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La guerra del greggio

Creato il 08 dicembre 2014 da Eurasia @eurasiarivista
:::: Domenico Caldaralo :::: 8 dicembre, 2014 :::: Email This Post   Print This Post LA GUERRA DEL GREGGIO

L’attuale “guerra del greggio” non può essere spiegata unicamente col ricorso all’armamentario di ragioni economiche sull’andamento dei mercati petroliferi mondiali. Se è vero che a guidare la caduta del prezzo del petrolio degli ultimi mesi esistono una serie di ragioni legate al rallentamento dell’economia mondiale (di Europa e Cina), all’aumento dell’offerta mondiale (con l’entrata in scena di nuovi produttori nord-americani) e al calo della domanda mondiale di greggio (1), esistono anche motivazioni più strettamente politiche che ne spiegano, altrettanto chiaramente, la repentina discesa.

Il tentativo di motivare il calo del prezzo del greggio con il ricorso all’ipotesi della “guerra per l’autosufficienza produttiva” degli USA, pur non privo di ragioni fondate (come quella della volontà dei Sauditi di costringere gli USA alla dipendenza dai paesi del Golfo), non chiarisce la dinamica degli schieramenti in ballo e degli interessi in gioco nella guerra dei prezzi. (2)
Quasi mai i giornali ricordano i legami strategici strettissimi, sebbene talvolta ambigui, tra Stati Uniti e Arabia Saudita, e omettono di contestualizzare la guerra a colpi di sanzioni che oppone gli USA ad altri produttori OPEC, Iran e Russia in ispecie, i cui proventi energetici contano rispettivamente per il 60 % e il 50 % sul bilancio pubblico.

Se è giusto far notare che chi ha dato avvio alla guerra dei prezzi è stata l’Arabia Saudita, è anche opportuno sottolineare che essa non conta soltanto, inducendo un crollo generale dei prezzi, di contrastare le società di produzione concorrenti americane (che necessitano di alti prezzi per compensare gli alti costi di estrazione dello scisto bituminoso e del gas da argille), accelerando l’esplosione della bolla di indebitamento delle piccole società di fracking (3 ) e rendendo più conveniente il petrolio dei paesi OPEC rispetto a quello americano(4), ma anche di mettere in ambascia, e non poco, i gestori delle finanze russe, iraniane e venezuelane, che si basano sugli introiti delle commodities per sostenere le proprie valute e i bilanci dei propri stati.
L’OPEC, sulla cui decisione ha influito l’Arabia Saudita, ha definito nei giorni scorsi di non concertare un taglio di produzione del petrolio (5), costringendo gli altri paesi esportatori a vendere gli stessi quantitativi di oro nero pre-crisi, a listini decisamente inferiori alla norma, in pratica obbligando a una svendita a prezzi di sconto del 30-40% rispetto ad alcuni mesi prima. Il costo del Brent è giunto infatti a meno di 70 dollari al barile e potrebbe toccare ulteriori ribassi.

Le finanze di molti esportatori di materie prime facenti parte dell’OPEC (Iran, Iraq, Venezuela, Nigeria) o fuori di esso (Russia e Messico), legate alle entrate fiscali del greggio, ne risentono pesantemente, trasferendo effetti economici negativi su scala internazionale.
La Russia, il cui export dipende dagli idrocarburi per il 70% del totale, ha conosciuto negli ultimi mesi una caduta rovinosa del valore del rublo (che ha perso circa metà del suo valore quest’anno rispetto al dollaro, registrando il peggior crollo dal default del 1998) e sta subendo inoltre tutte le altre conseguenze economiche negative del crollo del greggio (e delle sanzioni economiche).

A livello di finanza pubblica i rischi sono: aumento del deficit, depauperamento delle pur abbondanti riserve di moneta estera (un quinto del totale fin ora, pari a 90 miliardi in dollari e euro) e abbandono della banda di oscillazione della moneta a favore della libera fluttuazione (Putin ha recentemente ordinato alla Banca centrale di difendere a tutti i costi il cambio(6) ), che se in futuro potrebbe emancipare la moneta russa dal cambio col dollaro, al tempo stesso apre al pericolo di svalutazione (e inflazione) e espone al rischio di speculazioni internazionali sul corso della moneta. (7) (8) Sul piano economico reale la fuoriuscita di capitali esteri (conseguenza dei disinvestimenti post-sanzioni), la già accennata inflazione (ora sopra l’8%) e l’aumento del costo della vita determinano un peggioramento delle condizioni economiche dei cittadini.

Di fronte a questo scenario il rischio di una chiusura ulteriore di Mosca, a fortiori nel contesto del regime di sanzioni, e di un suo isolamento dai mercati finanziari globali diventa realistico. (9) Si sta prendendo in considerazione l’ipotesi di porre limiti alla circolazione dei capitali, con alcune banche russe che hanno già limitato il ritiro di euro e dollari (10). La situazione della crescita economica, inoltre, potrebbe risultarne danneggiata, ma anche gratificata. Mosca rischia di cadere in recessione e il rialzo del tasso di interesse per frenare la svalutazione non fa che aggravare le prospettive di crescita. Le aspettative di inflazione delle imprese, la svalutazione della moneta nazionale e la sostituzione delle importazioni con manufatti locali potrebbero invece stimolare una crescita dell’industria. (11)

Se il debito estero russo può risultare avvantaggiato dalla ridenominazione in rubli, non lo stesso può dirsi per quello estero delle imprese (debito privato) che, denominato in valuta estera, risulta più difficile da ripagare, a causa della pesante svalutazione del rublo e dei più alti interessi in dollari.
I Sauditi, insomma, potendo permettersi una caduta dei prezzi a fronte dei bassissimi costi di estrazione e delle ingenti riserve di valuta pregiata (con un prezzo di riferimento del greggio rispetto al bilancio pubblico che è fissato a 45 dollari contro quello a 140 dell’Iran, a 120 del Venezuela o a 100 della Russia (12) ), sfidano direttamente quei paesi le cui economie dipendono fortemente dall’esportazione di idrocarburi. Questi ultimi si identificano con quelli che sono i paesi nemici nelle sfide geopolitiche coeve. Guarda caso proprio Iran, Iraq e Russia, che hanno spinto (con Venezuela e Iran in testa), in occasione dello scorso vertice di Vienna, per una riduzione dei livelli di produzione tentando di convincere Riad a frenare la discesa dei prezzi (13).
Bisognerebbe portare la memoria indietro ai fatti dei primi anni novanta, all’epoca della prima guerra del Golfo, per capire come una politica di manipolazione dei costi del petrolio contraria agli interessi di alcuni paesi risulti fortemente rischiosa sul piano politico internazionale. Nell’estate del 1990 l’Iraq di Saddam Hussein, diventato insolvente a causa dell’azzeramento del costo del petrolio, invase il Kuwait per appropriarsi dei suoi giacimenti di greggio.

È chiaro quindi che l’Arabia Saudita, assieme ad altri paesi del Golfo, al fine di contrastare il binomio sciita Iran-Iraq, da un lato contribuisca a minare le finanze dei due paesi indebolendone il mercato petrolifero (agendo sulla leva dei prezzi), mentre in secondo luogo si adoperi sottotraccia nel sostegno ai terroristi dello Stato Islamico per abbattere il regime alawita di Al-Assad, storico alleato di Iran e Russia. (14)L’Iran, per non vedere erose quote di mercato, per il momento si allinea ai Sauditi nell’accettare un livello invariato di produzione. Su questa scelta pesa la situazione di incertezza internazionale e il basso profilo attuale della diplomazia iraniana, a cui si somma l’arenamento dell’accordo, lungi però dall’essere concluso, sul programma nucleare. (15)

NOTE
(1) http://www.lavoce.info/archives/31763/prezzo-petrolio-non-decide-lopec/
(2) http://www.tgla7.it/economia/sinfiamma-la-guerra-economico-finanziaria-sul-petrolio-29-11-2014-89430
(3) http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2014-11-12/crollo-petrolio-e-debito-spazzatura-bolla-shale-oil-rischia-esplodere-210140.shtml?uuid=ABameCDC
(4) http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-12-02/petrolio-crollo-prezzi-raffinerie-asiatiche-sospendono-l-import-usa–111001.shtml?uuid=
(5) http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-11-27/petrolio-l-opec-manteniamo-ferma-produzione-prezzo-greggio-ancora-picco–211001.shtml?uuid=ABGHO4IC
(6) http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-12-04/putin-la-russia-non-fara-fine-jugoslavia-101621.shtml?uuid=ABgHdwLC&fromSearch
(7) http://www.ft.com/intl/cms/s/0/4bb50fcc-7937-11e4-9567-00144feabdc0.html#axzz3KeI0l3rk
(8) http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-11-24/la-nuova-era-glaciale-russa-missione-impossibile-elvira-nabiullina-175810.shtml?uuid=ABLSPZHC&nmll=2707#navigation
(9) http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-11-27/petrolio-giu-rublo-polverizzato-e-fuga-capitali-mosca-ecco-fino-dove-puo-cadere-moneta-russa-202449.shtml
(10) http://www.telegraph.co.uk/finance/economics/11266746/Capital-controls-feared-as-Russian-rouble-collapses.html
(11) http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-12-01/rublo-senza-tregua-e-peggior-crollo-crisi-finanziaria-1998-121806.shtml?uuid=ABUHvFKC
(12) http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2014-12-01/iran-182546.shtml?uuid=ABYvHTKC&nmll=2707
(13) http://www.ilfoglio.it/articoli/v/123306/rubriche/arabia-saudita/petrolio-opec-lascia-la-produzione-immutata-e-tenta-lo-sgambetto-al-greggio-americano.htm
(14) http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-11-28/la-guerra-greggio-063721.shtml?uuid=ABp52AJC
(15) http://www.lastampa.it/2014/11/24/esteri/nucleare-iraniano-si-cerca-ancora-un-accordo-nuovi-colloqui-a-vienna-con-i-leader-del-2ZjNd2qwtxZwDxz8fZALFM/pagina.html

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