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L’occasione era troppo ghiotta. A pochi passi da me c’era la selezione per la prossima serie del “Grande Fratello”. Ho sussurrato la solita scusa a Giusy (“Andate pure in camera, io vado a prendere il tabacco”: lo so, sono banale...) e mi sono intrufolato. L’approccio non era dei migliori: decine di body guard mi guardavano in tralice, gli aspiranti concorrenti mi osservavano triangolando il loro sguardo con le vetrine circostanti. Mi sono avvicinato ad un signore di mezza età e gli ho chiesto perchè voleva farsi spiare per mesi dentro ad una casa. La sua risposta è stata secca, senza esitazioni: “Perchè voglio diventare finalmente qualcuno”. Gli altri campioni intervistati hanno dato la stessa identica risposta. Raggiungo la mia consorte in camera e sul video passava un programma che ha come obiettivo finale il reclutamento di veline. Anche loro, presumo, vogliono diventare “qualcuno”.
E allora mi chiedo – e vi chiedo – perchè tutti sognano di diventare qualcuno? Perchè la maggior parte delle persone si sente “nessuno”? Milioni, miliardi di nessuno che vogliono diventare qualcuno. È giusto? Sì, penso di sì. È possibile? No, non è possibile. Miliardi di persone non potranno mai diventare qualcuno. Nè si può pretendere, d’altronde, che si rassegnino a restare nel limbo dell’assoluto anonimato per tutta la vita. È un sogno, un obiettivo. E un sogno non si nega a nessuno, altrimenti si cade nella rete tesa anni fa dal comunismo apocalittico (e opportunista).
Così monta come un’onda gigantesca, l’ansia dell’esercito degli esseri umani che ha risolto il problema della sopravvivenza, ma non quello dell’esistenza. E purtroppo le buone parole di chi – io, per esempio – scrive sui giornali (e dunque è già qualcuno, se non altro per il vezzo della firma) suonano stonate.
Suggerire ai nessuno di imparare a costruirsi una identità interiore, vorrei dire, se me lo concedete, spirituale, è ipocrita. Come pure scrivere la banalissima frase di rinunciare all’identità pubblica perchè è pura apparenza. Ricorda molto da vicino il discorso del ricco che suggerisce al povero di accontentarsi. È pure parente stretto dei discorsi di Monti e compagnia che chiedono ai cittadini di tirare la cinghia, circondati da prebende e stipendi da favola.
La guerra dell’identità, nel nostro mondo, diventerà una sorta di conflitto finale. Individui e gruppi di individui – perchè no, intere nazioni) sono disposti a tutto, anche ad uccidere, pur di diventare “qualcuno”. In mancanza d’altro anche una velina...
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