animali arboricoli dagli occhi enormi, caratteristica tipica degli animali notturni. Oggi i tarsi vivono esclusivamente nel Sud-Est asiatico, ma i resti fossili dicono che un tempo questi Primati erano presenti oltre che in Asia anche in Europa e nel Nord America.

LA SCOPERTA DELL’AMERICA
Dopo aver lasciato i Tarsidi liberi di seguire il proprio percorso evolutivo, gli Haplorrhini si sono separati 43 milioni di anni fa in due grandi gruppi: i Catarrhini (o “scimmie del Vecchio Mondo”) e i Platyrrhini (o “scimmie del Nuovo Mondo”). Come questi ultimi siano giunti nelle Americhe non è ancora chiaro, sta di fatto che i Platyrrhini hanno iniziato a colonizzare tutta l’America Centro-Meridionale, differenziandosi in tre famiglie: i Pitecidi, gli Atelidi e i Cebidi. Appartengono ai Pitecidi lo uacari calvo, la pitecia dalla faccia bianca e i callicebi. Tra gli Atelidi gli esponenti più famosi sono le scimmie urlatrici e le scimmie ragno, mentre i Cebidi, oltre a cebi cappuccini, saimiri e tamarini, possono vantare la scimmia più piccola del mondo (lo uistitì pigmeo, appena 30 cm di lunghezza).

E ALLA FINE ARRIVO’ L’UOMO
Torniamo nel “Vecchio Mondo” per scoprire cosa hanno combinato, invece, i Catarrhini. Circa 32 milioni di anni fa hanno dato origine alla superfamiglia dei Cercopitecoidi, che oggi comprende Colobini e Cercopitecine. Al primo gruppo appartengono la buffa nasica e l’affascinante rinopiteco dorato, mentre le Cercopitecine annoverano babbuini, macachi, mandrilli e cercopitechi. Più o meno 20 milioni di anni fa dal ramo dei Catarrhini si formarono invece gli Ilobatidi, meglio conosciuti come gibboni. Dobbiamo aspettare ancora qualche milione di anni per vedere la famiglia a cui apparteniamo, gli Ominidi: da questa si differenziarono prima gli oranghi, poi i gorilla e infine siamo arrivati noi, dicendo addio a scimpanzé e bonobo circa 7 milioni di anni fa.

Questo studio è importante perché ha permesso di disegnare l’albero dei Primati con un livello di dettaglio e precisione mai raggiunti prima. Benché fondamentale per la nostra evoluzione, questo gruppo di animali non è stato ancora studiato come meriterebbe: solo 12 genomi di Primati sono stati completati fino a questo momento, e finora mancava una visione complessiva delle relazioni filogenetiche tra le varie famiglie. Non sapevamo, ad esempio, quali fossero i parenti più prossimi dei Primati (i Dermotteri), né a quale ramo appartenessero i Tarsidi (Haplorrhini). Abbiamo trovato un posto anche per l’aye aye: è un cugino dei lemuri. Infine, è stata fatta un po’ di chiarezza sulle relazioni di parentela che intercorrono tra le scimmie del Nuovo Mondo. L’origine geografica dei Primati resta però tuttora un mistero, anche se l’albero filogenetico sembra avere radici asiatiche: tutte le specie più antiche (Dermotteri, Tarsidi, Lorisidi) vivono infatti nell’Asia meridionale.

Le bellissime immagini di questo articolo, prelevate da Wikimedia e Flickr e liberamente pubblicabili secondo la licenza Creative Commons, sono rispettivamente di Lip Kee Yap, underwhelmer, Tom Julek, Chris Gin, wstera2, Ipaat, su neko e Thomas Lersch.


Perelman, P., Johnson, W., Roos, C., Seuánez, H., Horvath, J., Moreira, M., Kessing, B., Pontius, J., Roelke, M., Rumpler, Y., Schneider, M., Silva, A., O’Brien, S., & Pecon-Slattery, J. (2011). A Molecular Phylogeny of Living Primates PLoS Genetics, 7 (3) DOI: 10.1371/journal.pgen.1001342


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :