La guerra dei silvioni
Creato il 06 novembre 2011 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Iniziare un post parafrasando Yves Robert e il suo film del 1961 (tratto da Pergaud), ci sembra il modo migliore (e un po’ tanto snob), per descrivere l’attuale situazione dell’inquilino asserragliato a Palazzo Chigi al quale è inutile urlare che la guerra è finita, sta rintanato nel bunker in attesa dei “suoi”, come il generale Custer dei rinforzi a Little Big Horne. Iniziamo dai numeri. 316 – 20 ribelli = 296 voti parlamentari. 296 + 6 radicali = 302. Non bastano a tenere in piedi il governo ma sono sufficienti per mandarlo a casa. Il numero dei transfughi si sta facendo ogni giorno più nutrito, e Silvio è in piena crisi d’ansia soprattutto da quando ha saputo che per i corridoi e le cucine di Montecitorio si aggira l’incarnazione della peggiore Prima Repubblica: Paolo Cirino Pomicino. All’apparenza, l’ex andreottiano immortalato perfino da Paolo Sorrentino nel “Divo”, è un pensionato della politica con ancora qualche fregola da statista. Condannato definitivamente a un anno e otto mesi per finanziamento illecito ai partiti (tangenti Enimont), nel 2004 ha aderito al partito di Pierfy Casini dove come tutti sanno, per essere iscritti occorre essersi fatti almeno un giorno di galera. Collaboratore di Libero e del Giornale, Pomicino sta facendo quello per cui era famoso quando organizzava la vita degli andreottiani: lavorare di fino nel sottobosco. Un po’ talpa e un po’ mariuolo, l’ex ministro del bilancio, sta smontando pezzo dopo pezzo il Pdl per rimpolpare le fila dell’Udc tanto che Berlusconi, abile mezzano di fori boari, ha dichiarato: “Leggo che Cirino Pomicino sta facendo lui una sua campagna per catturare deputati frastornati, e girano pettegolezzi molto gravi che non voglio neppure riferire. È strano che quando siamo noi a lavorare per trattenere qualcuno o portarlo con noi, usano soltanto termini torbidi, offensivi come compravendite o mercato delle vacche, ma quando sono altri che cercano di portarli via a noi, allora è tutto elegante”. Volendo estremizzare il discorso, potremmo dire che dovrebbe valere per tutti la stessa regola, anche per Calderoli che insiste a dire che un’allargamento della maggioranza equivarrebbe a un colpo di stato. Ci viene quasi voglia di chiedere a Cita come potrebbe definire, seguendo il suo linguaggio e il suo vocabolario, il passaggio dei Responsabili nella maggioranza. Il 14 dicembre del 2010 che c’è stata in Parlamento, una gita fuori porta? Ma si sa, in Italia la politica è diventata proprio come la coerenza: una gran puttana. Silvio, dunque, si è barricato a Palazzo Chigi e non ne uscirà se non accompagnato dai carabinieri da qualche altra parte. Telefona a tutti per dire: “Traquilli, la maggioranza c’è. Avanti fino al 2013 ché tanto un’alternativa a noi non esiste”. Ma poi, sotto sotto, sta telefonando a ognuno dei presunti trasfughi per convincerli a restare a casa. E dice: “Deludo i nostalgici della Prima Repubblica, non me ne vado. Continuo la battaglia” e spiega la sua strategia: “Non posso lasciarli andare via senza averli incontrati tutti, ad uno ad uno e non per questa cosa orrenda che descrivono del calciomercato, ma per rimotivarli, se necessario, anche con incarichi meritati”. Fatti quattro conti, ci chiediamo quali potrebbero essere gli incarichi meritati all’interno di un governo in stato pre-agonico. Vediamo: stalliere ad Arcore; segretario particolare addetto alle farfalline; meccanico di fiducia per le Mini con il tettino rosso; aiuto del ragionier Spinelli nel disbrigo delle pratiche legate alle utenze; ghostwriter di Marina; personal trainer di Barbara; compilatore del diario di Eleonora; doppista di pelota per Piersilvio; ufficio stampa di Nicole; pr presso le agenzie fotografiche; talent scout di minorenni con il viso d’angelo; prossimo direttore del Tg4; storico del mausoleo di Arcore; penna di Bondi e correttore di bozze di poesie; leggio della libreria di Dell’Utri; seggiolone di Giuliano Ferrara; aiutante di campo di Fedele Confalonieri; aedo di Gianni Letta; killer di Denis Verdini. Lo sappiamo, non è granché come elencazione di prossimi incarichi “meritati”, ma quando la disperazione arriva agli estremi, non ci resta che cazzeggiare.
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