
L’articolo che segue è stato il 31 marzo scorso e spiega dettagliatamente la situazione di destabilizzazione dell’Africa Occidentale in cui s’inserisce il golpe in Mali. Il paese, come previsto dall’Autore, sembra avviarsi verso una guerra civile con forze separatiste. Nel frattempo, il 6 aprile la Giunta militare ha accettato un accordo mediato dall’ECOWAS, cedendo il potere a Dioncounda Traoré, vicino al deposto presidente, che ha assunto la nuova carica ad interim proprio oggi, 12 aprile.
Mentre gl’inesperti protagonisti del colpo di Stato militare in Mali ricevono condanne dalla comunità internazionale e dai vicini membri della Comunità Economica degli Stati dell’Africa (ECOWAS), in migliaia si sono radunati nelle strade della capitale maliana di Bamako per sostenere la nuova giunta militare. I cittadini hanno manifestato con cartelli e striscioni che dicevano “No alla comunità internazionale” e “No a Sarkozy”, mentre scandivano slogan a favore del leader della giunta, il Capitano Amadou Sanogo. [1]
Anche se Sanogo ha visitato spesso gli Stati Uniti dopo essere stato selezionato con cura dal Pentagono per partecipare ad un programma internazionale d’addestramento militare finanziato dal Dipartimento di Stato USA[2], rappresentanti degli Stati Uniti hanno chiesto ai leader del golpe di dimettersi e lasciare spazio alle elezioni.[3]

Mark Toner, portavoce del Dipartimento di Stato USA, ha minacciato l’indigente paese dell’Africa occidentale di un embargo diplomatico e finanziario nel caso in cui il potere non venisse restituito all’ex presidente Amadou Toumani Toure entro settantadue ore [4]. Considerando che metà della popolazione vive con meno di 1,25 dollari al giorno [5], l’imposizione delle sanzioni economiche a un paese importatore, senza sbocchi sul mare, porterà inevitabilmente ad una maggiore instabilità sociale e al un malcontento civile. Mentre le prospettive di un embargo sembrano creare le condizioni d’una guerra in aggiunta alla tradizionale povertà, il blocco ECOWAS ha posto le sue truppe in attesa vicino ai confini del Mali, pronti ad intervenire nel caso in cui la situazione dovesse deteriorarsi [6]. Durante la crisi del 2010-2011 in Costa d’Avorio, le forze leali al presidente appoggiato dai francesi Alassane Ouattara hanno intrapreso una vasta campagna di atrocità contro i civili [7], un ulteriore promemoria del pericolo dato dalla fretta della comunità internazionale ad intervenire militarmente nelle crisi che affliggono le regioni dell’Africa.
Mentre gli Stati Uniti ed altri sposano l’idea di un ritorno ad un ordine costituzionale quando i Maliani offrono supporto alla giunta, la forza delle tanto pubblicizzate istituzioni democratiche del Mali sembra essere discutibile. La principale giustificazione dietro il colpo di Stato viene dalla risposta inadeguata del governo civile ad una continua campagna di separatismo dei Tuareg nel nord del Mali, anche se il recente disordine a Bamako ha spinto la

Anche se ai Tuareg è stata accreditata la recente destabilizzazione del Mali settentrionale, esiste una forte possibilità che l’AQIM sia stato dietro le attività del ribelli nella regione [9]. Il MNLA ha dichiarato che l’obiettivo della sua campagna di indipendenza era creare una roccaforte nella quale fosse possibile ripararsi dalla violenza delle attività del AQIM, mentre Bamako ha affermato che il MNLA sta provando a fondare uno Stato islamico in partnership con l’AQIM [10]. In seguito alla caduta di Gaddafi in Libia, combattenti armati maliani e Tuareg di etnia nigeriana sono stati visti scendere verso il Sahara con i furgoni Toyota Hi-Lux utilizzati dai ribelli libici affiliati ad al-Qaeda [11]. Mentre potrebbe essere difficile distinguere i veri protagonisti della violenza nel Mali settentrionale, la ripresa della loro attività è stata fortemente valorizzata dall’accesso ai mortai, macchine da guerra, missili anti-carro e anti-aerei appartenenti originariamente al Gruppo di Combattimento Libico Islamico (LIFG) [12].

Un afflusso di rifugiati aumenterà lo sforzo di Algeria e Niger, con maggiori possibilità di veder fiorire vaste rivolte nella regione del Sahel, come quelle che abbiamo visto durante la Primavera Araba. L’Algeria potrebbe vedere un’ulteriore destabilizzazione nel caso in cui la situazione di sicurezza dovesse continuare ad aggravarsi nel Mali, mentre la Francia potrebbe sentirsi in dovere di intervenire negli affari delle sue ex colonie, come abbiamo tragicamente visto in Costa d’Avorio. La crisi nel Mali è facilmente paragonabile agli eventi in Nigeria, una nazione che combatte con le attività dei ribelli islamici e separatisti del Boko Haram nel nord. Data l’instabilità politica ad Abuja, un colpo di Stato orchestrato da ufficiali di basso rango contro il presidente nigeriano Goodluck Jonathan, sul modello maliano, non sarebbe impensabile. Con la sospensione degli aiuti al Mali dalla Banca Mondiale e dalla Banca Africana per lo Sviluppo, alcune forme di intervento militare sarebbero concepibili nel caso in cui le richieste del Consiglio di Sicurezza dell’ONU per un “immediato ristabilimento della legge costituzionale e del governo democraticamente eletto” non venissero assecondate [16].

(Traduzione dall’inglese di Giuliano Luiu)






