Il Presidente Francese che, appena insediato, vola a Berlino per parlare con il Cancelliere tedesco. Un paese europeo che ritorna al voto dopo solo un mese dalle ultime elezioni. Non si era mai visto. Una situazione drammatica per l’Europa intera.
Poco da fare, la Grecia si avvia verso l’uscita dall’Euro. In caso di vittoria della Sinistra radicale nelle immimenti nuove consultazioni elettorali ed il conseguente non proseguimento della politica di rigore, le istituzioni finanziarie non rinnoveranno il prestito di centinaia di miliardi e questo causerà il default greco e l’abbandono dell’euro.
Una decisione storica, grave e che avrà conseguenze imprevedibili per il destino degli altri paesi europei, soprattuto per quelli piu deboli.
Il Sole24Ore ipotizza cosa accadrà quando, tra qualche mese, il paese ellenico avvierà i procedimenti di uscita dalla moneta unica:
Impatto sulla valuta e sull’economia reale
In caso di ritorno alla dracma è largamente condivisa da parte degli economisti l’opinione che ci sarebbe una forte svalutazione della dracma nei confronti dell’euro (svalutazione competitiva). Argentina e Russia, gli ultimi due Paesi ad andare in bancarotta, hanno visto scendere il valore delle rispettive valute del 60-70%. Ciò vuol dire che i cittadini greci si troverebbero a ricevere salari più che dimezzati con una drammatica perdita nel potere d’acquisto.A ciò vanno aggiunti i rischi di un’inflazione galoppante e di un rialzo dei tassi di interesse da parte della Banca centrale di Atene (che riacquisterebbe l’autorità monetaria in caso di sganciamento dalla Bce) per arginare un’eventuale esplosione dei prezzi. Alti tassi di interesse impatterebbero anche sul costo del debito per famiglie e imprese.
Il costo medio per cittadino greco
Secondo uno studio di Ubs i greci pagherebbero in media nel primo anno un pedaggio tra i 9.500 e gli 11.500 euro a testa al crac, compresi i soldi necessari per tenere in piedi le banche. Gli anni successivi il costo pro capite sarebbe di 3-4mila euro.Corsa allo sportello
In molti temono una corsa agli sportelli bancari dei cittadini per ritirare i propri depositi e proteggerli da eventuali intemperie del settore bancario. E per conservare sotto il mattone degli euro (che varrebbero di più di un’eventuale seconda edizione della dracma). Questo sarebbe un problema non da poco, al di là dell’effetto panico correlato che rischierebbe di innescare. Uno dei paradossi su cui si regge il sistema del credito è, infatti, che le banche, in qualsiasi Paese, fallirebbero qualora tutti i correntisti si presentassero contemporaneamente a ritirare i depositi.Dopo la svalutazione la dracma potrebbe recuperare?
Gli esempi dei Paesi “recentemente” in bancarotta che hanno accusato una svalutazione della propria valuta, ovvero Argentina e Russia, indicano che gradualmente un recupero (tanto della valuta quanto dell’economia) c’è stato. Purtroppo è difficile ponderare paragoni con la Grecia, dato che Argentina e Russia sono forti esportatori di materie prime energetiche mentre la Grecia non ha questa carta da giocare per un rilancio.Esportazioni e turismo
Anche le esportazioni, che beneficerebbero senz’altro della svalutazione competitiva della dracma, non sono il fiore all’occhiello di un’economia che trae molto vantaggio dal turismo. Certo, il turismo ne sarebbe rilanciato ma è difficile quantificare quanto questo fattore positivo potrebbe riuscire a compensare gli effetti negativi di un’uscita dall’euro.Bce e prestiti alle banche
Le banche greche potrebbero avere seri problemi di liquidità dato che difficilmente la Banca centrale europea accetterebbe titoli greci come collaterale (garanzia) per offrire prestiti agevolati e dare ossigeno al credito. Va anche detto che allo stato attuale la banche greche, al netto del piano di salvataggio della Bce, sono tecnicamente insolventi. Esse continuano a ottenere prestiti dalla Bce supponendo di aver già ricevuto un pacchetto di salvataggio da 35 miliardi di euro, in quello che viene definito “miglioramento collaterale”, una sorta di protezione attraverso cui la Bce può continuare a prestare soldi alle banche greche. In caso di uscita dall’euro prima che sia compiuto questo processo di ricapitalizzazione è stimato che la Bce possa avere in mano un controvalore di 160 miliardi di euro di titoli o crediti spazzatura, dato che gli istituti di credito greci potrebbero non essere in grado di rimborsarli.Debito in mano a investitori privati
Oltre al debito delle banche greche verso la Bce c’è anche da considerare il debito greco in mano a investitori privati e alle banche stesse. Un’uscita dall’euro costringerebbe Atene a rinegoziare/ristrutturare il debito con pesanti svalutazioni per i titolari di titoli greci che sarebbero convertiti in dracma.I costi di uscita
È difficile stimare, considerando le svariate variabili in gioco, un dato sui costi di uscita della Grecia dall’euro. Secondo una nota confindenziale dell’Istituto internazionale di Finanza, rilanciata dal Wall Street Journal, il costo complessivo ammonterebbe a 1 trilone di dollari, ovvero mille miliardi di dollari (1,29mila miliardi di euro).Mezza europa a rischio downgrade
Secondo l’agenzia di rating Fitch con un ritorno alla dracma mezza Europa rischierebbe il downgrade. In particolare per Italia, Francia, Spagna, Cipro, Irlanda, Portogallo, Slovenia e Belgio.Effetto contagio
Senza dimentichare che si potrebbe innescare un effetto-contagio su altri Paesi dell’area. Irlanda e Portogallo, gli altri due Paesi che finora hanno fatto ricorso al salvataggio forzato della Troika (Ue-Bce-Fmi) sembrano essere, a giudicare dai rendimenti dei rispettivi bond, quelli a immediato maggior rischio.Una analisi terrificante. Un costo altissimo per il popolo greco ed un grosso rischio per tutti i paesi Europei. Il Post ha pubblicato un ‘dizionario’ della crisi greca con domande e risposte, lo trovate qui:
In tutto questo, Portogallo e Irlanda?
I due paesi hanno ottenuto una consistente assistenza finanziaria da parte del Fondo Monetario Internazionale e dai paesi della zona euro. L’uscita della Grecia dall’euro porterebbe a nuove forti pressioni nei confronti di questi due paesi. Secondo diversi analisti, se la Grecia lasciasse l’euro l’attenzione degli investitori e la speculazione si sposterebbero su Portogallo e Irlanda, portando a un ulteriore avvitamento della crisi economia europea. Dopo toccherebbe a Italia e Spagna.
Intanto in Grecia il sistema sociale sta collassando, i tagli alla Sanità hanno prodotto danni incalcolabili:
Dopo quattro anni di recessione e due anni di ampi tagli al bilancio statale per ridurre le spese e raddrizzare i conti, in Grecia ormai anche l’assistenza sanitaria sta diventando ogni giorno che passa sempre piu’ un privilegio. Con la spesa sanitaria pubblica a circa 10 miliardi di euro, il 25% in meno rispetto al 2009, star bene “rischia di diventare un privilegio”, dice Haralambos Economou, docente di sociologia all’Università Panteion di Atene.
Ed esperti nel settore sostengono che fino al 10% della popolazione, se ha bisogno di cure, e’ adesso costretta a fare ricorso ai propri risparmi in continua diminuzione. In passato, la maggior parte dei greci si rivolgeva – quando possibile – alle cure private anche se dovevano sborsare di tasca propria quasi il 40% del costo totale del trattamento, uno dei tassi più alti nei Paesi sviluppati. Adesso, pero’, la domanda di assistenza negli ospedali pubblici e’ salita del 20-30% mentre le spese ricadono di nuovo sul sistema statale gia’ sotto forte pressione per il taglio dei costi. Ma, ancora peggio, molte persone cercano di aggirare il sistema (e ridurre le spese) presentandosi al pronto soccorso dell’ospedale come se fosse un caso d’emergenza allo scopo di ottenere cure immediate invece di chiedere un appuntamento in anticipo per il quale e’ necessario pagare.
Nel paese ellenico, però, gli affari sulle armi vanno avanti. Le spese militari sono cresciute del 3% nell’ultimo anno ed indovinate con chi fa affari la Grecia in questo settore? Con la Germania:
Il 3% del Pil del paese se ne va per costi militari. In primis per navi da guerra e carrarmati comprati in Germania
Germania che continua nella politica di ‘rigore’ e contenimento dei conti costringendo i paesi piu deboli dell’eurozona ad incredibili sacrifici. Una strategia per indebolire l’Euro e favorire le esportazioni tedesche?
Quest’oggi, senza mezzi termini il Wall Street Journal ha presentato un articolo dove attacca senza esclusione di colpi la Germania, che avrebbe trattato la Grecia come un campo sperimentale in cui verificare le proprie teoria di intransigenza economica e finanzia che stanno portando ormai più nazioni sull’orlo del fallimento.
Tutto questo però ha dei vantaggi, solo ed esclusivamente per la Germania: la crisi di alcuni degli stati dell’Euro garantisce la tenuta di un euro leggermente più debole rispetto al dollaro favorendo così le esportazioni che erano state messe fortemente in crisi quando il rapporto tra euro e dollaro si era rafforzato a favore del primo.
Dunque, la Germania, come sempre, prosegue ostinatamente nella propria politica rischiando per questo di affondare l’intera Europa.
La politica tedesca però sta cominciando a scricchiolare. La vittoria di Hollande, la sconfitta interna in Westfalia, le continue proteste di alcuni paesi europei e le critiche del Presidente Obama, fanno capire quanto Merkel abbia perso credibilità e sia sempre piu isolata in Europa e non solo:
Prima ci libereremo di Angela Merkel prima potremo sperare in un futuro migliore. La cancelliera ha posto gli interessi della Germania (euro debole a causa della crisi greca fa esportare di piu ai tedeschi e quindi fa crescere la loro economia a discapito dei paesi piu deboli come Italia e Spagna) sopra quelli dell’Europa.L’isolamento di Frau Merkel è necessario cosicchè venga defenestrata (magari come accadde alla Thatcher in Gran Bretagna) prima che sia troppo tardi.Prima che a qualcuno venga in mente di creare un Euro di seria A (riservato a Germania, Francia, Olanda e pochi altri) lasciando ai paesi periferici una moneta di serie B, debole e senza prospettive.Prima che l’Euro e l’Europa intera cadano sotto l’egoismo di una Nazione che è sempre stata la causa di Guerre sanguinose nel Vecchio continente.Barack Obama non l’ha nominata, ma il riferimento anzitutto ad Angela Merkel è chiaro. «L’Europa – ha detto a Seattle il presidente Usa – è ancora in una condizione difficile in parte perché non ha preso alcuno dei passi decisivi presi da noi all’inizio di questa recessione». L’allusione è agli stimoli alla crescita, al quantity easing della Federal Reserve e alla moderazione nelle politiche di austerity. Il contrario, in sostanza, del corso imposto dal cancelliere tedesco al resto d’Europa, paesi in difficoltà in primo piano.
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La stampa tedesca comincia a domandarsi preoccupata se non stiano rinascendo vecchi odi verso il paese. «In Germania – dice a chi scrive un diplomatico tedesco – cominciamo a ricordarci con chiarezza che abbiamo bisogno dell’Europa».