La iattura grisentista: compagno Diego pensaci tu!

Da Trentinowine

Uno spettro si aggira per il Trentino: è lo spettro del grisentismo. Domenica Silvano Grisenti, ex potentissimo presidente di autobrennero ed ex strapotentissimo assessore ai Lavori Pubblici della Provincia di Trento, ha fondato il suo partito. L’associazione culturale Progetto Trentino, la creatura a cui stava lavorando ben poco segretamente da parecchio tempo, è diventata una gioiosa macchina da guerra pronta per conquistare, a ottobre, piazza Dante.

La notizia, in sé, ha qualcosa di buono. Il rientro sulla scena politica dell’ex assessore, a cui a suo tempo fu attribuita la celebre espressione della “magnadora” (mangiatoia) – metafora della patologia che infesta(va) le relazioni fra amministratori locali e Provincia -, costituisce la prima vera occasione di sdoganamento culturale dell’elettorato di centro-destra, che in Trentino è sempre rimasto orfano di una leadership, di un progetto e di un’ambizione realistica di governo. Perché qui, nell’alveo ideologico del centro-destra, si colloca il nuovo partito movimentista grisentiano, sebbene l’ex assessore, domenica, abbia usato il lessico e le vesti dell’antipolitica, presentandosi alle sue truppe cammellate a metà fra un Masaniello delle Alpi e un grillino post litteram. Ma se questa, l’aver dato una prospettiva politica seria e strutturata all’opinione e al blocco sociale di centro destra, è una buona notizia, per il resto considero quanto è avvenuto domenica, e quanto accadrà da qui ad ottobre, una vera e propria iattura per il Trentino.

Silvano Grisenti, e tralascio volutamente le sue disavventure giudiziarie perché le considero insignificanti, è l’uomo che in passato ha interpretato anche plasticamente un’idea di sviluppo e di crescita affidati esclusivamente alle grandi opere pubbliche. Si potrebbe compilare un lungo elenco per descrivere nel dettaglio come l’ideologia grisentiana si sia declinata in concreto. Non ce ne è bisogno: chi ha vissuto il Trentino degli anni Duemila è stato protagonista, talvolta attivo e talvolta passivo, di una gigantesca operazione di trasformazione, di rimodellamento e di mercificazione del territorio, finalizzata esclusivamente a produrre reddito attraverso l’acciaio, il cemento e l’asfalto. Il grisentismo è stato questo. Ed è, ancora oggi, questo. Il blocco sociale ed elettorale che si sta solidificando attorno alla proposta politica dell’ex assessore, conferma questo identikit. Amministratori locali, sindaci e assessori, nostalgici del pragmatismo efficentista di cui fu protagonista Grisenti e una vasta galassia di imprenditori del cemento e degli asfalti, affamati, ora più che mai, di appalti e di opere pubbliche. Sono loro lo zoccolo duro attorno a cui si sta costruendo, quello che temo possa diventare, da qui ad ottobre, un largo consenso elettorale raggrumato attorno a Progetto Trentino. Una iattura.

So, e me ne assumo la responsabilità, che scrivendo questo rischio di allontanare molti lettori da questo blog e rischio di creare una frattura nel collettivo degli autori di Trentino Wine, alcuni dei quali stanno lavorando ingenuamente al successo dell’ex assessore. Ma questa è la mia opinione (Cosimo Senior): il grisentismo è un’ideologia che considero perniciosa per il Trentino, il cui futuro, invece, penso debba essere affidato senza indugi e senza tentennamenti ad un rafforzamento del settore primario e del comparto turistico. Ambiti di un’economia e di una società che hanno bisogno come il pane di un territorio e di un paesaggio agiti senza mercificazioni. E, passatemi l’espressione, senza cementoni. Un orizzonte, questo, che confligge alla radice con la personalità dell’ex assessore e con il blocco di interessi di classe che egli si accinge a rappresentare e a catapultare al potere.

Il rischio che Progetto Trentino possa assumere un ruolo di governo, o comunque una centralità politica, a partire dal prossimo novembre, è concreto. E lo è soprattutto dopo l’incomprensibile disimpegno di Lorenzo Dellai; oggi morbidamente seduto sulle poltrone romane, dopo aver abbandonato a se stesso il centro – sinistra trentino, oggi orfano di una classe dirigente che sia capace di organizzare e gestire propositivamente un consenso maggioritario ed egemone nelle nostre valli. Un vuoto di leadership, che in questa fase mi sembra colmabile solo con una scelta di impegno da parte del presidente della cooperazione trentina, Diego Schelfi. Unica figura, che oggi considero capace di interpretare con l’autorevolezza e la forza di chi ha dalla sua parte oltre 200 mila cooperatori – che sono anche la quasi totalità della forza lavoro del Trentino -, la stagione della rifondazione condivisa del nostro ordinamento autonomista.

Per queste ragioni, sono convinto che per scongiurare la iattura dello spettro grisentista, sia necessario scendere a patti anche con il nostro nemico storico a cui, sino ad oggi, non abbiamo mai fatto sconti e che spesso abbiamo cercato di mettere in croce. Per questo sono pronto a compiere, se necessario, una capriola faustiana e a firmare uno sciagurato patto Molotov-Ribbentrop con l’establishment conservatore di piazza Dante e di via Segantini. Anche a costo di essere accusato di collaborazionismo con il nemico e con il GranVisir. Poi, dopo ottobre, comunque vadano le cose, torneremo a fare le pulci al vino trentino e a urlare che il il re è nudo. Promesso. Ma ora, l’emergenza è un’altra.

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