Magazine Cinema
(La loi du marché)
di Stéphane Brizé (Francia, 2015)
con Vincent Lindon, Karine de Mirbeck, Matthieu Schaller, Yves Ory
durata: 92 minuti
★★★★☆
Thierry Taugordeau (un monumentale Vincent Lindon, premiato a Cannes) ha 51 anni, non lavora da un anno e mezzo e cerca ad ogni costo un impiego per tirare avanti. Un impiego qualsiasi, anche umile, anche sottopagato, pur di reinserirsi in qualche modo nel mondo del lavoro. Lo fa, ovviamente, per garantire un futuro alla propria famiglia (composta dalla moglie e dal figlio disabile) ma soprattutto per mantenere la propria dignità in un contesto sociale teso a sovvertire i diritti più elementari del lavoratore.
Perchè questa è la legge del mercato al tempo della crisi economica: i diritti sono diventati privilegi, e l'umiliazione è cammuffata sotto forma di corsi di formazione alienanti e inutili, colloqui via Skype gelidi e impersonali, prove selettive di gruppo dove il tuo comportamento è messo alla berlina non solo dai selezionatori ma anche dagli stessi concorrenti, in un "mors tua vita mea" che non guarda in faccia a nessuno.
Umiliazione e dignità, due termini purtroppo ricorrenti nella società del jobs act e del lavoro flessibile, che rischiano di condizionare pesantemente anche il carattere e la tenuta dei nervi delle proprie "vittime"... esemplare, quasi insostenibile in tal senso la sequenza in cui Thierry cerca di vendere la propria roulotte ad un acquirente viscido e senza scrupoli, trovando la forza di rifiutare un'offerta ridicola da parte di chi ha intuito il suo disperato bisogno di soldi. Storie di ordinaria immoralità, ben riprodotte da una pellicola che non fa affatto rimpiangere il cinema "lacrime e sangue" dei Dardenne, il riferimento più ovvio per prodotti di questo tipo.
La legge del mercato è un film trattenuto e dolente, eppure rigorosissimo e spietato nel mostrare la discesa agli inferi di chi ha la disgrazia di perdere il lavoro in tempo di crisi. Anche se l'argomento non è certo originalissimo, il film di Stéphane Brizé stupisce per la lucidità con cui analizza la progressiva degenerazione della dignità personale dell'individuo: dagli imbarazzanti colloqui con l'impiegata di banca, alle giornate lunghissime e senza costrutto, ai combattuti confronti con gli ex-colleghi e sindacalisti, divisi tra chi vuole continuare la lotta e chi invece vuole solo solo voltare pagina, per stanchezza e voglia di ripartire da zero, senza per questo sentirsi un vigliacco.
Ma è nell'ultima parte che il film decolla, raggiungendo vette di assoluta drammaticità e proponendoci lo spunto per una seria analisi politico-sociale: Thierry trova finalmente un lavoro come addetto alla vigilanza in un supermercato, senza neppure immaginare l'enorme conflitto interiore che sarà costretto a sopportare. Le telecamere di sorveglianza vanno infatti a "stanare" senza pietà coloro che commettono furtarelli e negligenze spesso per mera disperazione, tra i quali ci sono i dipendenti stessi dell'azienda: e anche la minima infrazione (un buono sconto non battuto alla cassa e tenuto per sè) è causa di licenziamento. Ergo: la videosorveglianza non serve tanto a "punire" i clienti quanto i dipendenti stessi, i cui licenziamenti assicurano un notevole risparmio economico per il datore di lavoro... dove non si riesce a smaltire gli esuberi con gli accordi sindacali, ci si arriva per altre strade. E' una disperata guerra tra poveri, l'orrore del consumismo 2.0.
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