Hai tempi dell'università, per un paio d'anni, ho fatto la baby sitter a un bambino che non era ancora in età da materna e i cui genitori lavoravano entrambi. E' stato un periodo molto bello, che mi ha insegnato molto e anche se non era la prima volta che facevo questo mestiere, quel bimbo, oggi adolescente, mi è rimasto nel cuore. Andavo da lui ogni mattina, lo svegliavo, vestivo, gli facevo fare colazione e poi a giocare fino all'ora di pranzo. Disegni, costruzioni, qualche bel libricino, che oggi ho addirittura ricomprato per i miei figli, e quando il tempo lo permetteva, una passeggiata e una puntatina al parco giochi. Ci volevamo un gran bene e si vedeva. Quando me ne andavo, era spesso uno strazio così qualche volta me lo portavo a casa, con la benedizione e la felicità dei suoi genitori. La madre faceva la maestra elementare, era soddisfatta di me e contenta del rapporto che avevamo costruito, eppure un giorno mi fece una richiesta strana che mi lascio piuttosto perplessa. Mi disse che stavo dedicando a suo figlio troppe attenzioni, giocavo con lui sempre e cercavo in ogni modo di intrattenerlo. Era invece opportuno dedicarsi di meno e lasciare che lui, durante la mattinata, avesse dei momenti di gioco in solitario. Doveva imparare a intrattenersi da solo, questo era il succo. Lì per lì non capii, rimasi perplessa e forse mi offesi pure, ma era lei la madre e a mi adattai. Così da quel momento, ogni mattina per una mezz'oretta, mi sedevo sul divano, aprivo un libro, che fingevo di leggere e di soppiatto lo guardavo annoiarsi. Ricordo anche di aver pensato che la richiesta, fosse stata dettata solo da un’esigenza egoistica: se lui giocava da solo, lei sarebbe stata più libera, avrebbe avuto del tempo per se e non le sarebbe stato sempre tra i piedi. Chiaro che non la capii, mi adattai solamente e per di più a malincuore.
Oggi, a distanza di anni, e dopo due figli, ho capito, perché ci sono giornate in cui non è scontato avere tempo per andare in bagno. Alla riunione dell'asilo sono state addirittura le maestre a sottolineare l'importanza del passare momenti "da solo", il che ovviamente non vuol dire "fuori sorveglianza" bensì incoraggiarlo a sviluppare la capacità a essere lui per primo creativo, facendogli accettare anche la noia. Ora non è che io vada matta per questa teoria, stare fisicamente vicino a loro, ma occuparmi d'altro, mi fa sentire di trascurarli però ci sto provando. So che questo è un passo del crescere e che, a mettermi dalla parte dello spettatore, gli permetterebbe di acquisire un po' di autonomia, fa bene a loro e a me, renderebbe a tutti le cose più semplici e ci permetterebbe di recuperare pure un po' di spazio, però vuol anche dire vederli buttati sul divano o peggio ancora sul pavimento di casa a guardare il soffitto o a trascinarsi piagnucolando da una stanza all'altra. Do degli spunti, butto lì delle idee, suggerisco qualche attività, ma spesso niente è realizzabile senza mamma vicino e comunque io stessa non sono il massimo della creatività. La "noia" che io adoro tanto, e che considero un lusso che non mi posso permettere più da tempo, loro la gestiscono male e così, spesso mi ritrovo a riempire i loro buchi e a fare (o per lo meno cercare) più cose contemporaneamente o con soluzione di continuità tra l'una e l'altra: cucino mentre racconto fiabe, ritorno dal lavoro distrutta e mi butto in una sfrenata partita a nascondino, pulisco casa e, tanto che ci sono, con la scopa in mano mi improvviso pirata e “follie” simili.
Stamattina ho addirittura letto un post di Lucia sull’argomento: la noia e la scorciatoia e a volte, nonostante cerco di insegnargli che la noia non esiste a meno che non siano loro a volerla, è proprio di quella “scorciatoia” che io abuso.