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La ‘grande fuga’ del gas dagli ammassi globulari

Creato il 13 novembre 2015 da Media Inaf

In un certo senso potremmo definirli delle mini galassie nella nostra galassia. Gli ammassi globulari sono infatti enormi e densi agglomerati  che contano centinaia di migliaia di stelle, distribuiti nell’alone della Via Lattea. Lo studio di questi oggetti celesti ha rivelato che in gran parte di essi esistono differenti generazioni di stelle, cronologicamente molto vicine come tempi di formazione, ma di composizione chimica profondamente diversa. Le stelle più giovani infatti mostrano abbondanze di alcuni elementi, come ad esempio l’ossigeno e il sodio, superiori a quelle più vecchie. Indizio questo che il materiale di cui sono composte deve almeno in parte provenire da stelle precedenti che, tramite reazioni nucleari, lo hanno arricchito di specie chimiche più complesse.

Sezione bidimensionale del mezzo interstellare nella simulazione, calcolata ad un tempo di 0.5 milioni di anni. Nel pannello di sinistra è indicata la densita' del gas, mentre in quello di destra è riportata la sua temperatura. A questa epoca, i venti stellari stanno dando luogo a cavita' calde e rarefatte, le quali interagendo causano forte compressione del gas in corrispondenza dei punti di contatto delle varie bolle. Crediti: Calura et al.

Sezione bidimensionale del mezzo interstellare nella simulazione, calcolata ad un tempo di 0.5 milioni di anni. Nel pannello di sinistra è indicata la densita’ del gas, mentre in quello di destra è riportata la sua temperatura. A questa epoca, i venti stellari stanno dando luogo a cavita’ calde e rarefatte, le quali interagendo causano forte compressione del gas in corrispondenza dei punti di contatto delle varie bolle. Crediti: Calura et al.

Comprendere quali siano stati i processi che hanno portato alla differenziazione di queste generazioni di astri è cosa alquanto complessa e argomento di vivace dibattito tra gli astrofisici. Due sono oggi le teorie più accreditate. Una mette in gioco le stelle massicce in rapida rotazione (Fast Rotating Massive Stars, FRMS), le prime ad accendersi negli ammassi. Queste stelle avrebbero sintetizzato i ‘metalli’ ( ovvero gli elementi chimici più pesanti dell’idrogeno e dell’elio) che, rilasciati nell’ambiente dell’ammasso, avrebbero arricchito il gas da cui si sono formate le stelle più giovani.

La seconda attribuisce la maggior responsabilità di ‘fabbriche’ di metalli alle stelle di massa intermedia (circa 5 volte quella del Sole) giunte alla fine del loro ciclo evolutivo, quelle del ramo asintotico delle giganti o AGB (Asymptotic Giant Branch). Tali astri attraversano un ultimo ciclo di combustione nucleare ed espellono la maggior parte della massa sotto forma di gas e polvere, che andrà a costituire una significativa frazione degli ingredienti dei nuovi astri dell’ammasso, arricchiti così di alcuni specifici elementi pesanti. Dal momento che, nella maggior parte degli ammassi, l’abbondanza di ferro è la stessa in tutte le stelle, lo scenario AGB prevede che, prima della formazione delle stelle di seconda generazione, le supernovae di prima generazione devono aver svuotato del tutto il sistema dal gas presente inizialmente e da loro arricchito in elementi pesanti, spazzandolo via con le loro potenti esplosioni.

A rafforzare questa seconda ipotesi è un nuovo studio guidato da Francesco Calura dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Bologna e basato su simulazioni idrodinamiche che tracciano l’evoluzione delle prime stelle formatesi in un ammasso globulare. Simulazioni che sono le prime realizzate su un modello tridimensionale – e dunque più accurato rispetto a quelli finora proposti – realizzate con Galileo, il più veloce supercomputer operativo in Italia, gestito dal consorzio interuniversitario CINECA.

«Lo scenario AGB non era mai stato verificato tramite simulazioni idrodinamiche 3D» commenta Calura, primo autore di una articolo accettato per la pubblicazione sulla rivista The Astrophysical Journal Letters. «Di fatto, esistevano vari argomenti indiretti che avversavano tale scenario, almeno per gli ammassi più massicci: conti approssimati dimostravano che, se si tiene conto dell’energia irraggiata dal gas perturbato dalle esplosioni di supernova, queste ultime non fornirebbero energia sufficiente a disperdere il gas. Le nostre simulazioni, che includono, oltre agli effetti di feedback (cioè contributo energetico) di venti stellari e supernovae, anche altri parametri come l’auto-gravità del gas e le perdite dovute ad irraggiamento, non solo confermano che le supernovae sono sufficienti a sgombrare il gas, ma evidenziano che un ruolo importante nello svuotamento dall’ambiente dell’ammasso lo giocano anche i venti stellari».

«Il nostro risultato – prosegue il ricercatore – è particolarmente importante perché avvalora l’ipotesi dello scenario AGB e dimostra anche che lo scenario antagonista, che coinvolge stelle massicce rotanti segregate nel centro dell’ammasso, risulta meno plausibile. Esso infatti richiede che, durante tutta la durata delle esplosioni di supernovae, in un arco temporale di circa 30 milioni di anni, il gas iniziale sia ancora presente nel sistema, ma questo è in contrasto con studi osservativi di ammassi giovani che però mostrano già assenza di gas al loro interno».

Per saperne di più:

  • l’articolo Feedback from massive stars and gas expulsion from proto-Globular Clusters di Francesco Calura, Gareth Few, Donatella Romano e Annibale D’Ercole accettato per la pubblicazione sulla rivista The Astrophyiscal Journal Letters

Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Galliani


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