In Asia Centrale può accadere che costruire una linea ferroviaria che unisca due luoghi della stessa nazione diventi un problema internazionale, ed è proprio quello che sta avvenendo in Uzbekistan con la linea che, secondo le autorità, entro cinque anni dovrà unire la capitale, Tashkent, alla valle di Ferghana, valicando un passo a 2.200 metri ma soprattutto abbandonando il percorso attuale, che passa per il Tagikistan.
E proprio dal Tagikistan arrivano le proteste per la realizzazione di tale opera. Innanzitutto Dushanbe dovrebbe dire addio alle spese di passaggio finora applicate alle merci uzbeke, quantificabili in 25 milioni di dollari annui. Ed in secondo luogo i tagiki vedono nella realizzazione della ferrovia uzbeka il loro essere tagliati fuori dalle vie di comunicazione con il resto dell’Asia Centrale. In realtà le autorità uzbeke, nella loro ricerca di autonomia e lottando contro le frontiere stabilite in epoca sovietica, stanno attuando questa politica dal tempo dell’indipendenza del 1991, come dimostano i 1000 km di rotaie che ora permettono di circumnavigare il Turkmenistan.
La costruzione della nuova ferrovia presumibilmente inasprirà i già tesi rapporti tra Uzbekistan e Tagikistan, influendo sul braccio di ferro in corso per la questione della diga di Rogun, con la quale i tagiki minacciano di privare gli uzbeki dell’acqua necessaria alle colture di cotone. Ma allargando l’analisi la contesa si inserisce anche nello stato dei rapporti con la Cina a proposito dei progetti cinesi di creare una linea ferroviaria che dallo Xinjang arrivi in Afghanistan, e possibilmente poi in Iran. Il Tagikistan vede nella nuova linea uzbeka il pericolo di essere escluso da tale progetto, al punto che il presidente tagiko Emomali Rakhmon si è affrettato a firmare con gli omologhi turkmeno e afghano un accordo per realizzare una ferrovia che unisca i tre paesi.
I progetti cinesi si scontrano in ogni caso con difficoltà oggettive, come il fatto che i binari sovietici avessero uno scarto differente dagli standard internazionali. Se l’Uzbekistan è già al lavoro per conformare la sua rete ferroviaria agli standard internazionali, lo stesso non si può dire del Kirghizistan, che progetta invece stazioni di cambio dei vagoni. Il governo kirghiso infatti vuole guadagnare il più possibile da tale progetto, che permetterebbe alla Cina di velocizzare la consegna delle sue merci evitando i costi della burocrazia kazaka.
E se il Kirghizistan sembra essere un ostacolo che Pechino dovrà affrontare per realizzare questa Via della Sera su rotaie, sicuramente non è l’unico. La Russia infatti non ha dimostrato nessun interesse per il progetto, che accrescerebbe l’influenza cinese in Asia Centrale a sue spese. Per ovviare a questo inconveniente Mosca ha abbassato i prezzi per il trasporto di merci sulle sue linee, velocizzando i tempi e migliorando le infrastrutture della Trans-Siberiana. Anche il Kazakistan non mostra entusiasmo per i piani cinesi, che farebbero concorrenza alle sue linee, le quali al momento controllano il transito di più di due terzi del commercio cinese.
Ancora una volta in Asia Centrale le piccole questioni si rivelano avere ripercussioni ben maggiori in tutta la regione, sempre più percorsa da una rete di interessi e sottili equlibri, che corrono su binari che non si sa mai dove possano finire. E non è un caso che anche i centri studi americani siano sempre più convinti che i pericoli per la regione vengano dalla regione stessa, e non dall’esterno come era invece fino a poco tempo fa opinione ampiamente diffusa.
http://www.eurasianet.org/node/66678
http://www.eurasianet.org/node/66683
http://www.geopolitica.info/Notizia.asp?notizia=970
http://www.geopolitica.info/Notizia.asp?notizia=973
http://enews.fergananews.com/news.php?id=2516&mode=snews