La guardia (1/3)

Da Paride

Alle otto in punto del giorno più corto dell’anno il capitano Kikero, con la barba ghiacciata e uno sguardo gelido naturale, abbassò il braccio gridando: – Fuoco!
Una raffica di proiettili colpì il soldato semplice Karl alla testa, al petto e all’addome. Il suo corpo si afflosciò come un filo d’erba raggiunto dalle fiamme. La pena più severa per essersi addormentato durante il turno di guardia sulla Torre, l’unica postazione dalla quale si poteva scorgere l’arrivo del nemico.
Dopo pochissime ore lunghissime discussioni e approfonditi interrogatori il capitano Kikero scelse una nuova sentinella. Quella notte si prospettava ancora più fredda della precedente. Alla guardia si consegnavano una marmitta con della minestra, una fiaschetta di acquavitae e un corno di bue per dare l’allarme. Al prescelto non restava che arrampicarsi per i duecentoundici scalini della Torre pentagonale e aspettare vigile e guardingo che la notte passasse senza intoppi.
Alle otto in punto del giorno seguente a quello più corto dell’anno il capitano Kikero, con la barba appena meno ghiacciata e il solito gelido sguardo naturale, abbassò il braccio gridando: – Fuoco!
Il soldato semplice Kija si afflosciò sulla neve che ricopriva il cortile.

Al tramonto si scatenò una tale bufera e la temperatura scese così tanto che il soldato semplice Kurtz pensò che chiunque fosse salito fino alla guardiola della Torre non solo non avrebbe potuto resistere al sonno, ma che il freddo non gli avrebbe dato scampo.
Il capitano Kikero questa volta si prese molte ore per fare la sua scelta. Il soldato Karraka era il più grosso essere umano che si fosse visto da quelle parti. Pesava più di cento kili e dava al più alto degli altri tutta la testa. “Perché non ho pensato subito a lui?” pensò il capitano Kikero. Karraka sopravvisse al freddo, ma non resistette al sonno.
Con un’ombra di indecisione il capitano Kikero fece giustiziare anche lui. Il soldato semplice Kurtz elaborò una specie di sillogismo senza pretese di validità. Se la notte che doveva arrivare fosse stata più mite forse Karraka avrebbe anche potuto resistere al sonno, dunque il capitano Kikero era un idiota, oltre che un aguzzino.
Quando fu il turno del suo interrogatorio, il soldato semplice Kurtz prese una decisione che ai più sembrò folle in quanto repentina e immotivata.
- Vado io. – disse.
“Sono cose che càpitano” pensò il capitano.
Kurtz contemplava il fiume sotto di lui e il ponte che la sua divisione doveva proteggere. Sull’altra sponda una foresta a perdita d’occhio e dove il cielo si sposava di nero con la terra le montagne invisibili che li separavano dal nemico. Kurtz prese un sorso di acquavitae e si sedette ad attendere il suo destino.

continua