Se non chiarissimo però le ragioni della parziale sconfitta il discorso rimarrebbe vago. A mio avviso i motivi sono da ricercare in due direzioni: da un lato la presupposizione che uno spostamento dell’orientamento elettorale al centro sopperisse di per sé al mancato appoggio della coalizione di sinistra; dall’altro non aver posto nessun argine all’erosione complessiva della partecipazione, ossia non aver percepito che per convincere i cittadini a rinnovare la loro fiducia non sarebbe bastato puntare sulla mera ipotesi della continuità del proprio mandato. Soprattutto a proposito di quest’ultimo punto, Spagnolli ha dato segnali di inequivocabile stanchezza e appannamento, non essendo in definitiva capace di prospettare un’idea credibile e condivisa di sviluppo della città e prestando così il fianco alle accuse di chi sosteneva (non importa se a torto o a ragione) che, durante gli ultimi dieci anni, la qualità della vita a Bolzano si sia ridotta in modo cospicuo.
Due settimane sembrano poche per correggere tali difetti. Il vero problema di Spagnolli però non è neppure costituito dall’appuntamento ravvicinato del ballottaggio, traguardo alla sua portata soprattutto in considerazione della debolezza di un fronte avversario ben lontano dal potersi dichiarare compatto. La sfida, come hanno notato vari osservatori, è quella di trovare poi la chiave necessaria a formare una maggioranza di governo fondata su un programma non di corto respiro e armonicamente sostenuto da tutti coloro che se ne vorranno far carico. Qui torna in gioco il limite emerso durante la campagna elettorale: esiste una comune idea di città attorno alla quale aggregare un numero sufficiente di forze? Spagnolli può essere davvero colui il quale ne sa ancora interpretare il ruolo di guida? Il tramonto di una leadership può verificarsi anche nella forma di un lento declino, per estenuazione o nella lunga attesa di un cambio della guardia. A prescindere dal vincitore, speriamo che ciò non accada.
Corriere dell’Alto Adige, 13 maggio 2015