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La guerra non ha un volto di donna - Svetlana Aleksievic

Creato il 19 marzo 2016 da La Stamberga Dei Lettori
La guerra non ha un volto di donna - Svetlana Aleksievic22 giugno 1941: l'uragano di ferro e fuoco che Hitler ha scatenato verso Oriente comporta per l'URSS la perdita di milioni di uomini e di vasti territori e il nemico arriva presto alle porte di Mosca. Centinaia di migliaia di donne e ragazze, anche molto giovani, vanno a integrare i vuoti di effettivi e alla fine saranno un milione: infermiere, radiotelegrafiste, cuciniere e lavandaie, ma anche soldati di fanteria, addette alla contraerea e carriste, genieri sminatori, aviatrici, tiratrici scelte.

La guerra "al femminile" - dice la scrittrice - "ha i propri colori, odori, una sua interpretazione dei fatti ed estensione dei sentimenti e anche parole sue". Lei si è dedicata a raccogliere queste parole, a far rivivere questi fatti e sentimenti, nel corso di alcuni anni, in centinaia di conversazioni e interviste. Cercava l'incontro sincero che si instaura tra amiche e quasi sempre l'ha trovato: le ex combattenti e ausiliarie al fronte avevano serbato troppo a lungo, in silenzio, il segreto di quella guerra che le aveva per sempre segnate.

E a mano a mano che raccoglie le loro confidenze e rimorsi e afflizioni Svetlana Aleksievič si convince di una cosa: la guerra “femminile” è nella percezione delle donne anche più carica di sofferenza di quella “maschile”. Per colei che dona la vita dispensare la morte non può mai essere facile; e se, come ovvio, celebra con i commilitoni la Vittoria e la fine dell’incubo bellico, nella sua memoria restano incise, più sensibilmente delle eroiche imprese, vicende che parlano di abnegazione, compassione e amore negato.

Recensione

Non è insolito che il Nobel per la letteratura venga attribuito per motivazioni che vanno oltre i meriti letterari, spesso con significati politici come riconoscimenti di battaglie che esulano dalla pura letteratura per sconfinare in campi più ampi. È tra questi che rientra anche il caso di Svetlana Aleksievič, scrittrice di origini bielorusso-ucraine e autrice di una serie di reportage tra il giornalismo d'inchiesta e la storia popolare: nel 2015, anno delle crisi in Crimea, Ucraina e Siria che vedono coinvolta molto in profondità la Russia di Putin è di una scelta carica di sfumature.

Certo le sue inchieste non toccano questioni di stretta attualità politica come ha fatto Anna Politkovskaja, che ha pagato con la vita il suo impegno civile. Tuttavia la scelta di trattare temi scottanti per l'anima del comunismo sovietico in una prospettiva ampia, che coinvolge la storia dell'ex URSS ma sfiora da vicino anche i fatti contemporanei – le inchieste sugli effetti dell'incidente di Černobil o sull'invasione dell'Afghanistan – non rende meno profondo l'impatto di un lavoro di indagine che riguarda da vicino il presente e l'immediato futuro dell'Europa e non solo. Questo impegno non è rimasto privo di conseguenze per la scrittrice, costretta ad abbandonare la patria, sempre saldamente nelle mani dell'autocrate post-comunista Aleksandr Lukašenko, ed ha sicuramente pesato per gli estensori del Nobel con la decisione di dare un segnale, attribuendo il premio a una scrittrice dai tratti anti-regime.

La motivazione chiama in causa la 'polifonica scrittura nel raccontare un monumento alla sofferenza e al coraggio dei nostri tempi' e indubbiamente di questa ricerca La guerra non ha un volto di donna, raccolta di testimonianze delle donne soldato dell'Armata Rossa nella II Guerra Mondiale, costituisce l'esempio ideale.

Non di romanzo e neppure di storiografia si tratta, ma di una memorialistica che assume il taglio di un racconto corale ascoltato dalle voci, a volte discordi eppure sempre accorate, delle superstiti di una vera e propria epopea, quella che il popolo sovietico ha vissuto tra il 1942 e il 1945, resistendo da Leningrado al Volga alla spietata offensiva della macchina bellica nazista e opponendo all'impeto metallico delle Panzer-division hitleriane poco più che la propria carne viva, quella di giovani uomini e donne che forse hanno contribuito più di quanto siamo abituati a pensare a costruire un'Europa libera, senza vederne l'avvenire.

Effettivamente gli innumerevoli aneddoti raccolti dalla giornalista, risalenti alla metà degli anni '80 – è ormai ragionevole supporre che molte di quelle voci , a più di settant'anni dalla fine della Guerra Patriottica contro la Germania, si siano spente nel tempo –, non hanno contenuti dichiaratamente politici ma nello stesso tempo chiamano in causa il contributo dei singoli, in particolare delle donne, cui viene riconosciuto un ruolo non piccolo nella resistenza sovietica, in ogni grado e funzione.

Un esercito di infermiere, lavandaie, tiratrici scelte, telegrafiste, partigiane appena diciottenni e spesso anche più giovani sceglieva di arruolarsi sfidando le convenzioni sociali per partecipare all'immenso sforzo collettivo di un popolo che vedeva la sua terra stuprata dall'occupazione tedesca e subiva il bilancio più pesante di vittime civili e militari, oltre venti milioni secondo stime approssimative. Aleksievič si limita a ricostruire e a rendere i lettori partecipi del dolore di queste donne, spesso dimenticate dalla storia, la cui gioventù è tragicamente finita con la guerra, anche quando sono scampate alla morte: la guerra, di tutte queste ragazze, ha portato via l'innocenza e l'ingenuità, anche dopo la vittoria e le decorazioni, anche dopo il ritorno a casa e alla normalità.

Le sterminate pianure coperte di neve o di grano ma comunque intrise del sangue russo e tedesco, le isbe bruciate di cui resta solo il camino e l'altare delle icone, le difficoltà di adattarsi alle divise e ai rigidi regolamenti militari, la perdita di amori, famigliari e amiche, le piccole futili gioie femminili anche nell'orrore della guerra più schifosa parlano nei racconti di tante piccole grandi donne che hanno portato, come tutto il loro popolo, il fardello di una resistenza, spesso soltanto perché erano sostenute dall'ideale – tragicamente rivelatosi poi un abisso totalitario anch'esso – del comunismo stalinista. Di fronte al pensiero costante della morte e della fine, senza retorica né fronzoli, l'autrice non deve aggiungere nulla per commuovere il lettore: bastano le voci delle tante donne che hanno scelto di pagare volontariamente il loro tributo per la libertà e la pace, spesso per puro spirito di patriottismo e sacrificio.

E non deve sforzarsi neppure per suggerire che quel passato non è poi così lontano da non poter tornare di nuovo.

Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: La guerra non ha un volto di donna
  • Autore: Svetlana Aleksievič
  • Traduttore: Sergio Rapetti
  • Editore: Bompiani
  • Data di Pubblicazione: 2015
  • Collana: Overlook
  • ISBN-13: 9788845281099
  • Pagine: 448
  • Formato - Prezzo: paperback - Euro 20
La guerra non ha un volto di donna - Svetlana Aleksievic

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