“L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Non è il testo di una canzone pacifista di Bob Dylan né la rivisitazione baeziana delle parole d’ordine degli universitari di Berkley, è solo l’articolo 11 della nostra Costituzione, un dovere morale e un obbligo per chiunque governi questo paese. Da qualche anno sembra non avere più alcun significato, dal bombardamento di Belgrado in poi l’Italia si è adeguata alle prove di muscoli dei suoi partner internazionali occasionali. E le chiamano missioni di pace. Da quel momento, stabilendo le famigerate “regole d’ingaggio”, siamo diventati esercito belligerante senza se e senza ma. E le chiamano missioni di pace. Gli ultimi morti e feriti in Afghanistan forse hanno chiarito le idee al “buttafuori” La Russa, il pericolo non sono i medici i Emergency, caro ministro, è la politica guerrafondaia delle nazioni alleate in nome di cosa non si sa. Si ricorre continuamente ai conflitti armati non rendendosi conto che occorrerebbe togliere al mondo arabo l’unico alibi serio che ha in mano per tuonare in continuazione contro l’occidente; risolvere la questione palestinese una volta per tutte forse servirebbe, infatti, a restituire serenità e una parvenza di legalità alla politica mondiale. Ma all’alleato israeliano si concede di tutto, dai veti Onu all’autorizzazione a costruire nuovi insediamenti. Mussolini avrebbe voluto qualche decina di migliaia di morti per sedere da vincitore al futuro tavolo della pace, ne ebbe di più ma finì la sua corsa a Piazzale Loreto. Questo governo crediamo ambisca agli stessi risultati e, oltre a coprirsi di un cordoglio d’ordinanza, attende con ansia il messaggio di solidarietà che Obama, ogni volta che un nostro militare ci rimette la pelle, indirizza a Berlusconi. Per chi stiamo combattendo questa guerra, per quale governo e per quale presunto alleato? Per chi coltiva oppio e lo spaccia in tutto il mondo a prezzi concorrenziali o per una popolazione civile stanca di vivere perennemente in stato di belligeranza? Per molti versi l’Afghanistan ci ricorda il Vietnam. Prima provarono i francesi a stanare Ho Chi Min e poi gli americani, il risultato non cambiò. Dalle parti di Kabul prima sono arrivati i russi, poi sempre gli americani e non ci sembra che le cose vadano meglio. Ma forse il nostro contingente è in Afghanistan per proteggere Karzai, quel volpino di presidente che, dopo anni, ha scoperto finalmente le cellule terroristiche del suo paese. Fanno capo ad una strana organizzazione, Emergency che, sotto le mentite spoglie di medici per i quali tutti i malati e i feriti sono uguali perché uomini, cela attentatori della peggiore specie. Per dirla tutta e con grande onestà, a noi non risulta che Karzai abbia mai arrestato un talebano vero. Ma forse siamo disinformati.
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