di Luca Rastello
Il 6 settembre 1991, diciannove giorni dopo l’agonia di Vukovar, prendono avvio i lavori della Conferenza internazionale di pace presieduta da Lord Carrington all’Aia. La diplomazia tedesca presenta un piano di pace che prevede il riconoscimento simultaneo dell’indipendenza delle sei repubbliche che compongono la Federazione e una soluzione di tipo confederale. E’ la Francia, nella persona del ministro Lyotard, a opporre il veto, con l’appoggio immediato del rappresentante inglese. La trattativa si riaprirà sull’ipotesi della sola indipendenza di Croazia e Slovenia. Un regalo al presidente serbo, Slobodan Milosevic, la cui autorità sulle restanti repubbliche viene con ciò legittimata in un consesso internazionale. Da quel momento le repubbliche centro-meridionali si vedono consegnate a Belgrado prive dell’elemento tradizionale di bilanciamento costituito dalla seconda etnia dello spazio jugoslavo, quella croata.
Il senso del veto anglo-francese è di contrastare gli interessi tedeschi nell’area: la Germania, con forti investimenti nelle repubbliche secessioniste, con l’apertura di linee di credito privilegiate, con accordi di scambio commerciale, sembra aver creato un nuovo mercato che permete di attuare lo shock economico causato dalla riunificazione con la Germania dell’est analogamente a quanto già realizzato in altre macroregioni ai margini dello Stato tedesco come la Repubblica Ceca o i paesi baltici. L’esplosione di una guerra appare al governo tedesco contraria ai propri interessi egemonici nell’area balcanica.
Da questo momento in poi, nell’area balcanica si gioca anche una partita per la supremazia economica all’interno della Comunità Europea che si avvia a diventare Unione Europea: Londra e Parigi si assicurano rapporti altrettanto stretti con la Serbia che sostengono economicamente e finanziariamente. Slobodan Milosevic saprà mettere a frutto questo rapporto privilegiato con i paesi più influenti dell’Europa occidentale, nonché finanziatori (e quindi decisori) di quelle che saranno le “missioni di pace” Unprofor, Uncro, eccetera, negli anni della guerra. […] Sono così poste le premesse per l’utilizzo spregiudicato della presenza Onu in quest’area.
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