Quando Kim Dotcom fu arrestato nella sua villa di Auckland, Internet ebbe un sussulto. Megaupload chiuso. Un piccolo infarto che bloccò il cuore di milioni di utenti, spaesati, senza sapere più cosa fare per rintracciare i propri dati ed i propri file. Ma perché successe tutto questo?
L’accusa mossa a Kim Dotcom, alle sue società ed ai suoi collaboratori è quella di violazione del copyright, dato che molti utenti effettuavano l’upload e il download di copie pirata di film e musica utilizzando la piattaforma di MegaUpload. Tale tipologia di reato è perseguita negli Stati Uniti in maniera molto forte, equiparandola al furto di una macchina, di un portafoglio o di un CD.
La violazione del copyright riguarda però il furto di una proprietà intellettuale, come il reato di violazione di un brevetto. Ma come mai nel secondo caso, la legge reagisce in maniera molto più soft? Perché se un’azienda ruba ad un’altra una buona idea e la sfrutta se la cava con una multa, mentre se una persona utilizza il prodotto di quella idea per scopi lucrativi rischia anche il carcere?
E’ la domanda che hanno posto i legali di Kim Dotcom alla Corte Suprema neozelandese e che ha permesso di accedere alla documentazione riservata riguardante l’intera vicenda bloccando per il momento la richiesta di estradizione di Kim Dotcom avanzata dagli Stati Uniti.
Le accuse riportate da FBI e major discografiche statunitensi rappresentano il primo caso in cui un ISP (tale era MegaUpload) viene accusato di violazione del copyright. Inoltre è difficile capire dove finisca la responsabilità civile e dove inizi quella penale in questa vicenda.
La Corte d’Appello della Nuova Zelanda nel mese di Marzo 2013 aveva richiesto al governo degli Stati Uniti un riassunto dell’impianto accusatorio che giustificasse l’estradizione del padre di Mega. La Corte Suprema ha concesso un congedo al team legale di Dotcom per presentare ricorso contro questa decisione in quanto un riassunto della vicenda negherebbe la possibilità di difendersi pienamente da tutte le accuse. La richiesta di estradizione secondo il diritto neozelandese può essere richiesta per cause penali, che secondo alcuni potrà essere giustificata dagli Stati Uniti se facessero ricadere il caso di Mega nel diritto internazionale sulla criminalità organizzata sancito dalla Convenzione delle Nazioni Unite, equiparando il mancato pagamento di tributi sul diritto d’autore al traffico di cocaina colombiano.Dal canto suo Kim Dotcom può appellarsi al Digital Millenium Copyright Act, una legge americana che inasprisce le pene per la violazione del copyright ma ne limita la responsabilità per i provider nel caso che questa violazione venga perpetrata dagli utenti. Secondo Jennifer Granick, professore alla Stanford Law School, bisogna distinguere tra reato commesso e volontà nel commetterlo. Se Kim Dotcom ha adottato o ha pensato di aver adottato tutti gli strumenti per evitare la violazione del copyright, lui non ha colpe penali e l’estradizione non è da effettuarsi.
La decisione verrà comunque presa nel prossimo Agosto dalla Corte Suprema neozelandese, e vedremo se le major statunitensi ed i concorrenti di Mega per il cloud storage potranno ridere o piangere. Nel caso venisse accettata l’estradizione per l’hacker tedesco comincerà un vero calvario che potrebbe portarlo ad essere rinchiuso in una cella per il resto della sua vita.
Voi cosa ne pensate? Vi sembra giusto l’accanimento giudiziario degli Stati Uniti contro Kim Dotcom?
Fonte: WereWolf