La "legge Sinde" degli Usa, un terremoto

Creato il 06 gennaio 2012 da Kris @zinfok
[Da El Pais]
Un blackout digitale guidato da Google, Yahoo, Twitter, Facebook, Paypal, AOL, Amazon, Mozilla e altre grandi imprese del web, deve essere qualcosa di abbastanza simile alla fine del mondo, nel XXI secolo. La volontaria disconessione, anche se fosse di alcune ore, avrebbe l'intento di far subire e provocare perdite economiche milionarie e far colassare la rete economica e sociale degli Stati Uniti. E' poco probabile che avvenga qualcosa di simile...ma non è impossibile. Tutte queste imprese, integrate nella piattaforma Netcoalition.com, hanno discusso la possibilità di guidare un blackout digitale, questo mese, come strumento di pressione contro il progetto della legge SOPA (Stop Online Piracy Act), una specie di legge Sinde che, dallo scorso ottobre, si discute nel Cogresso statunitense. E' stato proposto recentemente da Markham Erickson, presidente della Netcoalition e lo ha confermato al nostro giornale il suo portavoce Jake di Gregorio, nonostante abbia riconosciuto che si trattava, al momento, "solo di un'idea". 
La SOPA (PIPA, la variante che verrà votata al senato il prossimo 24 gennaio) ha messo sul piede di guerra tutto il mondo digitale statunitense, senza eccezioni. Proposta lo scorso ottobre dal repubblicano Lamar S. Smith e da una coalizione bipartisan, la SOPA aspira a rafforzare la lotta alla pirateria digitale conferendo al Dipartimento di Giustizia statunitense il potere di condannare tutti i siti web che ospitano contenuti illegali, da un blog anonimo in Russia allo stesso social network Twitter se un utente twitta un link di un sito web con contenuti illegali. I siti web che si trovano al di fuori degli Stati Uniti, che fino ad oggi erano in salvo dalla giustizia statunitense, si stanno convertendo in una dei suoi principali bersagli. Come? A differenza della Digital Millenium Copyright Act, secondo la quale vige la perseguibilità della pirateria on line dal 1998 e che obbligava semplicemente un sito web a ritirare il materiale illegale (ad esempio un video di Youtube), la SOPA impone ai provider internet, ai motori di ricerca, alle imprese pubblicitarie e ai servizi di pagamento on line di bloccare i servizi su scala mondiale di tutti i siti web sotto inchiesta del Dipartimento di Giustizia. Obbliga inoltre i provider di dominio (la maggiorparte negli Usa, anche se il sito web si trova, ad esempio, in Spagna), a disabilitare tutti i siti sospettati, provocando di fatto la loro scomparsa dalla rete. Diversamente, essi stessi si espongono ad entrare nella lista nera. Tutto questo a margine del fatto che la violazione dei diritti d'autore comporta o meno un beneficio economico per il sito web che infrange la legge. Per esempio Wikileaks, dedita al filtraggio gratuito di rapporti governativi e, quindi, protetti dalla legge di proprietà intellettuale, sarebbe subito annientata.
"La gravità della legge sta nella poca chiarezza del suo linguaggio, che può essere interpretato in modo così amplio che sia i provider di Internet sia gli utenti potrebbero diventare oggetto di persecuzione legale", ha spiegato al nostro giornale Jake di Gregorio. "Creerà nuovi strumenti per mettere un bavaglio alla libertà di espressione di Internet", avverte la Electronic Frontier Foundation. La SOPA ha messo in evidenza la grande breccia concettuale tra il mondo digitale e il mondo delle imprese tradizionili di contenuti. Come ha affermato recentemente su The New York Times lo specialista in tecnologia David Carr "le imprese digitali vedono la SOPA come una minccia pericolosa e distruttiva per la libertà del web, considerandola una regolamentazione intrusiva come quella che ha trasformato la Cina nel villano dei cittadini della rete". Queste aziende, capeggiate da giganti tecnologici come Google, Facebook, Yahoo o AOL, a dicembre, hanno inviato una lettera al Congresso degli Usa sottolineando il loro appoggio agli obbiettivi della legge - lotta contro la pirateria e rafforzamento degli strumenti per combattere delle pagine web che si trovano all'estero e che violano i diritti d'autore - ma avvertendo che così come era redatta "avrebbe esposto Internet e le imprese a pericoli nuovi e incerti, li priverà del diritto di azione e li obbligherà a controllare i siti web". In poche parole, a censurarli.   
I due grandi sostenitori della SOPA sono la Motion Picture Association of America (MPAA) che raggruppa le grandi case cinematrografiche statunitensi e la Recording Industry American Association (RIAA), che raggruppa le grandi case discografiche. Altre 140 aziende, vicene a queste, la appoggiano. Secondo la MPAA, gli Usa perdono annualmente 46.000 milioni di euro per colpa della pirateria mentre la Camera di Commercio, ugualmente sostenitrice della legge, sostiene che 19 milioni di posti di lavoro sono minacciati dalla pirateria. Il dibattito si fa accesso e tanto il mondo internauta (Arianna Huffington, Jack Dorsey, Jimmy Wales o la Online News Association) come quello dei difensori delle libertà civili (dalla ACLU alla Human Rights Watch) stanno lottando per cambiare il testo della SOPA, la cui possibile incostituzionalità è stata denunciata da più di 100 professori in legge, i quali lo hanno fatto presente al Congresso. Una cosa è chiara: la legge Sinde nella sua versione statunitense ha già provocato un vero terremoto.


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