Dicono alcun*: perché parlare ancora di GPA (gestazione per altri o maternità surrogata) quando ci sono mille altri problemi di cui discutere? Per tre buoni motivi: il tema-problema GPA non è risolto (e chissà se, quando e come sarà definito), ha una portata mondiale, ha un valore etico-sociale considerevole.
Personalmente (l’ho scritto anche su Facebook), non mi interessa se la GPA è attuata da committenti eterosessuali o omosessuali. Non c’è alcuna differenza. Il problema ETICO della GPA consiste nel duplice USO di CORPI UMANI: 1) c’è un utero affittato 2) c’è un essere umano oggetto di compravendita.
Con questa pratica dell’utero in affitto (io la chiamo così), si sta andando verso qualcosa di tremendo, senza etica né umanità, dove il “desiderio” di tipo consumistico è travestito da “diritto”. E l’aspetto che mi colpisce maggiormente è la posizione di tante, tantissime donne che interpretano tutto questo come forma di autodeterminazione, mentre – a mio modesto avviso – è pura MERCIFICAZIONE. Infatti, le donne diventano spesso – esse stesse – complici di una potenziale trasformazione culturale che comporta:
- CREAZIONE DI UN’INDUSTRIA DELLE NASCITE. Si ha un inserimento dei corpi delle donne (leggasi uteri) in un un CICLO DI PRODUZIONE di nuovi esseri umani. Mi viene in mente la rivoluzione industriale: il lavoro artigianale e domestico fu messo da parte per essere in gran parte sostituito dalle macchine, in grado di sfornare un gran numero di prodotti su richiesta della committenza;
- SELEZIONE DELLA SPECIE con PROGRAMMAZIONE GENETICA DI NUOVI INDIVIDUI. La “committenza” può scegliere la madre surrogata (e quindi il “prodotto finito”) in base a vari criteri, tra cui colore di occhi, capelli e altri aspetti fisici, ma anche capacità intellettive (spesso, è considerato anche il Q.I. delle madri surrogate).
Sinceramente, sono basita.
Non eravamo noi femministe quelle che dovevano contrastare il Potere del patriarcato e l’uso del corpo delle donne?
Non eravamo noi femministe quelle che osannavano l’amore per la natura e la spontaneità delle cose, con riferimenti alla primordiale Grande Madre?
Non eravamo noi femministe quelle che sventolavamo l’idea di una Natura che genera e che dobbiamo rispettare?
Dove sta ora tutto questo amore per la spontaneità, naturalezza, semplicità, armonia delle cose… se forziamo, se programmiamo, se riconduciamo tutto ad un “consumismo” dei corpi? La nostra autodeterminazione è così impellente, potente e senza limiti da diventare-trasformarsi in una forma di PREVARICAZIONE SULLA NATURA?
Ci stiamo dimenticando forse di quella tanto dibattuta dicotomia che ora stiamo annullando: una dicotomia tra due opposte “culture di genere”. La cultura patriarcale è fondata su concetti di forza, supremazia, produttività e sfruttamento delle risorse. La cultura matriarcale – invece – dovrebbe portare alla coesione, accoglienza e rispetto della natura. E all’interno di un principio di rispetto della natura non può essere contemplata la trasformazione della maternità in un ciclo di produzione di corpi.
Credo che la Grande Madre stia inorridendo.
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