A partire dalla seconda metà del ’900 il numero di ore trascorse davanti al televisore dalla popolazione mondiale è aumentato ogni anno, fino a raggiungere il trilione. Nel 2009 per la prima volta la crescita si è interrotta e si è registrato un decremento per opera delle generazioni più giovani, che hanno ridotto il tempo trascorso in modo passivo a guardare quello che scorre sullo schermo e sono passate ai nuovi media interattivi.
Ora, da un lato si assiste a modalità diverse di guardare la televisione, come il sistema di rilevazione extended screen, che presto verrà introdotto anche in Italia da Auditel testimonia, mentre dall’altro lato, la visione della televisone diviene abbinata ad un secondo schermo, sia esso un tablet o uno smartphone, sul quale vengono svolte attività complementari alla visione del programma, dando luogo a quella che viene definita social TV, o, sempre più spesso, ad attività alternative a quanto in programmazione, il cosiddetto multitasking.
Se nel caso della social TV questo apre opportunità di amplificazione dell’audience e di relazione ed interazione avanzata con le persone attraverso le reti sociali, le attività alternative, il multitasking amplia lo scenario in quella che già da tempo, tra gli altri «The New York Times» definisce “the sofa war”, la guerra che è trasversale a tutti i media. Fattori che anche il rapporto “Adspend Forecast” di Zenith Optimedia conferma ulteriormente spingendomi a parlare di comunicazione “schermo centrica”.
L’analisi pubblicata da Nielsen ieri sull’utilizzo di tablet e smartphones durante la visione della televisione ne conferma la portata anche per quanto riguarda il nostro Paese. Sulla base dei dati riportati, il 62% dei possessori di tablet almeno più volte al mese [29% almeno una volta al giorno] svolge un’altra attività mentre, teoricamente, guarda la TV, percentuale che cala di poco, passando al 58% per quanto riguarda coloro che possiedono uno smartphone.
Si tratta di una varietà di attività che vengono svolte sia durante i break pubblicitari, minando ulteriormente l’efficacia degli spot, o rendendoli più costosi a parità di efficacia, e dunque meno efficienti, sia durante la visione dei programmi, generando nuove modalità di fruizione dell’informazione, sia essa direttamente attinente ai contenuti del programma e/o dei prodotti-marchi citati.
Oltre ad una questione di attenzione e del suo valore, pone sempre più concretamente la possibilità di uno spostamento degli investimenti pubblicitari su mobile che potrebbe ulteriormente deprimere la situazione attuale, a dir poco traballante.
Per quando attiene direttamente la televisione, la rivoluzione digitale scardina principi ed accordi esistenti tra proprietari dei diritti televisivi e “rivenditori” basati su termini vantaggiosi per entrambi trasformando lo scenario in una guerra di tutti contro tutti. Scenario che nel nuovo mondo cross mediale e multipiattaforma si amplia ed amplifica ulteriormente.
La guerra del sofà è iniziata davvero.