LA LAUREA NON E’ SOLO UN PEZZO DI CARTA
Ho apprezzato moltissimo le parole del ministro Fornero quando ha sostenuto che è meglio che gli operai che accumulano un po’ di soldi, anziché investirli nella seconda casa, facciano studiare i figli.
In Italia i giovani non hanno fiducia né nella ripresa né nel valore di investire in se stessi. E non ce l’hanno perché i primi a non avercela sono i loro genitori, i loro maestri e i loro governanti.
Ricordiamo bene cos’ha detto Tremonti a proposito di cultura che con la “cultura non si mangia”. Ma non è così. Tremonti ci doveva spiegare come mai lui ha studiato e perché lo ha fatto e mi pare che lui, con la cultura e lo studio, ci mangi piuttosto bene.
Tutte le persone che ormai da tempo continuano a dire che tanto studiare non serve, non sono in buona fede. Che è meglio essere umili, accontentarsi magari di terminare la scuola dell’obbligo e imparare un mestiere, lo dicono perché hanno paura della concorrenza del figlio dell’operaio, se, come dovrebbe essere, venisse premiato il merito e non il cognome che si porta. Un diploma non è abbastanza.
Nessuno ha detto a questi giovani che la probabilità di restare disoccupati senza un titolo di studio superiore è il doppio che in presenza di un titolo.
E nessuno dice ai giovani che, anche in presenza di un titolo, c’è un’enorme differenza di prospettive tra un diploma e una laurea. Dati Istat indicano che nell’arco della vita lavorativa i laureati hanno un tasso di occupazione di oltre 11 punti percentuali maggiore rispetto ai diplomati (77% contro 66%).
Non solo, guardando al lungo periodo i laureati hanno retribuzioni che in media sono superiori del 55% rispetto a quelle dei diplomati. Un gap che chiaramente si accumula con il tempo e che si reduce tra i più giovani. Ma anche nella fascia di età tra i 25 e i 34 anni la retribuzione dei laureati supera del 30% quella dei diplomati.
E’ sciocco quindi consigliare ai giovani di non andare all’università perché i salari di ingresso sono analoghi tra laureati e diplomati. Un salario di ingresso non dura tutta la vita, ma una vita professionale ne dura minimo 30. E l’effetto dell’istruzione nell’arco di questi 30 anni è enorme.
Inoltre l’ignoranza, nel senso di mancanza di cultura, in un paese crea solo guai.
Le statistiche, riportate a suo tempo, mettono in evidenza quali titoli di studio avevano le persone che votarono per Berlusconi:
** Senza titolo/licenza elementare (52,9%)
** Licenza media inferiore (25,4%)
** Diploma di media superiore (18,5%)
** Laurea (3,2%)
Quasi l’80% dell’elettorato berlusconiano ha interrotto la propria carriera scolastica estremamente presto. In pratica in Italia tutti gli analfabeti, semianalfabeti o analfabeti di ritorno (senza condanna per questo status, ma è la presa di coscienza di un dato di fatto) votarono per Berlusconi. Plagiati dalla televisione, dai predicatori che incantano o da chi parla più forte, questi elettori non hanno un substrato culturale sufficiente a schermare ed interpretare i messaggi che giungono loro.
Finché ci sarà ignoranza, non ci saranno neppure dei buon governi. Populisti, demagoghi e saltafossi la faranno da padrone.