LA LEBBRA di Iannozzi Giuseppe – Cap. X

Creato il 22 gennaio 2011 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

Cap. X

Lino si riempì la pancia, senza a nulla pensare. Gli bastava il cibo che gli veniva passato. Per lui era una manna dal cielo, non ricordava neanche più da quanto tempo non masticava una pietanza qualsiasi che avesse sale. Per alcuni brevi istanti s’illuse persino d’esser vagamente felice e che forse non tutto era perduto per la sua bastarda vita. S’illuse. Ma subito la mente tornò sgombra di pensieri.
Una volta che ebbe finito di mangiare tornò a dormire lasciandosi cadere sulla barella.
Fu svegliato da un camice bianco, un dottore piuttosto giovane che lo invitò con rara gentilezza a passare da lui in ambulatorio.
Lino aveva la bocca impastata, come se lo avessero imbavagliato. Fece schioccare la lingua contro il palato, si stropicciò gli occhi con i pugni chiusi e obbedì.
Il dottore era giovane, più di quanto gli era sembrato di primo acchito. Doveva avere suppergiù la sua età. Ben rasato, capelli neri, occhi d’un bel blu marino, mascella volitiva ma gentile. Era un belloccio che non avrebbe avuto difficoltà a fare del cinema se solo l’avesse desiderato. Lino notò che al collo teneva una catenina d’oro con un piccolo crocifisso. Niente cravatta.
“Dunque, come andiamo?”
Per un momento Lino rimase a bocca aperta, incapace di proferir parola. Quel dottorino aveva una voce forte ma vellutata, un po’ come Barry White.
Quando alla fine decise di rispondere biascicò che si sentiva meglio.
“Lei sa come è finito qui? Sa di trovarsi in ospedale?”
“Sì”.
“Vuole raccontarmi qualche cosa?”
“Non saprei… da dove iniziare intendo… Sono successe così tante cose!”
“Per esempio?”
“Io non sono di qui. Sono salito sù perché giù stavo male, ma qui è uguale a laggiù, non so se mi spiego.”
“E qui si trova male.”
Lino fece cenno di sì col capo.
“E’ deluso?”, lo incalzò il dottore che non intendeva lasciarsi scappare la momentanea apertura spirituale del suo paziente.
“Sì. Credevo che qui avrei potuto…”
“Cosa?”
“… iniziare daccapo. Giù non sono stato fortunato.”
“Lei non è il solo che tenta la via della fortuna emigrando al Nord.”
“Lo so. Però io…”. Sentiva le lacrime premere alle punte degli occhi.
“Molti credono che al Nord si stia meglio che da altre parti. Lei credeva che qui non avrebbe incontrato ostacoli.”
“Non pensavo di… ritrovare quello che mi ero lasciato alle spalle”, ammise infine: “Qui è tutto uguale, intendo qui proprio qui, non c’è un posto dove andare, ci sono sempre loro che mi perseguitano”.
Il giovane medico si aprì in un sorriso di pietà: “Chi la perseguita?”
“Loro.”
“Non vuole dirmi chi sono ‘loro’?”
Lino fissò gli occhi in quelli blu del suo interlocutore. D’istinto decise di fidarsi. “I musulmani.”
“Lei è razzista?”
Se qualcun altro gli avesse posto quella domanda Lino avrebbe dato di matto, ma quel giovane Cristo dagli occhi blu gl’ispirava fiducia. Non aveva mai nutrito molta fiducia nei confronti del prossimo; e adesso, di punto in bianco, era disposto ad aprirsi, a confessarsi se fosse stato necessario.
“Loro non sono cristiani. Si fanno saltare in aria e ci ammazzano.”
“E’ terribile. La vita umana è preziosa”, sottolineò nel tentativo di confortarlo. Attendeva che fosse il paziente a proseguire il discorso.
“E’ quello che penso anche io. E’ per questo che non capisco perché… perché… perché…”. Continuò a ripetere quel “perché” disperato più volte, sempre con lo stesso tono. Infine le lacrime, che facevano pressione negl’occhi, strariparono in silenzio rigandogli il viso.

(c) Coperto da copyright. Severamente vietata la riproduzione parziale o totale della presente Opera, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 9.


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