LA LEBBRA di Iannozzi Giuseppe – Cap. XII

Creato il 05 febbraio 2011 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

Cap. XII

Lino rimase per un lungo pezzo vuoto di voce e di anima. Nel suo io, dopo aver dato corpo a tutto l’orrore urlando, restò uguale a un manichino. Pareva riprendersi un poco solo quando gli inservienti passavano la sbobba.

Umberto e Palo non si preoccuparono più di tanto. Che uno come Lino sparisse dalla circolazione di punto in bianco era per loro normale. Passata una settimana, vedendo che non aveva ancora fatto ritorno all’ovile così come si aspettavano, cominciarono a nutrire il sospetto che gli fosse capitato un fattaccio grave. Erano comunque sicuri che una lama nella pancia non se l’era beccata, altrimenti nel giro si sarebbe venuto subito a sapere.

Lino rimase parcheggiato nel reparto psichiatrico per un bel pezzo, senza che un dannato cristo si disturbasse di approfondire il suo caso.

Fu solo dopo un paio di mesi buoni, dopo che il povero disgraziato s’era ridotto a un lumicino, boccheggiante come un pesce fuor d’acqua, che un infermiere si accorse che l’uomo aveva sù una broncopolmonite. A quel punto fu trasferito in sala di rianimazione. Ci arrivò più morto che vivo. Per i dottori era bell’e spacciato, e la loro maggiore preoccupazione era che la cosa non facesse eco all’esterno. In fondo si trattava d’un diavolaccio senza parenti: perché mai qualcuno avrebbe dovuto prendersi il disturbo di denunciare l’ospedale? In ogni caso lo intubarono secondo la procedura e lo lasciarono alle grinfie del destino.

(c) Coperto da copyright. Severamente vietata la riproduzione parziale o totale della presente Opera, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 9.


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