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La Karneroika - "Il sentire primitivo" - Chiacchierando con Davide Antonio Pio

Creato il 19 giugno 2013 da Scatolaemozionale

Sempre immersa tra il teatro contemporaneo e le performance ho "ripreso fiato" una domenica pomeriggio di maggio imbattendomi in un dramma musicale, LA KARNEROIKA, opera prima di un giovane talento italiano, Davide Antonio Pio, all'interno della Rassegna Internazionale di Teatro Classico Antico di Padova. Il libretto, la musica e l'orchestrazione è stata creata interamente da Davide mentre l'orchestra è stata diretta da Arden Hart.

La Karneroika, che si rifà all'opera di Sofocle "Le Trachinie", può essere descritta come un sogno greco d'un dramma sacro, dove alla base c'è stata una ricerca essenziale, sia nell'orchestrazione sia nella struttura, che ha creato le fondamenta per poter parlare di una condizione sempre attuale: la nostra natura di uomini, di esseri umani fatti di carne, di dolore, sentimenti e passioni.Nonostante la mia condizione di profana verso il mondo della musica e dell’opera in generale, ho rivolto alcune domande a Davide per riuscire a colmare alcune "lacune" che forse hanno accompagnato la mia personale visione dello spettacolo. 

Le domande, forse, saranno un po’ banali e verteranno più sull’aspetto creativo che non sul dettaglio tecnico.Come nasce e come si è sviluppato l’iter creativo per mettere in scena quest’opera?I sogni imprigionano. Una prigionia dolce, per quanto perversa. Comunque curiosa.Come quella di Alice o di Hansel e Gretel.Ho iniziato ascoltando le opere degli altri come fossero mie; non solo i classici ma anche lavori contemporanei, di autori emergenti. La prima fase di questo percorso è stata molto veloce. Abitavo ad Edimburgo e ho cominciato a scrivere il preludio, poi a mettere assieme l'orchestrazione di alcune arie che ho in mente da anni.Ho iniziato a sognare quest'opera. Ma erano ancora simboli per me incomprensibili, non sapevo cosa sognavo. Com è giusto che sia.A Londra ho lavorato su queste musiche con un autore, Nick Bain, che si è dedicato per alcuni mesi ad un libretto in inglese. Sarà che l'opera ha bisogno dell'italiano, sarà che la storia non era quella giusta: la collaborazione per quel momento si è interrotta.In un viaggio in Italia, in alcune mattine, su un balcone, ho scritto un libretto di quaranta pagine partendo dalla tragedia "Le Trachinie" di Sofocle. E aggiungendo continui promemoria sulla speranza e sulla gioia.Da lì è stato tutto in salita. Ho coinvolto alcuni vecchi e nuovi amici: tra gli altri il musicista sloveno Marko Kragelnik che ha messo assieme una favolosa orchestra ed il grande Arden Hart che mi ha fatto l'onore di dirigerla.Da qui bisognava cercare qualcuno che volesse ospitare una Prima,  in forma di concerto: un po' per testare l'orchestrazione (e l'orchestra) un po' per l'impeto irruente che un progetto come questo da (l'artista non è come EdmondDantès, non vede l'ora di condividere tutto, così com è).Il sogno comincia ad autoanalizzarsi. L'opera non è ancora stata recitata, anche se avverrà presto: lì verranno fuori nuovi simboli.Perché hai scelto proprio le Trachinie di Sofocle? C’era la volontà di comunicare qualcosa di particolare? Un messaggio? Un tuo punto di vista? O semplicemente perché ti piaceva?Le Trachinie trattano della morte di un semidio. Del figlio di Zeus, Eracle. Una storia "Et si Deus non daretur" perché - se si esclude la magia nera che la attraversa - non c'è nulla di sovrannaturale. Il Dio si umilia e muore per un amore geloso ed infelice.Ho letto questa tragedia in un momento particolare, durante un viaggio difficile, due anni fa.Da Esidio, il primo che si è incoronato (o fatto incoronare?) poeta agli stoici al sevizio dei romani passando per "il maestro di color che sanno", Aristotele la letteratura greca (nel bene, nel male e nel malissimo come nel caso della condizione femminile) non ha smesso di dettare legge nella cultura occidentale. Questo perché il mondo greco si rifaceva ad una sapienza preesistente, primitiva, robusta, fisica: noi che ci rifacciamo al mondo greco abbiamo perso il contatto con la sapienza che ha ispirato questo mondo.Il mio desiderio, nell'utilizzare questo testo (per quanto stravolto in maniera intenzionalmente provocatoria) è proprio di risvegliare il desiderio di sentire primitivo che la tecnologia ci strappa via, ogni giorno di più.In scena ci sono un’orchestra da camera, 9 voci e  tante parole. Il libretto è in italiano con incursioni però anche di altre lingue, se non erro, inglese, sloveno, latino. In questo connubio di lingue e nell’interpretazione operistica non ho potuto fare a meno di notare la staticità degli interpreti e alcune volte della loro “assenza”, quasi di distacco, rispetto a quello che stavano eseguendo.Mi viene da pensare che forse volevi “solo” la musica come protagonista senza nessuna interpretazione personale annessa, mi racconti come mai hai scelto queste soluzioni?I motivi sono due. Il primo fa parte di un mio lungo lavoro di analisi sull'interpretazione. Ho chiesto ai cantanti (tutti sloveni, in questa occasione) di non cercare di tradurre il testo che cantavano. Un po' perché credo che conoscere superficialmente una storia millenaria come quella del ciclo di Eracle non sarebbe bastato a comprendere tutte le azioni e quindi non avrebbe dato abbastanza intensità ai personaggi, un po' perché volevo massima libertà nell'interpretazione: i cantanti sapevano che si trattava di una tragedia alla quale ho aggiunto versi di speranza, credo sia bastato.Il secondo motivo è prettamente pratico: ho registrato i concerti e mi serviva, nelle voci, un'attenzione meccanica alla tecnica ed alle "note" dato che questa registrazione servirà da guida per futuri interpreti. “Perché dare questa forma ai propri fantasmi? Non lo so.” . Questa frase, che dici nella presentazione della tua opera, mi ha colpito molto, sembra quasi che tu abbia utilizzato La Karneroika per “esorcizzare” qualcosa, per risolvere delle questioni interiori. Se cosi fosse, ci sei riuscito? Hai trovato ciò che cercavi?Non credo si scriva per altri motivi se non per tirare fuori un malanno, tenerlo un attimo tra le mani per capire cosa non va e decidere se sistemarlo o meno. Una storia come quella de "Le Trachinie" offre decine di spunti in questo senso. La famiglia, l'amore, il possesso, la vendetta, l'odio.Una risposta decente non te la so dare, credo di essere stato guidato a questa scelta: tra dieci anni ti saprò dire magari perché ho fatto questo lavoro in questo modo. L’ultima domanda è un rito per me.Com’è una giornata di Davide Antonio Pio?Mi alzo prima dell'alba, ringrazio l'universo con cura, leggo (spesso ad alta voce). Grazie al cielo (e alla terra) le 15/16 ore successive sono sempre diverse (così faccio in modo che sia).Ogni sera, prima di andare a dormire, prendo due fogli bianchi. Sul primo scrivo le cose che mi sono dimenticato di fare e che devo necessariamente fare il giorno dopo. Lo metto vicino al computer. Per alcuni giorni poi sono le stesse cose. Non si può cambiare piani se non se ne fanno.Sull'altro foglio scrivo quello che ho fatto durante il giorno controvoglia (e che non sono valse lo sforzo) e che ha causato un danno a me o ad altri. Serve ad evitare di fare quelle stesse cose in futuro. Funziona!

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