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La Lega americana piace a Google, la Serie A corteggia Al-Jaazera (AGV News)
Creato il 07 gennaio 2014 da Nicoladki @NicolaRaianoIn Italia la rivoluzione dei diritti televisivi del calcio iniziò venti anni fa, quando terminò il monopolio Rai di “90° minuto” e i tifosi cominciarono a vedere le partite per intero sul proprio televisore. Alla fine degli anni ‘90 in Italia era di moda affermare che nessuno avrebbe mai pagato per vedere la televisione, che nessuno avrebbe messo la parabola sul proprio balcone dal momento che le televisioni gratuite disponibili erano già troppe. Oggi è evidente che fossero idee infondate. Da quel momento in poi, le fonti di ricavo tradizionali delle società di calcio, in particolare quelli derivanti dalla vendita dei biglietti, passeranno in secondo piano, sostituite dalla vendita dei diritti televisivi. Le differenze degli incassi tra grandi e piccole, non furono più solo nelle vendita dei biglietti, ma furono evidenti soprattutto nella vendita dei diritti televisivi. La partenza fu dura e contrastata . L’ex CT della nazionale Azeglio Vicini dichiarò che quello non era vero calcio, il calcio vero è allo stadio. Italo Cucci affermò: “Gli italiani non vogliono, non amano la televisione a pagamento. Non credo che il calcio sia in svendita a tal punto da chiedere altri soldi snaturando lo spettacolo e la popolarità di questo sport”. Il segretario del sindacato dei giornalisti Rai chiese al governo di impedire l’accordo tra la Lega Calcio e Tele più, perché sarebbe stato devastante per tutti. Ma il dado era tratto, il calcio diventava il fulcro della nuova televisione a pagamento. Il contenuto che ha reso la paytv un’azienda forte, solida e competitiva, senza il quale, almeno in Italia, si dissolverebbe nel giro di pochi mesi.
Questo è il passato. Il futuro sarà diverso, le partite le continueremo a vedere sul nostro televisore, ma non sarà più il satellite a diffonderle, sarà la banda larga, quella ultra veloce, a trasportare le azioni dei calciatori. La possibilità di connettersi ovunque e in qualunque momento con i nostri tablet o smartphone chiuderanno definitivamente l’era della pay tv intesa come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi. La trattativa tra Google e la lega calcio americana è stata preceduta in Europa da quanto avvenuto in Inghilterra, dove British Telecom ha acquisito un’importante fetta dei diritti sui match di Premier League per la cifra record di 3 miliardi in tre anni (investimento che però al momento produce solo perdite per l’operatore d’oltre Manica), finalizzato principalmente all’acquisizione di un numero sempre maggiore di clienti per i propri servizi di banda larga. In Germania Sky ha dovuto sudare (e spendere) per respingere l’assalto di Deutsche Telekom per i diritti di una Bundesliga in pieno boom di popolarità e risultati, a dimostrazione di come le telecom siano ormai prossime a diventare I grandi rivali degli operatori televisivi.
In Italia il processo di cambiamento che caratterizza altri paesi, è in notevole ritardo a causa del lento sviluppo della banda larga, che permetterebbe una grande diffusione dei prodotti audiovisivi sulla rete. Un ritardo simile a quello che a metà degli anni ‘90 caratterizzò la diffusione del satellite. Oggi il mercato della tv a pagamento è diviso tra Sky e Mediaset , rispettivamente su satellite e digitale terreste. La presenza di un operatore titolare della principale rete a banda larga del paese, Telecom Italia, oberato di debiti non favorisce una vera competizione. Un fatto questo che, insieme al calo tecnico della Serie A e al rischio che Sky e Mediaset potrebbero versare cifre assai inferiori al passato alla Lega (fino a 300 milioni in meno), preoccupa da tempo I vertici del nostro calcio e rischia di spingere ancora più in basso un campionato ormai relegato a quarta forza d’Europa. Quello di cui possiamo essere certi è che tutti sistemi di distribuzione presenti e futuri, avranno un solo obiettivo: offrire prodotti che il pubblico abbia voglia di vedere. In un paese come il nostro il calcio rientra appieno in questa categoria, insieme alla fiction e al cinema , ne è il protagonista assoluto.
I presidenti dei club di Serie A sino ad oggi si sono dimostrati poco disponibili ad avviare una seria riforma dei campionati, di darsi una struttura finanziaria sostenibile al di là dell’imposizione UEFA relativa alle regole del Financial Fair Play, di avviare gli investimenti sui nuovi stadi (a parte Juventus, Udinese, e forse presto la Roma), importanti sia per diversificare le entrate che per dare al prodotto televisivo una cornice dignitosa. Basterebbe pensare che nel 2013 ci sono ancora stadi del nord Italia dove è rischioso giocare partite notturne in inverno, perchè il terreno ghiaccia e I calciatori possono farsi male. Una situazione che ha qualcosa di paradossale, se si considera che in inverno si fanno partite notturne in tutto il nord Europa. Ma nella maggior parte dei nostril stadi non si è investito, I comuni che ne hanno la proprietà, non hanno risorse e ne avranno sempre meno, stretti tra le urgenze economiche e sociali che caratterizzeranno i mesi a venire. Tutto questo nell’attesa della mitologica “legge sugli stadi”, che dovrebbe favorire il passaggio della proprietà degli stadi ai club. Le residue speranze della nostra Serie A sembrano al momento tutte riposte nel possibile arrivo di Al-Jaazera, la TV del Qatar già sbarcata in Francia e USA con il marchio beIN Sport, che starebbe valutando un ingresso sul mercato italiano attraverso l’acquisizione di frequenze esistenti. Un ingresso auspicato da diversi Presidenti, nella speranza che possa portare con se una ventata di concorrenza e riuscire a garantire una continuità di entrate per qualche anno ancora. Ma rischierebbe di essere solo un palliativo per un sistema calcio che fa fatica ad autoriformarsi e di comprendere i cambiamenti in corso in un mondo che va a velocità doppia di quanto faccia l’Italia. E così il paese rischia di vedere ridotto all’irrilevanza il suo sport nazionale, mentre le squadre, oltre a vedere ridotte le proprie potenzialità economiche, rischiano che i giovani appassionati diventino sempre più tifosi di Barcellona o Manchester United, di Bayern Monaco o persino Paris St.Germain, i cui campioni sono ogni giorni sugli schermi. Mentre in Italia, di questo passo, di campioni presto potrebbero non essercene quasi più.
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