LA LEBBRA di Iannozzi Giuseppe – Cap. XXXII

Creato il 29 marzo 2012 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

LA LEBBRA di Iannozzi Giuseppe

Cap. XXXII

Prima di decidersi una miriade di pensieri gli fulminarono il cervello.
Ma soprattutto chiunque fosse Aidha non era l’Aidha che lui stava cercando, doveva per forza trattarsi di una che le somigliava, una sorta di gemella.
Investito da una forza che non gl’apparteneva balzò in piedi, con gli occhi fuori dalle orbite, alzando subito i pugni.
Gabriele fece suo malgrado un passo indietro: aveva difatti scorto la scintilla della follia nell’avversario; e quando un uomo è investito da un simile dèmone è peggio che se fosse drogato, Gabriele questo lo sapeva bene. Kuskusu invece non parve granché impressionato e si limitò a smorzare il sorriso, felice che presto si sarebbe venuti alle mani.
I freak applaudirono con le mani palmate. Qualcuno, con ferale eccitazione, gridò: “Fategli mordere la polvere a questo qui!”.
Nella testa di Lino si formò il vuoto assoluto, eccetto per un unico pensiero: ‘Gabriele è il Diavolo, buttalo giù e gli altri cadranno con lui’.
Non attese che fosse il nemico a dargli addosso. Come toro che davanti a sé vede sol più il rosso infingardo del toreador, caricò. Il primo pugno s’abbatté sul mostaccio di Gabriele, che rovinò a terra coprendosi con entrambe le mani il naso sanguinante, di certo rotto. Kuskusu subito gli piazzò un colpo allo stomaco, che lo fece piegare in due; poi gli sparò due calci in faccia, ma, con sua grande sorpresa, Lino non volò per terra: seppur mezzo intontito rimase in piedi, determinato a farla finita. Con un balzo felino Lino si lanciò su Gabriele, che invano tentava di arrestare l’emorragia. Tenendolo inchiodato a terra con il peso del suo corpo, Lino prese a colpire il volto di Gabriele: una gragnuola di pugni, tutti sferrati con quella disumana forza che è dono per chi preda della follia. Nonostante l’addestramento ricevuto, Gabriele non riuscì a reagire. Incassò i colpi sbavando e digrignando i denti, sino a quando Kuskusu non intervenne piazzando nella schiena di Lino un calcione con il tacco. Lino sentì una scossa elettrica corrergli lungo la spina dorsale, che subito gli obnubilò la vista costringendolo a mollare la presa sull’avversario. Kuskusu lo prese allora sotto l’ascelle e lo trascinò in mezzo alla polvere, mentre Gabriele, stordito più d’un ubriaco, faticava a ritrovare la posizione eretta. Kuskusu non si fece pregare e in meno d’un niente cominciò a bersagliare di calci il corpo di Lino, che solo rispondeva con vagiti di dolore. Ad un certo punto Kuskusu sentì mancargli la terra da sotto i piedi. Non aveva capito come ci fosse riuscito, ma mentre stava caricando l’ennesimo calcio Lino gl’aveva bloccato il piede con le mani facendogli perdere l’equilibrio. Adesso erano tutt’e tre nella polvere, e solo Kuskusu poteva dire di non avere ancora un graffio. I due uomini si presero come serpenti digrignando i denti, soffocandosi nell’affanno dei loro corpi compromessi in una lotta mortale. Kuskusu e Lino si scambiavano colpi su colpi, torcendosi in mezzo alla sabbia per il divertimento dei freak esaltati dall’odore del sangue, della morte.
Aidha, o chiunque essa fosse in realtà, restò in disparte, tra i freak, con il volto pallido: non aveva immaginato che la cosa potesse prendere una simile piega, e adesso aveva paura anche se faticava ad ammetterlo. Quando aveva deciso di partecipare alla messinscena non l’aveva fatto con lo spirito di veder consumata una tragedia di sangue davanti ai suoi occhi. Era una puttana, questo sì, ma non aveva mai desiderato la morte di alcuno. Capiva che s’era andata a cacciare in un gran brutto pasticcio e che ci sarebbe scappato il morto. Se solo non avesse rischiato il linciaggio da parte dei freak, fedelissimi al loro capo, se la sarebbe data a gambe.
Aveva scelto di fare la puttana, di farsi pagare, ma non aveva mai avuto dei protettori: era una professionista libera lei. Maledì il giorno in cui aveva accettato i soldi per… Maledì quell’uomo che le aveva spiegato nel dettaglio quale sarebbe stata la sua parte. Maledì il Diavolo. E in ultimo mortificò un singhiozzo isterico che spingeva nella gola per esser partorito.

(c) Coperto da copyright. Severamente vietata la riproduzione parziale o totale della presente Opera, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 9.

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