[articolo di Claudi Pérez da El Pais]
L'Europa non crede più alla Grecia. La Germania non si fida. Troppe promesse disattese, troppe scadenze senza risultati. L'Eurogruppo più teso degli ultimi tempi, si è distinto per un episodio inquietante la notte di giovedì scorso: nel corso della riunione con un tono molto più brusco del solito, il ministro dell'Economia tedesco, Wolfgang Schäuble, ha preteso dalla Grecia un compromesso scritto che affermasse la messa in moto dei draconiani mezzi di austerità necessari per sbloccare gli aiuti internazionali. Diversamente, senza questa messa alle strette, la porta di uscita dell'euro è aperta: la Gracia dovrà indire un referendum per vedere se i suoi cittadini vogliono continuare a stare nell'euro oppure no, ha minacciato durante la riunione Schäuble al suo collega greco Evangelos Venizelos, secondo fonti comunitarie.
Davanti ad un Venizelos che ha chiesto con veemenza gli aiuti internazionali, la stessa fonte ha comunicato che il tono duro di Schäuble è un avviso di quello che potrebbe succedere nel prossimo incontro. I ministri dell'economia dell'eurozona si incontrearanno nuovamente per verificare se Atene agisce o no in base alle esigenze di Berlino e compagnia. "O tutti i partiti si accordano per iscritto o il prossimo passo sarà il referendum", secondo il rapporto della minaccia di Schäuble su fonti europee.
La sfiducia verso la Grecia si è fatta ancora più evidente quando le telecamere hanno captato una conversazione tra il ministro tedesco e quello portoghese, Vitor Gaspar: "Se è necessario una revisione del programma portoghese, saremo disposti a farlo", ha detto Schäuble.
Alla Grecia non si concede più, neanche lontanamente, questo grado di tolleranza. Atene non è solo la culla della democrazia, ma anche del dramma. Il problema è che in questa odissea economica e sociale, i politici greci hanno perso credibilità dal punto di vista tedesco, condiviso anche da Olanda e Finlandia.
La Grecia, alla fine, ha fatto perdere la pazienza ai suoi colleghi. I tagli sociali sono stati colossali, ma Atene non ha privatizzato quasi niente di quello che doveva essere privatizzato. Ha applicato a malapena le riforme strutturali accordate, alcune lobby impediscono la realizzazione delle altre riforme. Ed ecco la ciliegina: giovedì, il Ministro dell'economia ha annunciato l'imposizione di multe per un importo di 8.600 milioni per evasione fiscale, ma meno dell'1% di questi soldi è presente nelle casse del pracario Tesoro greco, ha dichiarato il quotidiano Kathimerini.
L'ultimatum di Schäuble - il più pro-europeo dei ministri dell'entourage della Cancelliera Angela Merkel, almeno in teoria - è l'ultima conferma che l'uscita della Grecia dall'euro non è più un tabù.
La prossimità delle elezioni rende difficile l'applicazione dei tagli, che presenteranno il conto sottoforma di voti. Il debole governo di coalizione, guidato da Papademos, è sempre più fragile, decimato da numerose dimissioni e con uan contestazione popolare sempre più aspra. Ma ciò che è cambiato realmente è la percezione verso la Grecia del resto della zona euro: da qualche mese era quasi una maledizione parlare di lasciar cadere la Grecia per paura di un contagio, del caos dei mercati. Il trauma viene pian piano superato. Le banche tedesche e francesi - le più esposte al debito ellenico - si sono rafforzate: hanno trasferito buona parte dei loro rischi alla Banca Centrale Europea (BCE). Accettano anche un haircut del 70% nelle obbligazioni. L'Europa, insomma, si sente più forte per reggere l'impatto di una uscita della Grecia dall'euro, anche se i rischi sono enormi. I compiti immediati per la Grecia non sono facili. Oggi il Parlamento deve dare il "visto" ai tagli: si tratta di una specie di plebiscito, perché in caso negativo l'uscita dall'euro sarà scontata. Insieme alla riduzione del salario minimo (del 20%), il licenziamento di 15.000 impiegati del settore pubblico e una spesa programmata di consolidamento pari a 3.300 milioni di euro, l'Europa vuole garantirsi che tale sforbiciata venga applicata qualsiasi partito vinca le elezioni in primavera, nonostante i successivi scioperi generali come quelli ieri, nonostante la crisi di governo, e nonostante tutti i guai.
Bruxelles vuole, inoltre, che si concretizzi una voce di 325 milioni, dopo il rifiuto di Atene di abbassare ulteriormente le pensioni: maggior esigenza, la prova del nove in cui l'Europa non crede. Lo grande scetticismo che c'è in Germania non si trova da nessun'altra parte. Lo scorso venerdì, a Berlino, Schäuble ha assicurato che in nessun modo con i 130.000 milioni del nuovo piano di salvataggio il debito greco potrà regredire fin a livelli sostenibili: dopo tutto, Atene porta sulle spalle quattro anni di grave recessione, il tasso di disoccupazione ha superato il 20% e deflussi di capitale sono costanti da mesi. "Monti ha credibilità. Anche il Portogallo ha dimostrato di avere uno Stato alle spalle, che è un'altra cosa Papademos si trova in una molto più critica ", ha detto una fonte europea. Questo è il terreno fertile per la minaccia tedesca di un referendum da intendersi come una tattica di negoziazione o come la costatazione della perdita della pazienza di Berlino Gli ultimi avvenimenti evidenziano una linea per imporre una sorta di protettorato ad Atene e non per aprire la porta della solidarietà
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